Enzo Avitabile: «Ho incontrato da Napoli tutta la musica del mondo»

Enzo Avitabile, sassofonista, compositore, due volte David di Donatello come miglior musicista, tre Nastri d’argento, premio Morricone (e non sono tutti) riceverà oggi alle 20.30, nel cinema Miotto di Spilimbergo, il premio Folkest-una vita per la musica che il festival assegna dal 1996 a chi “abbia lasciato un segno indelebile nella musica e nella società”.
Una carriera lunga quasi quarant’anni la sua, densa di riconoscimenti, ormai non le faranno più effetto...
«Chi viene a casa mia casa vede che sono circondato dai segni che raccontano la mia vita e sa che tutti i premi mi fanno molto onore. Questo poi è specialissimo, perché Folkest è un festival storico ed è encomiabile il lavoro che da anni Andrea (Del Favero, il direttore artistico) porta avanti, sintetizzato nella sorpresa che stasera faremo al pubblico. Canteremo con il suo gruppo, La sedon salvadie: loro accolgono i suoni, le parole, i gesti e le danze di chi arriva, e chi arriva accoglie a sua volta la realtà della terra che li ospita. Una contaminazione felice, incroci di identità che creano non solo un nuovo linguaggio, ma diventano una rinascita per un tempo nuovo».
Lei è considerato uno dei riferimenti mondiali della world music, l'artista italiano probabilmente più rappresentativo di questo genere. Inevitabile chiederle quanto influisca in tutto questo la sua Napoli e se pensa che avrebbe raggiunto questi traguardi se fosse nato altrove.
«Napoli è la casa madre, il punto di riferimento fondamentale, il luogo da dove si parte e poi si ritorna. Ma è l’inquietudine artistica a fare la differenza e quella nasce dall’individuo. L’ha avuta Mozart piuttosto che Stravinsky e certo non erano napoletani».
“La mia lingua è napoletana ma il mio suono è del mondo”, le piace dire. Cosa pensa di aver dato alla musica popolare napoletana per proiettarla appunto nell’ambito della world music?
«Come artista napoletano ho incontrato tutta la musica della terra... la world music è un insieme di musiche del mondo che ogni giorno riscrivono un linguaggio, è un continuo movimento perché si muove come il mondo, la vita. Certo avere una lingua dialettale, ritmo e strumenti di base come i nostri è segno di forte riconoscimento».
Sembra che i rapper e i giovani esponenti napoletani dell’hip hop vedano in lei un po’ il padre del ritmo: si riconosce in questo?
«Spero sia così...in musica non è il giovane a contare, è la musica giovane. L’avanguardia prescinde dal contenitore. Sono molto legato a loro e milito per questo messaggio multigenerazionale».
Jonathan Demme, il regista premio Oscar de “Il silenzio degli innocenti”, ha voluto realizzare un docu-film su di lei: com’è stato rivedersi in quest’opera che raccoglie tutto il suo mondo musicale?
«Fantastico. Lui riesce a farti fare un film e tu non te ne accorgi, è un ricercatore vero. Questa cosa ha innescato poi il mio percorso nel cinema che ora proseguirà con la Rai e le musiche che sto scrivendo per la trilogia di commedie su De Filippo avviata da “Natale in casa Cupiello”».
A quali altri progetti sta lavorando?
«A un nuovo disco, ma mai come in questo momento storico noi musicisti siamo tutti precari. E un disco è fatto di tanti incroci, così potrà vedere davvero la luce quando il Covid ci permetterà di regolarizzare tutte le fasi della produzione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo