Cumberbatch gay fa impazzire le fan come il suo Sherlock

È molto british, Benedict Timothy Carlton Cumberbatch, viene da una famiglia di diplomatici e ufficiali, ed è stato molto ammirato di là e di qua dell’Atlantico come forse il più bravo e il più credibile di tutti gli Sherlock Holmes, nella serie della Bbc. Un altro personaggio che lo ha reso popolare è stato quello del perfido di turno nell’ultimo “Star Trek”, l’anno scorso. Eppure Cumberbatch ha saputo raccogliere attorno a sé un seguito da culto, ovunque va è seguito da un piccolo esercito di fan femminili che invocano il suo non facile nome e che si sono auto-proclamate con orgoglio le “cumberbitches”. È stato anche uno dei protagonisti di “War Horse” di Steven Spielberg e l’anno scorso ha interpretato Julian Assange in “Quinto potere”.
Ma ora Cumberbatch è la vera sorpresa di un titolo che lo ha messo automaticamente fra i favoriti nella corsa all’Oscar. Stiamo parlando di “The Imitation Game”, miglior film a Toronto, cinque nomination ai Golden Globes e già partito bene qui al botteghino. Tratto dal romanzo di Andrew Hodges (“Storia di un Enigma”), il film, che ha la sceneggiatura di Graham Moore, narra la storia di Alan Turing, il matematico e criptologo di Cambridge che negli anni ’40, a capo di un pugno di "irregolari", autentici geni dell'enigmistica e della scacchistica, decifrò Enigma, il codice per le comunicazioni della Germania nazista (usato in particolare per i sommergibili U-Boot). Riuscì così ad anticipare attacchi e strategie e determinò in qualche modo la vittoria nella II guerra mondiale. Turing, mente eccelsa e personalità tormentata, a sua volta aveva un grande segreto, era gay, un crimine nel Regno Unito fino agli anni ’50. Così nell’inverno 1952 subì una denuncia per “atti osceni” che si tradusse in un’accusa di omosessualità, e fu castrato chimicamente. Una vicenda che due anni dopo lo portò, poco più che quarantenne, al suicidio. Ma quando la polizia inglese irruppe nella sua casa, non sapeva che stava arrestando il pioniere della moderna informatica e dell’intelligenza artificiale, che aveva indirettamente salvato milioni di persone da morte certa.
Eroe di guerra, ma dunque anche “colpevole” di essere omosessuale. Una storia che era giusto ricordare, e che viene qui rievocata in un film avvincente dal sapore classico, che sembra tener conto della lezione di film simili come “La talpa”, “The Beautiful Mind” o “The Social Network”, diligentemente diretto dal regista norvegese del momento, Morten Tyldum. Con una carriera televisiva alle spalle e temporaneamente adottato da Hollywood (dirigerà il prossimo kolossal “The Code”), Tyldum è anche l’ultimo di una serie recente di registi scandinavi “da Oscar” (Thomas Vinterberg, Tomas Alfredson, Susanne Bier, Henckel von Donnesmark, Nicolas Winding Refn, Lasse Hallstrom).
Tra i protagonisti di “The Imitation Game” c’è anche la bravissima Keira Knightley, nella parte di una matematica a sua volta discriminata in quanto donna, che finirà per sposare Turing pur essendo del tutto consapevole che Alan è gay. Ma il vero centro carismatico è Cumberbutch. Alle prese con un personaggio nevrotico e impossibile (simile per molti versi allo Sherlock Holmes incarnato con successo in tv), la cui arrogante consapevolezza di sé si mescola a un candore disarmante e a una sensibilità scorticata, Cumberbatch disegna uno straordinario, vivido ritratto in un quadro un po’ di maniera.
Non cessa dunque di affascinare, in questi tempi di crisi di modelli forti e padri nobili, il cosiddetto “biopic”, il film biografico sulle grandi personalità del passato. Dopo i vari Lincoln e Steve Jobs, questo 2015 è iniziato (oltre a Turing), anche con la vita del cecchino Chris Kyle (“American Sniper”) e della pittrice Margarte Keane (“Big Eyes”). E proseguirà con il pittore William Turner (“Turner” di Mike Leigh), Martin Luther King (“Selma” di Ava DuVernay), il wrestler David Schulz (“Foxcatcher” di Bennett Miller), James Dean (“Life” di Anton Corbijn) e in cantiere c’è pure una bio di Steve McQueen (“The Man & Le Mans”).
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