Con “Pantagruel” Elisabetta Sgarbi indaga la filosofia del buon cibo

Esce pubblicato da La nave di Teseo un annuario dedicato all’esperienza culinaria tra letteratura, arte e storia. Da Tiziano Scarpa a Italo Zannier e Andrea Berton
L'editore e regista Elisabetta Sgarbi
L'editore e regista Elisabetta Sgarbi

Dotato di una enorme forza e di un appetito smisurato, Pantagruel è il giovane gigante protagonista, insieme al padre Gargantua, della raccolta di romanzi satirici di François Rabelais. Pantagruel non è vorace solo di cibo, lo è anche di cultura, conoscenza e sapere e di vita, metafora di un insaziabile appetito esistenziale. Ecco spiegato il motivo per cui a questo personaggio letterario del Cinquecento è intitolata la rivista diretta da Elisabetta Sgarbi e pubblicata dalla Nave di Teseo.

Dopo il numero zero uscito un anno fa e dedicato all'alimento che per antonomasia unisce tutti a tavola, il pane, arriva adesso nelle librerie il primo numero intitolato “La filosofia del cibo e del vino” (pp. 954, euro 27). Curata dalla stessa Sgarbi insieme a Massimo Donà, la rivista raccoglie testi inediti di autori, esperti e artisti in un enciclopedico volume illustrato monografico che si prefigge di mescolare e intrecciare discipline e saperi. Nelle quasi mille pagine pubblicate ecco riflessioni, racconti, ricordi, prese di posizione che mettono al centro un modo di parlare di cibo e vino combinando, anche con intenti provocatori, il semplice e il complesso, l'ingenuo e l'ironico, l'approfondimento e la digressione.

Spaziando tra letteratura, filosofia, teatro, musica, arte, storia e fotografia, questo numero della rivista è diviso in diverse sezioni che vanno dal simposio alla fame e sete, dai metabolismi al digiuno. Tiziano Scarpa decide di occuparsi della crusca, l'anti-cibo, qualcosa che “non nutre, non alimenta, non cede all'organismo calorie”. Il fascino della crusca sta nel suo transitare ingannando l'affamato che è a dieta: la crusca si gonfia donando quel senso di sazietà necessario a chi deve perdere peso. Questo sottoprodotto della farina diventa per l'autore veneziano metafora dell'assenza della cultura alimentare, il principio filosofico da cui nulla si crea, il “turismo low cost della materia dentro di noi”. Il filosofo e accademico Sergio Givone si addentra nel racconto di riso e risaie piemontesi che ai tempi di Napoleone, per una miope valutazione dei funzionari illuministi, rischiarono di sparire dalle coltivazioni del nord Italia.

Quel mondo, invece, è ancora lì anche se rischia continuamente di sparire, oggi per la progressiva industrializzazione delle campagne. Qualcosa di singolare e atipico, “lo dicono anche i tratti che un tempo e forse ancora adesso caratterizzano la gente di risaia: malinconia, ironia e disincanto”.

L'imprenditore veneto del Prosecco Giancarlo Moretti Polegato illustra la glera, l'uva che sta all'origine del famoso vino da aperitivo, grappoli grandi e allungati, e acini succosi e dolci di color giallo dorato, e passa poi a descrivere le strategie dei vigneti della sua azienda trevigiana.

Ancora, nelle pagine dell’annuario Italo Zannier si sofferma sul dialogo tra immagine e palato arrivando ad affermare che per lui la fotografia “spesso nell'incoscienza o nell'indifferenza è il pane e il vino quotidiano, dall'alba al tramonto e anche nei sogni: la nostra droga!” Lo chef stellato Andrea Berton, originario del Friuli e allievo di Gualtiero Marchesi, riscopre un elemento base della cucina italiana da molti considerato accessorio, il brodo. Al momento di inaugurare il suo ristorante a Milano, Berton decide di valorizzare il brodo dedicandogli un menù degustazione e trasformandolo in protagonista: “Dobbiamo partire dalle sue qualità aromatizzanti per riconsiderarlo in combinazione ai piatti come accade nella cultura orientale. Partendo proprio dai grandi classici e dalle ricette tradizionali come il brodo di gallina.”

Scrive la stessa Elisabetta Sgarbi nell'introduzione: “L’esperienza culinaria è, per sua essenza, corale, comunitaria: intorno a una tavola nasce la Chiesa, e intorno alla tavola si riunisce la famiglia, comunque essa sia. Come traspare in una canzone della tradizione romagnola, interpretata benissimo dalla grande Roberta Cappelletti, “Tavola grande”. Con questo spirito abbiamo inteso intraprendere questo viaggio in un universo variegato che ci fa alterare. Mangiare è trasformare.”


 

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