Dietro la tragedia di Mayerling l’ipotesi che Maria Vetsera fosse una figlia di Franz Joseph

di Elisabetta D’Erme Se nell'intera imperial-regia monarchia austro-ungarica esisteva una persona bisognosa dell'aiuto della nuova scienza della psicoanalisi, quella era Sissi, l'irrequieta sposa...
Di Elisabetta D’erme

di Elisabetta D’Erme

Se nell'intera imperial-regia monarchia austro-ungarica esisteva una persona bisognosa dell'aiuto della nuova scienza della psicoanalisi, quella era Sissi, l'irrequieta sposa dell'imperatore Francesco Giuseppe. Sfortunatamente Sigmund Freud non venne mai consultato da nessun componente della famiglia reale, e Dio sa quanto ne avrebbero avuto bisogno.

Occasione per una riflessione sulle vicende umane e politiche d'una dinastia e un impero votati alla disintegrazione, è ora data dall'uscita di due libri. “Ho servito l'Imperatore d'Austria. I ricordi del cameriere di Francesco Giuseppe" (traduzione di Rebecca Sandrigo, Mgs Press, 2015, pagg. 254, euro 20), ovvero le disincantate memorie di Eugen Ketterl, "Leibkammerdiener" dell'imperatore, che vennero pubblicate nel 1929, l'anno dopo la sua morte, e che ricostruiscono il periodo in cui prestò servizio a Corte, dal 1894 fino al 1916 quando Francesco Giuseppe andò a raggiungere i suoi cari nella Cripta dei Cappuccini. L'altro è "L'Imperatrice Sissi" di Jean des Cars (traduzione di Giorgio Maini, Leg edizioni, 2015, pagg. 380).

Discendente della nobile casata francese dei de Pérusse des Cars, giornalista e scrittore, Jean des Cars, nato nel 1943, è autore di monografie sui Grimaldi, i Windsor, i Romanov, i Wittelsbach e gli Asburgo. La sua biografia di Sissi ora tradotta in italiano, era uscita in Francia nel 1983 ed è stata aggiornata nel 1999. Des Cars dimostra familiarità col mondo dell'aristocrazia europea e gli eventi storici che contribuirono alla caduta della dinastia asburgica.

Lo scrittore ricostruisce la vita di Elisabetta di Wittelsbach (1837/1898), dal momento del suo incontro col giovane imperatore Francesco Giuseppe il 16 agosto del 1853 a Ischl fino alla morte sul lago di Ginevra per mano dell'anarchico Luigi Lucheni. Assieme alla storia di questa donna certamente fuori dall'ordinario, dotata di una bellezza sconvolgente abbinata a una profonda infelicità, des Cars ricostruisce ottimamente i fatti, spesso di portata rivoluzionaria, che caratterizzano gli ultimi anni dell'800, riconoscendo a Sissi anche un ruolo politico non indifferente nei primi decenni del suo regno.

Eugen Ketterl, privilegiato testimone oculare, attribuisce tutti i fallimenti politici ai ministri, all'isolamento del sovrano aggravato dal fatto che «tra l'Imperatrice e l'ideale di moglie c'era un abisso».

Des Cars descrive, invece, un rapporto tra i due sposi improntato dall'amore, anche se le loro sfere d'attrazione erano diverse: per lui il dovere, per lei la fuga dalla realtà. Quello di Sissi proposto da des Cars è un ritratto di un'inquietudine esistenziale che spesso rasentò la follia.

Sono noti l'eccezionale magrezza dell'imperatrice (era alta 1.72 e pesava 50 chili), la sua ossessione per l'attività fisica, dall'equitazione alla ginnastica, dal nuoto alle marce forzate, l'assurda dieta a base di succhi di carne, l'irrefrenabile bisogno di viaggiare, le fisime poetico-letterarie, le infatuazioni per l'Ungheria, per la Grecia, per le cacce alla volpe in Inghilterra, l'odio per l'etichetta e la vita di corte, l'insofferenza nei confronti della suocera, l'Arciduchessa Sofia, che le rese la vita impossibile durante i primi anni di matrimonio.

L'amore esclusivo che le riservarono i parenti più stretti e suo marito, non furono sufficienti a difenderla dalle delusioni della vita, da enormi disgrazie, da un fato crudele che sembrava deciso a non darle un momento di tregua. Come noto, la storia dei Wittelsbach e degli Asburgo è non solo costellata da morti funeste, violente e tragiche, ma anche da tare ereditarie, frutto di ripetuti matrimoni tra consanguinei, Pensiamo alla pazzia di Otto e di Ludwig II, cugini di Sissi, di Ludovico Vittorio, fratello dell'imperatore, di Carlotta, moglie di Massimiliano.

Elisabetta d'Austria era consapevole di questa minaccia e coltivava un morboso interesse per i manicomi, che visitava anche durante i suoi viaggi all'estero. Era terrorizzata all'idea di perdere la ragione. Certamente i suoi timori erano fondati nei confronti dell'unico figlio maschio, l'erede al trono: Rodolfo, e quando le giunse la notizia della sua orrenda morte a Mayerling, a soli trent'anni per presunto suicidio, des Cars scrive che ciò che la scioccò maggiormente fu il rapporto dell'autopsia, in particolare la frase che recitava: «I caratteri patologici accompagnano abitualmente gli stati anormali l'atto è stato compiuto in uno stato d'aberrazione mentale».

Oggi l'anoressia di Sissi può apparire come l'unico autentico sintomo della sua "modernità", perché per tanti versi moderna non lo era. Non lottò certo per l'emancipazione femminile. Riteneva che l'educazione pubblica non dovesse essere estesa alle donne, i cui traguardi non sono contemplati in nessuno dei suoi pensieri, riportati o messi su carta. Aveva però bisogno d'affermare il proprio egoistico bisogno di libertà, d'ossigeno dall'oppressivo cerimoniale di corte (rimasto uguale dal '500), bisogno che esprimeva con i suoi digiuni, le partenze improvvise, gli attrezzi ginnici in camera da letto, la preferenza riservata a cani e cavalli piuttosto che agli esseri umani. Dei suoi figli Rodolfo fu quello che venne più contagiato dal suo "male di vivere": da giovane di belle speranze qual'era si ridusse presto in un alcolizzato, affetto da malattie veneree, frustrato per non avere alcuna voce in capitolo nelle scelte politiche del governo. Così iniziò a frequentare circoli socialisti e compagnie equivoche. Il matrimonio combinato con Sofia del Belgio si risolse in un fallimento e una cugina male intenzionata gli presentò la giovanissima baronessa Maria Vetsera, con la quale finì per trovare una ancor oggi misteriosissima morte a Mayerling il 30 gennaio del 1889.

Des Cars sostiene la teoria complottista, secondo cui Rodolfo non si suicidò, ma venne assassinato assieme alla Vetsera da sicari del deputato socialista francese Georges Clemenceau (1841-1929), perché l'erede al trono si sarebbe all'ultimo momento rifiutato d'attuare un piano per deporre Francesco Giuseppe. Des Cars non riesce però a fornire nessun documento, fatta eccezione per le illazioni in tarda vecchiaia dell'imperatrice Zita o di altri personaggi che ruotavano attorno alla famiglia reale. Peraltro il giornalista insinua l'ipotesi che Maria Vetsera fosse una figlia illegittima dell'imperatore, riuscendo così involontariamente a demolire l'immagine agiografica di Francesco Giuseppe che aveva cercato di dipingere fino a quel momento. Informazione anche questa non documentata, ma che potrebbe aprire nuovi scenari sul movente del doppio omicidio.

Due libri accattivanti, molto diversi tra loro, entrambi appassionanti. Per i due titoli, sarebbe però stato utile un indice dei nomi e, per le memorie di Ketterl, anche un apparato di note esplicative.

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