Documentario in arrivo al Trieste Film Festival: Melara, Ponziana, Valmaura quartieri che nessuno ha mai visto

Uscirà sugli schermi di Trieste Film Festival il 25 gennaio. Racconta con la voce e le riprese degli abitanti le fragilità e i lati oscuri di una parte della città

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TRIESTE È nato come un progetto importante e ambizioso, varato a maggio, tabella di marcia serrata e incognite sempre dietro l'angolo. A partire dalla forma espressiva scelta, quella del video partecipativo: un terreno scarsamente battuto in Italia, che generava potenziali azzardi e salti nel buio. Esito apertissimo anche per la partecipazione – tante le autocandidature di giovani anche 15enni che non avevano mai maneggiato una videocamera - e per l'oggetto stesso del documentario: tre rioni cittadini, popolosi e con rilevanti criticità, raccontati dai loro stessi abitanti. Ricordi dal passato e suggestioni contemporanee che non solo han reso “Città Visibile” realtà, ma con un risultato che ha stupito gli ideatori stessi.

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Dall'Associazione Maremetraggio - nella persona di Chiara Omero - alla regista Erika Rossi, menti creative del progetto finanziato da Siae per raccontare le periferie urbane, ai tutor agli artisti under 35 che hanno aiutato a dar vita al progetto, c'è soddisfazione unita a uno stupore sincero per come i partecipanti si siano spontaneamente messi a nudo. Un documentario che esce così «delicato e intimo, ma anche crudo, ruvido: soprattutto, onesto» a detta di Laura Samani, una delle registe coinvolte, diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia e un corto, “La Santa che dorme”, passato nella sezione Cinéfondation a Cannes 2016.

Un risultato prezioso, che fornisce uno spaccato anche molto duro, indagine diretta e senza filtri dalla voce di chi le criticità di questi quartieri le vive quotidianamente sulla propria pelle: alcuni momenti, dove emerge solitudine e impotenza, sono toccanti, di altri stupisce la naturalezza con cui si toccano temi difficilissimi, come il suicidio.

Un lavoro inedito, dunque, dalla portata di respiro: una caratura che inserisce a pieno titolo il documentario negli eventi speciali del prossimo Trieste Film Festival, dove sarà presentato nella giornata di venerdì 25 gennaio 2019.

Il trittico porta i titoli di “Melarancholia”, citazione da una delle opere più apocalittiche di Lars Von Trier, “Tutto il mondo è Paese” per Ponziana e “Un Oceano Immenso”, che racconta Valmaura; ha preso forma attraverso una lunga e attenta lavorazione, tra raccolta materiali, laboratori e ore e ore di discussione dei tre gruppi di lavoro delle tre microaree. «Già il fatto che sia stato concepito come video partecipativo, dove viene coinvolto un gruppo di persone di un determinato contesto socialmente interessante, fa la differenza – spiega Laura Samani -: nonostante si tratti di uno strumento potente, nato negli Usa, in Italia è diffuso pochissimo. Da diversi anni lo porta avanti la romana ZaLab, di cui abbiamo coinvolto due filmmaker, Michele Aiello e Davide Crudetti. Io ho lavorato con il gruppo di Valmaura: un ibrido che ha messo assieme due 15enni, Linda e Surama, amiche per la pelle che han fatto da traino per la loro vivacità, Jasmine e Katty, due giovani più grandi entrambe mamme e Tilen, un operatore della microarea che ha portato un punto di vista diverso facendo da anello di congiunzione».

«L'aspetto più sorprendente – continua - è come i neoregisti abbiano interpretato il dialogo con la videocamera: noi tutor siamo stati molto in ascolto lavorando sempre a stretto contatto ma mai abbiamo dato loro un'indicazione su come procedere. Eppure tutti e cinque ci hanno portato le loro confessioni realizzate nel letto di casa, momenti più che intimi ripresi nel loro “nido”. Io che vengo dal cinema di finzione sono rimasta meravigliata da questo mettersi a nudo: l'ho trovato addirittura terapeutico. Anche il dialogo intergenerazionale è avvenuto nei modi più inaspettati. Abbiamo chiesto chi degli abitanti li affascinava o incuriosiva: ognuno ha “puntato” un abitante più maturo scegliendolo come una sorta di specchio. Vedere Surama, con l'esuberanza dei suoi 15 anni proiettata verso il 70enne Marino, conosciuto come il poeta di Valmaura, è stata una sorpresa. “Vorrei scrivere poesie”, ha detto a un certo punto lei: è così che hanno composto una poesia insieme, in un rapporto mentore/discepolo totalmente impensato». —
 

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