Duecento anni fa moriva Elisa Bonaparte la sorella dell’imperatore esiliata a Trieste

Deceduta a Villa Vicentina a 43 anni fu sepolta nella cappella privata della villa di Campo Marzio e poi traslata a Bologna nel 1826 

la storia



Il 7 agosto di duecent’ anni fa decedeva, dopo quattro anni vissuti a Trieste, Maria Anna Buonaparte - alla quale il fratello Luciano aveva imposto il nome di Elisa - la quartogenita di Carlo e Letizia Ramolino. Nata ad Ajaccio il 3 gennaio 1777, dai sei ai quindici anni venne educata nel convento di Saint-Cyr a pochi chilometri da Versailles, e a vent’anni sposò, contro la volontà di suo fratello Napoleone ma con l’avallo della madre, il modesto capitano di fanteria Pasquale Felice Baciocchi. Nella scia dell’impetuosa ascesa politica del fratello, salì nella scala sociale. Negli anni del consolato Elisa abitò nel castello di Plessis-Chamant aprendovi un prestigioso salotto letterario. In verità fisicamente poco attraente (la perfida duchessa d’Abrantès scriverà nelle sue Mémoires: “Mai donna ha rinnegato al pari di lei la grazia del suo sesso”) supplirà a questi difetti con il suo carattere fiero e volitivo. Nel 1805 Napoleone concesse a Felice il rango di principe di Piombino e Lucca. L’anno dopo vi aggiunse il vicino ducato di Massa e Carrara e il 3 marzo 1808 conferì “a nostra sorella la principessa Elisa il governo generale dei dipartimenti di Toscana con il titolo di granduchessa”. Il riconoscimento testimoniava l’apprezzamento delle sue doti (Napoleone la definì “il migliore dei miei ministri”) che vennero confermate dalla saggia, perspicace e lungimirante saggezza con cui governò – più lei che il marito - i loro possessi. Nel 1814, con la caduta di Napoleone, fu espulsa da Lucca e dopo aver peregrinato per vari paesi, riparò infine a Bologna da dove l’anno seguente venne internata nella fortezza dello Spielberg a Brno in Moravia quando suo cognato Murat mosse contro l’ Austria.

Nel febbraio del ’16 ottenne l’autorizzazione sovrana di stabilirsi a Trieste, che già conosceva per avervi precedentemente fatto visita al fratello Gerolamo. Qui giunse il 20 giugno e andò ad abitare nella villa Campo Marzio, un austero edificio in stile Luigi XVI ubicato dove oggi scorre via Hermet, circondato da un parco di più di tre ettari, Provvide alla sistemazione del giardino, piantò un boschetto ed eresse pergolati, aprì la carrozzabile che a tornanti portava dal cancello di ferro battuto che si apriva sull’attuale via Campo Marzio fino all’entrata della villa, eresse la monumentale scalea di accesso e costruì una cappella privata sulla sinistra dell’edificio. Qui Elisa si circondò di fasto e di una brillante corte. Ai suoi trattenimenti artistici sono legati i nomi di Nicolò Paganini, che fu per sette anni amante di Elisa, e di Giovanni Battista Velluti, il sopranista beniamino dei teatri europei dell’epoca. Il Paganini occupò alla corte di Elisa la carica di “virtuoso di camera”. Più tardi egli affermò che dovette agli incitamenti di questa principessa il suo più noto virtuosismo, la “sonata con variazioni”, eseguita su una corda sola, la quarta, che suonò per la prima volta davanti a lei, tra lo sbalordimento degli astanti.

Nel 1818 Elisa acquistò dai conti Gorgo la loro tenuta di Villa Vicentina e l’anno dopo quella dei conti Cassis Faraone, divenendo così la più ricca latifondista della regione. Dopo appena quattro anni trascorsi a Trieste, Elisa, fiaccata da una serie di bagni praticati in diverse località termali e da ultimo anche a Monfalcone, minata da quella che all’epoca venne definita febbre putrida, morì nella sua tenuta di Villa Vicentina e venne sepolta nella cappella domestica della villa triestina. Il 4 settembre ebbero luogo le sue solenni esequie e nel trigesimo della scomparsa, sempre nella cattedrale di San Giusto le cui navate erano completamente drappeggiate a lutto, fu cantata una solenne Messa da Requiem, alla quale intervenne l’agente consolare di Luigi XVIII e gli altri emigrati di Francia ancora dimoranti a Trieste. Intorno all’alto catafalco, ornato da grandi “E” entro una ghirlanda di rose, si stipavano gli esuli del Primo Impero con le loro corti e i loro fedeli mentre sul sagrato si accalcava una folla di triestini. Nel 1826 il principe fece ritorno a Bologna con i due figli minori Napoleona e Federico, traslando la salma della moglie nella cappella già Rossi Marsigli di San Petronio dove tuttora giace accanto al marito nella tomba monumentale eretta da Cincinnato Baruzzi nel 1853 su commissione di Napoleona, collocata di fronte a quella di tre dei loro figli di cui due morti in tenera età. Quest’ultima è opera dei fratelli Franzoni e di Baldassarre Cassoni che la scolpirono nel 1813 a Carrara. Il monumento non era ancora compiuto quando Elisa fu costretta ad abbandonare la Toscana. Nel 1814 venne sequestrato dal governo lucchese e solamente nel 1818 poté essere inviato a Trieste e sistemato nella cappella di Campo Marzio donde fu trasferito a Bologna. Reca l’epigrafe: I principi Felice Baciocchi ed Elisa ai figli Carlo, Napoleone e Gerolamo che sono in cielo. Chi ignora la sorte avversa del nostro casato? Chi non vi ritiene a buon diritto beati già al momento delle esequie? Quando a Sant’Elena Napoleone seppe della perdita della sorella commentò: “La morte che pareva aver dimenticata la mia famiglia, incomincia a colpirla. Elisa mi addita il cammino”. Lo percorrerà nove mesi dopo. —



Riproduzione riservata © Il Piccolo