De Michelis: «Racconto gli orrori del Novecento da cui noi proveniamo»
Presenta alla Lovat il libro “La montagna nel lago”. «L’editoria resiste, anche se è in crisi da lungo tempo»
Dopo l’esordio con “La stazione”, romanzo fluviale in cui aveva costruito un sorprendente thriller ambientato nella stazione monumentale di Milano, mescolando gotico, fantastico e avventuroso, ora Jacopo de Michelis torna in libreria con un giallo più tradizionale.
Ne “La montagna nel lago” (Giunti Editore 576 pagine, 19 euro) c’è un delitto e c’è un’indagine. In comune con il libro precedente una trama dai risvolti storici; per scoprire le origini del delitto bisogna infatti risalire indietro nel tempo. La verità giace sepolta in un’epoca tanto remota quanto oscura: i torbidi anni della Repubblica di Salò, durante i quali Junio Valerio Borghese, il “principe nero” al comando della famigerata Decima Flottiglia Mas, aveva fatto di Monte Isola sul lago di Iseo una sorta di feudo personale. “La montagna nel lago” sarà presentato oggi 9 gennaio alle 18 alla libreria Lovat Trieste dal giornalista e scrittore Francesco De Filippo in dialogo con l’autore.
De Michelis, lei scrive romanzi di molte pagine. Ne “La stazione” erano quasi novecento, qui si ferma a seicento.
«È vero che adesso i romanzi lunghi sono un po’ un’eccezione, ma i polizieschi si prestano a un respiro più ampio perché questo permette di giocare con false piste, rivolgimenti improvvisi. A me piace costruire architetture complesse, faccio molto lavoro preparatorio e quando comincio a scrivere lo scheletro è già ben delineato, e credo che il lettore se i personaggi la storia e l’ambientazione risultano accattivanti è felice di entrare in un mondo che sa non abbandonerà presto. Ne “La stazione” l’ispirazione erano stati i grandi feuilleton ottocenteschi, i romanzi di avventura alla Dumas».
Un’analogia con il libro precedente è che anche questo è un romanzo che nasce da un luogo. Dalla stazione di Milano, che veniva esplorata in ogni meandro, qui c’è Monte Isola.
«Qui porto il lettore a conoscere un lago poco conosciuto, quello di Iseo. Pietro ritorna nella natale Monte Isola, che aveva lasciato per andare a Milano con l’ambizione poi frustrata di fare il giornalista, perché il padre è il principale indiziato di un delitto. Pietro cercherà la verità aiutato da un amico di infanzia che fa il vigile urbano, anche se sperava di fare il poliziotto alla Serpico».
Nei suoi libri ci sono rimandi a un preciso in un ambito storico, prima la Shoa, adesso la repubblica sociale di Mussolini.
«Sono attratto da quel periodo lì perché la repubblica in cui viviamo è nata con la Liberazione dagli orrori della Seconda guerra mondiale. E poi i periodi di guerra sono periodi molto fertili per l’immaginazione romanzesca, perché contengono una tensione drammatica molto produttiva per chi scrive romanzi».
A proposito di libri sul fascismo, il Mussolini di Scurati proposto in tv rischia di essere un’operazione agiografica?
«Dipende come viene fatta. Il rischio c’è, perché deve essere fatta col giusto grado di problematizzazione. Il romanzo sicuramente non cade in questo rischio».
Lei lavora per Marsilio come editor. Come è lo stato di salute della nostra editoria?
«Non siamo sull’orlo del baratro, anche se l’anno che si è chiuso non è stato positivo. Bisogna capire se la contrazione delle vendite è un effetto di rimbalzo dopo gli anni del Covid, quando molte persone hanno avuto più tempo per riscoprire la lettura. L’editoria è in crisi da lungo tempo, per motivi strutturali dovuti alla debolezza del mercato editoriale italiano, e altri sociali, perché ormai ci sono forme di intrattenimento che sottraggono tempo alla lettura, che rimane una attività residuale che solo una piccola fetta della popolazione coltiva in maniera continuativa».
Cosa possono fare gli editori?
«Bisogna sforzarsi sempre di proporre libri cha abbiano la migliore qualità possibile, che rispondano alle esigenze aspirazioni dei lettori. E poi inventarsi ogni giorno qualcosa di nuovo».
Passato il rischio e-book?
«Sembrava una rivoluzione che avrebbe stravolto il panorama dell’editoria, ma non ha creato particolari sconquassi. Si è affiancata al libro di carta con una quota di mercato tra il sei e l’otto per cento, e in fondo per i libri è un ulteriore veicolo di diffusione». —
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