E i funerali dell’Europa andarono in scena quel 2 luglio a Trieste

Domani al Teatro Verdi Emilio Gentile inaugura il secondo ciclo delle lezioni di Storia. Quest’anno sono dedicate al primo conflitto mondiale
La folla saluta l'arrivo a Trieste dei feretri di Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia il 2 luglio 1914
La folla saluta l'arrivo a Trieste dei feretri di Francesco Ferdinando e di sua moglie Sofia il 2 luglio 1914

La Grande guerra, simbolicamente, nacque da una storia d’amore. E Trieste fu specchio ed emblema di quel conflitto tra passato e presente, tipico della modernità, da cui sarebbe deflagrato il primo conflitto mondiale. È il 2 luglio del 1914 quando i corpi dell'arciduca Francesco Ferdinando d'Asburgo e della moglie Sofia sfilano in corteo per le strade di Trieste: il loro funerale è la prima sequenza del funerale d'Europa. In pochi mesi il mondo intero sarà segnato da una guerra senza precedenti per strategie, per impiego di mezzi tecnologici e per numero di morti.

Il programma della rassegna
Il programma della rassegna

È dunque il primo conflitto mondiale il nucleo tematico del secondo ciclo di Lezioni di storia (promosse dal Comune di Trieste, ideate dagli Editori Laterza, sponsorizzate da AcegasApsAmga Società del Gruppo Hera, realizzate con il contributo di Fondazione CRTrieste, con il sostegno di Assicurazioni Generali e con la collaborazione de "Il Piccolo"), dal titolo "Guerra 1914-1918". Dopo il successo di pubblico dello scorso anno, da domani mattina, alle 11, nove autorevoli storici tornano al Teatro Verdi di Trieste per ripercorrere, fino al 26 aprile, le tappe principali della guerra che ha aperto il Novecento europeo e i cui effetti sugli equilibri mondiali, sulle popolazioni e sulle società coinvolte sono stati di lunga durata. Protagonista della prima lezione sarà Trieste: domani mattina lo storico Emilio Gentile racconterà l'afosa giornata di luglio in cui la città accolse le salme dei regnanti asburgici e ne celebrò il funerale.

Tutta la Grande guerra svelata in nove lezioni
Qui sopra, i funerali dell’arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia a Trieste

. La sua lezione si intitola appunto “Prologo. A Trieste il funerale d’Europa”. Perché ha scelto proprio quella data, il 2 luglio 1914?

«Ho scelto quella data - risponde Emilio Gentile - perché il funerale dell’arciduca Franceso Ferdinando e della moglie Sofia rappresenta ciò che sarebbe avvenuto in Europa di lì a poco. I colpi sparati a Sarajevo sembrava che fossero un episodio limitato all’interno dell’inquieta area balcanica. Invece tutta l’Europa era un’enorme santabarbara che più volte aveva sfiorato il rischio di una grande esplosione. Inizierò con il descrivere tramite un filmato e con fotografie i funerali dell’arciduca e di Sofia, esequie che a Trieste furono molto più solenni di quelle che la coppia avrà a Vienna».

Perché questa disparità?

«Perché il loro era un matrimonio morganatico, la sposa non poteva godere dello status di reale e i loro figli non avrebbero dovuto avere pretese al trono. E anche questo ha un significato simbolico. A Sarajevo l’arciduca e sua moglie apparvero insieme in pubblico perché Francesco Ferdinando era lì in veste di ispettore generale delle forze armate, e non in quanto esponente della Corona. Altrimenti a Sofia, per il rigido cerimoniale imperiale, non era consentito di essere accanto al marito nelle cerimonie ufficiali delle corte asburgica. Così vanno insieme a Sarajevo, e vengono uccisi proprio alla vigilia del loro anniversario di matrimonio. È un aspetto singolare, sembra quasi che sia stato un atto d’amore a generare la guerra. A Vienna la coppia non avrà un funerale di prima classe e non sarà sepolta nella Cripta imperiale».

Invece Trieste celebra loro grandi onori.

«Fu appunto un funerale imponente, come si vedrà dalle immagini, e anche questo è un aspetto ambivalente e antagonista della modernità che proprio a Trieste si espresse al meglio».

In che senso ambivalente e antagonista?

«Nel momento in cui esplose la Grande guerra l’Europa era il continente più progredito, più civile, più colto più potente del mondo, all’apogeo della sua potenza. L’ Europa dominava il mondo, e lo dominava non solo con le armi ma anche con la cultura, l’arte e la scienza. È una modernità tutta proiettata in avanti, che ha una tale fiducia nel futuro da pensare che persino la guerra sarà addomesticata dalla ragione. Ma accanto a questa modernità c’è una storia, che caratterizza i primi quattordici anni del Novecento, che è una continua rincorsa al mito del passato, con le teste coronate che vogliono governare e temono l’avanzata del socialismo e le istanze democratiche delle società. L’Austria multietnica e con un grande senso del’ordine, è l’emblema di questa modernità: da un lato una mitologia che venera l’imperatore come una specie di grande padre delle sue undici etnie, e dall’altro le etnie che convivono in modo conflittuale e antagonista».

Tanto che la caduta dell’impero asburgico avvenne soprattutto per il collasso interno delle sue componenti.

«È un argomento su quale si può discutere a lungo. Lo sappiamo oggi che l’impero sarebbe crollato. Allora non c’erano molti conflitti interni a minare l’assetto istituzionale, piuttosto l’Austria, grazie al suo grande progresso economico, puntava a diventare gli Stati Uniti dell’Austria».

Cos’è che non funzionò?

«I due colpi di pistola sparati a Sarajevo misero in moto un meccanismo inatteso. Dopo che per una settimana i principali giornali europei avevano messo in prima pagina l’attentato di Sarajevo, dicendo che giustamente l’Austria avrebbe dovuto avere giustizia, per quasi due settimane nessuno ne parlò più. L’Europa intera andò in vacanza, i governanti andarono in vacanza. In fondo, se ci pensiamo, dal 1898 al 1914, ogni anno uno o due capi di stato, uno o due primi ministri venivano assassinati. Insomma l’uccisione dell’arciduca non era un avvenimento così eccezionale. La situazione era grave ma non seria».

E poi?

«Poi quando l’Austria, che è sostenuta dalla Germania, decide di lanciare una nota ultimativa alla Serbia con la decisione di fare la guerra, pensando a una guerra balcanica, circoscritta come erano state le precedenti guerre balcaniche, in quel momento entra in campo il gioco delle alleanze contrapposte: la Serbia protetta dalla Russia, l’Austria protetta dalla Germania, Serbia e Russia protette dalla Francia...allora si innesca una sorta di braccio di ferro che alterna minacce, bluff, ammonimenti in un crescendo che sfocerà nella guerra mondiale».

Quindi nessuno se l’aspettava?

«In realtà c’erano filosofi, artisti e scrittori che percepivano la fragilità che c’era dietro quella modernità trionfante. C’era qualcosa di oscuro. Farò vedere le immagini dei pittori d’Austria e di Germania per dimostrare come fosse acuta la visione apocalittica della modernità trionfante. Eppure furono numerosi gli artisti e gli intellettuali - da Thomas Mann a Freud a Slataper - invocarono la guerra perché ritenevano che in una società troppo materialistica e borghese fosse necessario un terremoto per mettere in moto nuove energie morali e spirituali».

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