Con “Opera al nero” l’arte riapre le porte alle alchimie di Massimo Poldelmengo

la mostra
Franca Marri
Agli appassionati di letteratura il titolo farà sicuramente venire in mente un celebre romanzo di Marguerite Yourcenar, ambientato nei primi anni del Cinquecento con protagonista un medico, alchimista, filosofo. Agli amanti dell’arte contemporanea l’operazione di combustione che concorre alla creazione di molte sue opere e a cui allude lo stesso titolo potrebbe facilmente ricordare Alberto Burri.
“Opera al nero” è la nuova mostra dell’artista Massimo Poldelmengo che si sta per aprire a Pordenone alla Galleria Sagittaria e a Spilimbergo negli spazi espositivi di Palazzo Tadea e del Castello, nella sede della Fondazione Ado Furlan. È la prima nuova esposizione di arte contemporanea che si inaugura in regione dopo il lockdown dovuto all’emergenza sanitaria, visitabile su appuntamento dal 15 giugno.
Preceduta da due anteprime video realizzate dal videomaker Giorgio Simonetti, pubblicate online nei giorni scorsi, la rassegna, curata da Angelo Bertani e Caterina Furlan, intende ripercorre le principali tappe del lavoro dell’artista, a partire da alcune opere degli anni Novanta per arrivare sino a oggi. Vengono proposte opere grafiche, sculture, installazioni, videoinstallazioni, fotografie e bozzetti. Sono inoltre documentate le sue opere pubbliche come la “Scala”, vincitrice del Premio “In Sesto. Scultura e installazione nello spazio urbano” del 2009 a San Vito al Tagliamento, gli arredi sacri della chiesa del Sacro Cuore a Reggio Emilia, la scultura in ferro “XVI” posta davanti all’ingresso della Galleria Spazzapan di Gradisca d’Isonzo e l’opera “Senza titolo” ideata per l’area del Polo intermodale di Trieste Airport a Ronchi dei Legionari.
Nato a Pordenone nel 1964, diplomatosi all’Accademia di Belle Arti di Venezia avendo quali maestri Emilio Vedova e Fabrizio Plessi, Poldelmengo mostra di aver assimilato appieno la potenza espressiva del gesto grafico e pittorico del primo, insieme alla capacità di trasformare un’idea in ambientazione del secondo. «Da entrambi i suoi maestri, - scrive Bertani nel catalogo – ha trattenuto e rielaborato il concetto del tempo come dimensione interna dell’opera, essenziale e determinante».
E in effetti spesso le sue opere alludono a un passaggio, a un prima e un dopo, in una ricerca delle origini, di una verità più profonda.
Alternando momenti di riflessione dove il pensiero si traduce mediante il segno, a vere e proprie azioni performative dove elementi diversi si mescolano tra loro dando luogo a qualcosa di nuovo, per certi versi anche misterioso, Poldelmengo davvero può apparirci un po’ alchimista e un po’ filosofo, proprio come il protagonista del romanzo della Yourcenar. In particolare, quando utilizza il fuoco quale strumento espressivo, quale strumento di ricerca e di trasformazione: agendo sulle matrici delle sue opere grafiche o creando le sue opere installative. E ancor più quando fa comparire l’oro, a tratti, sulle sue carte, sulle sue sculture, sulle sue installazioni: a suggerire l’idea di un assoluto, di un’eternità, evocati forse anche soltanto a livello di nostalgia.
Alla Galleria Saggitaria piedistalli inclinati, specchiere e metronomi bruciati raccontano di una perdita e insieme di una nuova possibilità, di una rinascita. I pendoli invitano alla ricerca di un nuovo equilibrio, le grafiche alla più immediata espressione dei propri pensieri.
A Palazzo Tadea di Spilimbergo l’opera di Poldelmengo dialoga con le opere della collezione Ado Furlan: dalla “Scala”, acquistata da Italo Furlan nel 2010, posta accanto al gruppo scultoreo di “Zefiro e Flora” di Antonio Marsure a rappresentare due diverse tensioni nell’ascesa, al metronomo combusto sottostante l’“Icaro” di Luigi De Paoli a dire nuovamente di un fuoco capace di trasformare cose, tempi, situazioni, aspirazioni. Tra le sculture astratte di Mauro Staccioli, Nicola Carrino, Giò Pomodoro, Pietro Cascella, Carlo Ciussi, si colloca “Incontro”, quasi a riassumere l’idea del confronto, tra forme, presenze, superfici più o meno lisce, più o meno minacciose, più o meno armoniche.
Nell’ala del Castello adiacente a Palazzo Tadea, prende infine posto l’ultimissima opera dell’artista: “Wopaterni. Opera al Nero” 2020: pianoforte antico, combustione, foglia d’oro. In certo modo legata alla passione di Ado Furlan per la musica e per gli strumenti musicali, come ricorda la figlia Caterina Furlan, l’opera propone una nuova trasformazione attuata attraverso l’utilizzo del fuoco e l’inclinazione, che segna la perdita dell’equilibrio e dunque l’avvenuto cambiamento. L’oro va a impreziosire l’interno del coperchio e un unico tasto: il fa, nota musicale dal particolare significato in ambito alchemico.
Attorno al Wopaterni trasformato è prevista la realizzazione di una performance che vedrà intervenire l’artista insieme al musicista e compositore Massimo De Mattia: la sua registrazione sarà poi visibile in rete. Per i video: www.centroculturapordenone.it (canale youtube). Per le visite, appuntamenti al n. 0434553205 per la sede di Pordenone e 3474140083 per le due sedi di Spilimbergo. —
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