Dedicato a Camilleri il debutto alla regia di Alessandra Mortelliti

Elisa Grando
È già trascorso un anno da quando Andrea Camilleri ci ha lasciati, il 17 luglio 2019. La sua indelebile eredità alberga anche in “Famosa”, un film delicato e prezioso, opera prima della nipote Alessandra Mortelliti e in programmazione ancora solo per oggi a Trieste al cinema Nazionale (alle 16.15, 17.30, 21.45). «Mio nonno è stato un grande narratore. Qualsiasi aneddoto con lui acquistava una valenza magica, fiabesca: ha avuto una grande influenza su di me», dice la regista.
“Famosa” racconta del sogno di un cambiamento, e di una ricerca d’identità: il protagonista è un adolescente, Rocco Fiorella, che vive in un paese della Ciociaria sentendosi diverso da tutti quelli che lo circondano. E vuole trovare se stesso andando a Roma per partecipare al provino per un talent show come ballerino, anche se non ha mai studiato in una scuola di danza.
«La storia nasce come un monologo che io stessa ho portato in scena», afferma Mortelliti, che è anche attrice teatrale. «L’idea parte qualche anno fa dall’esplosione dei talent show, dove spesso mandavano in onda anche i provini di gente che ballava molto male: erano filmati esilaranti, ma anche crudeli. Mi sono chiesta cosa spingesse queste persone a provare il talent pur non avendo magari studiato danza, ed è nato il personaggio di Rocco. A teatro era più l’urlo struggente di una creatura strana, al cinema il personaggio di Rocco è rimasto, ma la sua storia ha toni più delicati, intimisti». Rocco è un puro, un candido, che spera di trovare se stesso «nell’idea puerile del talent. Non tutto andrà come si aspetta, ma per lui Roma è quasi un paese dei balocchi».
Il tema dell’esplorazione della propria identità sessuale è importante, come anche quello della danza, che riporta alla mente titoli dall’argomento attiguo, dal famosissimo “Billy Elliot” di Stephen Daldry al coraggioso “Girl” di Lukas Dhont. Ma, ancora di più, in “Famosa”«è centrale il tema della diversità: Rocco ha un sentire diversi dagli altri e per questo è preso come caprio espiatorio». Nella storia di Rocco, nel suo sentirsi in una bolla rispetto al resto del mondo, affiorano molti elementi autobiografici: «Anche io sono stata un’adolescente difficile, mi sentivo un pesce fuor d’acqua, e mi sono portata dietro questa sensazione anche oggi, da adulta. Volevo raccontare però anche come l’amicizia ti salva dalle situazioni più difficili».
Il film è dedicato al nonno Andrea Camilleri, che l’ha seguito passo per passo: «C’è il suo sguardo ovunque, dalla stesura del soggetto al montaggio. Per questo la ricorrenza della sua scomparsa non è un momento facile, ma che il film esca proprio ora per me è quasi una magica casualità. La presenza di mio nonno in questa mia prima regia è stata importantissima: mi ha spronato a non censurarmi sulle mie idee. Diceva che i compromessi e le mezze misure non portano da nessuna parte». Ma a mancare alla regista, oltre alla figura del grande narratore, è soprattutto il rapporto affettivo col nonno: «Sono cresciuta a stretto contatto con lui, dall’infanzia alla maturità. È stato un punto di riferimento per ogni consiglio di vita». —
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