Da Trieste un film sugli indiani con Franco Nero

Il racconto di Giampaolo Galli (nipote della poetessa Ida) è diventato un corto del regista Daniele Nicolosi
Di Benedetta Moro

TRIESTE. Riserva Navajo, 1905. Nel punto in cui s'incontrano ad angolo retto i confini di Arizona, New Mexico, Utah e Colorado si scatena una vicenda dai nitidi sapori western. Ritornano gli indiani, vittime dei bianchi senza scrupolo, la vita tranquilla nella natura e gli affari effimeri dell'oro e del petrolio. Questa volta Trump e i Sioux della Standing Rock non c'entrano. Per fortuna la vicenda è di pura finzione ed è racchiusa nel racconto “Lungo il fiume” del triestino Giampaolo Galli, di formazione geologo e scrittore per passione, da anni professionista nel mondo farmaceutico e dell'elettromedicale.

Dalle sue venti pagine di scrittura, diventate poi un romanzo, è stato tratto il cortometraggio indipendente “Along the river”. Protagonista è Franco Nero, regista il giovane e capace torinese, Daniele Nicolosi. Non meno di una settimana fa il breve film è stato proiettato al "Chinese Theatre" di Hollywood in occasione del "Los Angeles Italia Film Festival", la rassegna dedicata al cinema italiano in America, che precede di sette giorni la consegna degli Oscar.

Ed è notizia fresca anche la premiazione come miglior western ai Los Angeles Film Awards. Soddisfazioni che dal 2016 si aggiungono alla ventina di selezioni ufficiali, ad alcune nomination, a una menzione speciale ai Global Shorts di Los Angeles e alla statuetta per la miglior opera straniera agli American Movie Awards di Las Vegas, uno dei festival più accreditati per il cinema indipendente, dove in passato sono capitati anche Meryl Streep, Clint Eastwood, Stallone, Michael Cimino e Steven Spielberg.

Un "potpourri" di successi nati tutti per caso. Quando Galli - che nel sangue evidentemente riporta l'arte della scrittura della zia, Lina Galli, scrittrice e poetessa nata a Parenzo a fine '800, ma trasferitasi in seguito a Trieste, amica, tra gli altri, di Svevo, Saba e Quarantotti Gambini - pubblicò online "Lungo il fiume", narrazione di 20 pagine, in un'antologia dedicata al genere western.

Letta per caso dal regista Daniele Nicolosi, i due iniziano a riarrangiare la sceneggiatura in inglese che, con un budget limitatissimo e quasi tutto autofinanziato, trasformano nel 2015 in un set cinematografico del western americano, sfruttando il paesaggio delle Alpi Cozie. Una scusa per affrontare tre temi importanti, la violenza sulle donne, la corruzione e la distruzione ambientale, rievocando un'epoca in cui la rivoluzione industriale mostra i suoi segni ormai indelebili e spazza via sempre più quella che era la tradizione.

In questo caso a soffrirne sono gli indiani d'America, che nella loro riserva Navajo vengono disturbati dalla venuta di un avvocato e dalla multinazionale che rappresenta. In ballo ci sono gli interessi dell'oro, nero e giallo. Ma l'obiettivo d'impossessarsi del territorio non sarà così facile, perché di mezzo s'innesta un'altra vicenda, un omicidio, che coinvolgerà uno sceriffo, e che metterà in discussione anche un rapporto speciale, quello tra padre e figlio.

Una trama che riprende dei luoghi che non sono nuovi a Galli, amante del western e delle tribù indiane, che lui stesso più volte ha visitato. «Vent'anni fa - racconta - sono stato ospitato per una settimana tra amache e canoe motorizzate anche dalla comunità indigena dei Kuna, a Panama».

Dal progetto con Nicolosi poi è nato il romanzo. «Visto l'inaspettato successo - spiega l'autore - ho deciso in seguito di sviluppare ulteriormente il soggetto originario, dandogli nuova linfa, fino a trasformarlo in un vero e proprio romanzo». Un libro che da questi giorni è disponibile su Amazon in formato cartaceo e kindle. Nel cassetto ci sono ancora due testi da pubblicare e una raccolta di racconti, oltre alla trasformazione del cortometraggio in un vero e proprio film.

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