Doppia prima di “Porcile” da Grado a Venezia giornalisti in trasferta e code

Il Ricordo
“Il privilegio della prima nazionale del ‘Decameron’ di Pier Paolo Pasolini è meritato per la serietà e semplicità con cui vengono realizzate queste Settimane internazionali del cinema, e riconferma il legame sentimentale che Pasolini nutre per Grado, non solo fondale rarissimo e squisito della sua ‘Medea’, ma anche posto di care elette amicizie, dal poeta Marin al pittore Zigaina”.
Iniziava così, con questa esemplare sintesi, l’articolo sul “Piccolo” del 12 settembre 1971 in cui il critico cinematografico Libero Mazzi recensiva “Il Decameron” di Pasolini. Ma allo stesso tempo ne celebrava la cornice di presentazione, ovvero quelle Settimane del cinema di Grado promosse dal poeta-regista di Casarsa, giunte allora a metà della loro breve ma gloriosa vita (si tennero per tre edizioni dal 1970 al 1972, nel mese di settembre).
Tutto era però cominciato nel 1969, anno in cui Pasolini si innamorò definitivamente dell’Isola d’oro. Prima girando in laguna la parte iniziale del film “Medea”, protagonista Maria Callas. Poi imponendo alla Mostra di Venezia una doppia anteprima di “Porcile”, una a Grado la mattina presentata dallo stesso regista al Cinema Cristallo, e una alla sera al Lido, dove il film faceva parte della selezione ufficiale. La Mostra fu così costretta a organizzare tra le due spiagge una trasferta di giornalisti e paparazzi (per i flash a Grado c’era anche la Callas). Però alla serata di gala veneziana Pasolini non si recò, proseguendo la contestazione dell’anno prima (il ’68) e delegando l’amica Laura Betti.
Ma questa scaltra polemica del terribile Pier Paolo fu di efficace promozione per il film. “Dal Lido a Grado (tre ore e mezzo di viaggio) e da Grado al Lido, nel segno di Pasolini e del suo ‘Porcile’”, scrisse il 31 agosto 1969 l’inviato del “Corriere della Sera” Sandro Meccoli. “Quando siamo tornati al Lido, stasera alle venti, dinanzi alle biglietterie dell’Arena si snodavano due file multiple di spettatori. Pasolini, restando a Grado, è riuscito a galvanizzare il pubblico del Lido”.
Dopo questa fortunata anteprima, Pasolini decise di eleggere Grado a laboratorio di un cinema diverso, con un’operazione simile a quella che Ingmar Bergman aveva avviato dieci anni prima nell’isola svedese di Fårö, diventata set abituale, rifugio, museo e luogo di attrazione cinefila.
Fu dunque Pasolini - come ricorda oggi Leonardo Tognon, esperto di cultura gradese - a suggerire al sindaco Nicolò Reverdito il percorso culturale delle Settimane del cinema, organizzate dal 1970 dal Comune con la consulenza di storici come Davide Turconi ed Ernesto G. Laura. Le edizioni del 1971 e 1972 si aprirono entrambe con le anteprime nazionali delle nuove opere del maestro, rispettivamente “Il Decameron” e “I racconti di Canterbury”. Il primo fu introdotto in sala dal grande critico letterario Carlo Bo, presenti gli interpreti Citti e Davoli. Per “Canterbury” arrivarono scrittori e artisti quali Piovene, Parise, Bevilacqua, Guttuso, Natalia Ginzburg e Alida Valli.
Ma la vera novità delle Settimane gradesi stava nel programma, che - similmente al vagheggiamento pasoliniano di un’ideale epoca arcaica - si rivolse al lontano e misconosciuto cinema muto, attirando i maggiori critici. All’edizione del 1970, dedicata al cinema italiano delle origini, partecipò la diva Francesca Bertini. Alla successiva, sul western dei primordi, arrivò Sergio Leone. L’ultimo appuntamento, quello del 1972, puntò i fari su un altro genere negletto, il documentario. Grazie al nome di Pasolini, la manifestazione potè attingere a pezzi rarissimi delle principali cineteche.
Interrotte per mancanza di contributi nonostante la qualità proposta, le Settimane di Grado rimangono una significativa testimonianza del vasto raggio d’interessi e della lungimiranza di Pasolini. E infatti la sua semina non rimase improduttiva. Dieci anni dopo, nel 1982, il testimone fu raccolto dalle Giornate del cinema muto di Pordenone, diventate come noto negli anni il più importante festival al mondo in questo campo. —
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