Dall'Africa al ring: la vita di Mamadou
Ventitreenne senegalese, a Trieste da cinque anni, di Muay Thay
di Francesco Cardella
TRIESTE Da quando è giunto in Italia deve molto allo sport, nello specifico alla Muay Thay, l'arte che gli ha dato un riferimento, aiutandolo a crescere, facendolo integrare, a differenza di molti dei suoi connazionali. Mamadou Sy, senegalese di 23 anni, da cinque residente a Trieste, ha già trovato una seconda famiglia, ora cerca la sua prima vittoria ed una possibile carriera da vivere tra le corde di un ring. Per farlo vuole intanto convincere la platea di "Trieste Fight Night", la riunione organizzata dalla Lion Promotion al Palasport di Chiarbola nella serata del 25 febbraio, evento che proietta il giovane senegalese per la 4' volta su un ring di Muay
Thay, la disciplina conosciuta prima alla corte di Alessandro Gotti ed ora studiata con Roberto Sacco, uno dei tecnici della nuova scuderia agonistica triestina targata Audace. I mezzi ci sono, il fisico c'è, lo spirito pure.
Mamadou pare non mai scoraggiarsi troppo e lo ha dimostrato sbarcando il fatidico lunario tra alcune attività, da venditore ambulante, ovvero il classico " vù cumprà", sino a muratore ed elettricista. Ora un vero lavoro manca, non difetta invece la volontà, l'arma migliore che al momento dispone per mettere alle corde le difficoltà del quotidiano: " Sono pronto per ogni lavoro, mi adatto senza problemi - afferma Mamadou - in attesa di trovare qualcosa almeno mi alleno molto, quasi ogni giorno e per almeno 4 ore. Avevo iniziato con la boxe - ricorda - ma nella Muay mi sento più completo, voglio darci dentro e tentare la strada professionistica".
Sorridente e gioviale il giovane guerriero di colore. Forse non ha ancora acquisito gli "occhi della tigre" per le contese da ring più accese ma non lesina certo impegno, sudore e tanta preghiera. Mamadou ama infatti rispettare i canoni della sua fede islamica coniugando la sua arte con i rituali del quotidiano: " Prego cinque volte al giorno, come si deve fare - spiega - La fede mi aiuta, anche perchè so bene che la famiglia che ho lasciato in Senegal, tra cui tre sorelle e tre fratelli, pregano molto per me da quando sanno della mia dura attività sportiva".
Non dovesse diventare un fuoriclasse nella Muay Thay, Mamadou Sy ha comunque già saputo cogliere alcuni aspetti solari del cammino marziale, traducendolo in una valvola di integrazione sociale: " Sotto questo punto sono fortunato, lo riconosco - aggiunge l'atleta senegalese - e me lo dicono spesso anche miei connazionali, quelli che putroppo hanno ancora delle difficoltà.
Ho trovato un attività sana, un buon ambiente, amici veri a cui devo molto. Anche grazie a questo, da quando sono a Trieste, non mai passato problemi particolari. Ho capito bene l'importanza dello sport, ma fatto nella maniera giusta - conclude convinto - Qualsiasi sia la scelta della disciplina, l'importante ti faccia ragionare, a far funzionare prima il cervello e che ti aiuti nella vita di ogni giorno. Ad essere semplicemente umano".
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