Da caserma a sacrario
Dopo piazza Unità con il molo Audace è piazza Oberdan il luogo più significativo della rivoluzione di cent’anni fa

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Dopo piazza Unità d’Italia con il molo Audace, è piazza Oberdan, com’è del resto intuibile dalla sua stessa intitolazione, il luogo maggiormente significativo della rivoluzione avvenuta a Trieste nel 1918. La delibera del Comune che ne cambiò l’originario nome di piazza della Caserma porta addirittura la data dell’11 novembre 1918, quindi otto giorni soltanto dopo l’arrivo dell’Audace.
Era il 14 giugno 1761 allorché Maria Teresa d’Austria decretò la costruzione di un nuovo ospedale a Trieste, che venne rapidamente costruito nello spazio dell’attuale piazza, e operò tra il 1764 al 1790, anno in cui venne convertito da Giuseppe II in caserma. A partire dal 1920 l’Italia cominciò la demolizione delle caserme austriache che lungo via Carducci arrivavano alla piazza che restò segnata fino al 1927 dall’imponente struttura, uno dei maggiori simboli dell’amministrazione austriaca della città. In quella caserma era stato rinchiuso e poi impiccato, nel dicembre 1882, Guglielmo Oberdan, il giovane irredentista triestino protagonista di un fallito attentato all’imperatore Francesco Giuseppe. Per lui Giosué Carducci compose i versi: “Guglielmo Oberdan / morto santamente per l’Italia / terrore, ammonimento, rimprovero / ai tiranni di dentro / ai vigliacchi di fuori”. Quanto ai cambi sulla toponomastica, l’associazione legittimista Trono e altare riporta, citando la fonte di Territorio libero di Trieste, l’elenco di una serie di vie a cui venne cambiato il nome. Tra l’altro, si ricorda ancora oggi la trasformazione di Corsia Stadion (il conte Franz Seraph von Stadion, governatore di Trieste e successivamente ministro austriaco) in via Cesare Battisti, altro martire dell’italianità.
Nella complessa ristrutturazione urbanistica di tutta l’area nel periodo 1931-1935 avviene un vero e proprio ribaltamento simbolico: al posto della caserma austriaca, viene edificato un sacrario dedicato a Oberdan e un edificio, progettato dall’architetto Umberto Nordio, destinato ad accogliere in una parte dei suoi ampi spazi le testimonianze della partecipazione della Trieste italiana, mazziniana e liberale, alle battaglie risorgimentali e alla prima guerra mondiale. Il Museo del Risorgimento si trova al primo piano dell’edificio, mentre un ingresso indipendente è riservato al sacrario dedicato a Oberdan, che conserva al suo interno due elementi di spicco: una monumentale statua raffigurante Oberdan tra due figure alate (allegoria di Patria e Libertà), opera dello scultore Attilio Selva, e un autentico resto archeologico dell’antica caserma, cioè la cella in cui il giovane irredentista venne rinchiuso.
Non molti anni fa due assessori comunali della Destra triestina, Roberto Menia prima e Franco Bandelli poi, hanno proposto, senza successo, di riportare il monumento a Oberdan al centro della piazza. Oltretutto c’era da decidere la convivenza con un’altra celebre scultura che si trova oggi nell’aiuola centrale, il Cantico dei cantici di Marcello Mascherini, che ricorda Pino Robusti con la sua fidanzata arrestato e portato alla Risiera di San San Sabba il 19 marzo 1945 dalle Ss che ebbero tragicamente sede sempre in piazza Oberdan. Il simbolismo di tutta la struttura che viene identificata come la Casa del combattente si estende però ben oltre i limiti della piazza, tanto nell’elevazione di una torre squadrata sovrastante l’edificio, su cui sventola una bandiera tricolore più in alto delle costruzioni circostanti, quanto nell’ideale richiamo al distante, ma ben visibile, monumento ai Caduti della guerra 1915-1918 costruito sul colle di San Giusto sempre a opera di Attilio Selva.
La prima sala del Museo del Risorgimento presenta una serie di ritratti di personalità italiane di Trieste e dell’area giuliana dal diciottesimo secolo al 1848 (da Gian Rinaldo Carli a Domenico Rossetti a Francesco Hermet), l’editoria in lingua italiana, in particolare il giornale “La Favilla” e le testate diffuse nel corso del 1848, durante l’aspro dibattito costituzionalista che animò la città. Le sale successive raccolgono divise appartenute a volontari garibaldini originari della Venezia Giulia, presenti a tutte le campagne risorgimentali: impresa dei Mille, Bezzecca, Aspromonte, Mentana, Villa Glori. Accanto alle camicie rosse, effetti personali e armi, ma soprattutto un’ampia serie di fotografie dei volontari. Garibaldi compare in diversi quadri e ritratti, mentre nella vetrina centrale sono esposti oggetti a lui appartenuti: un coltello e un fazzoletto. Due vetrine illustrano il percorso politico e umano di Guglielmo Oberdan con alcune sue lettere, fotografie e gli indumenti donati dalla madre al museo. Il percorso prosegue con l’epopea garibaldina negli anni finali dell’Ottocento, sempre con esposizione di divise appartenute a volontari triestini combattenti per la libertà dei popoli oppressi: in Grecia nel 1897, in Albania nel 1911 e in Francia nel 1914.
La sala più spaziosa ospita i cimeli dei volontari giuliani combattenti con l’Esercito italiano nel 1915-1918: divise, scritti, fotografie, effetti personali, armi appartenuti per lo più ai Caduti, tra cui Scipio Slataper, Ruggero Timeus, Carlo Stuparich. Questa sala è abbellita dagli affreschi di Carlo Sbisà, realizzati negli anni Trenta, e rappresentanti le città unite all’Italia nel 1918. La sala più interna del museo offre una serie di ritratti dei volontari insigniti della medaglia d’oro e documenti del passaggio dall’amministrazione austriaca a quella italiana tra ottobre e novembre 1918: il congedo dell’ultimo governatore asburgico barone Fries-Skene, l’appello del Comitato di salute pubblica e il saluto del primo governatore italiano Carlo Petitti di Roreto, oltre alla bandiera del cacciatorpediniere Audace, che per primo il 3 novembre 1918 toccò il molo San Carlo oggi appunto molo Audace. Attualmente il museo è visitabile solo il martedì mattina su prenotazione e sarebbe un peccato che una simile restrizione fosse operativa anche nel 2018, l’anno del centenario. Per consentirne una maggiore apertura e fruizione la Lega Nazionale ha chiesto al Comune di ottenerne la gestione.
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