Con Cameron fino ad Andorra guida turistica al paese che non c’è

Lisa Corva
Proprio adesso, che viaggiare è impossibile, e i confini sono chiusi, è intrigante l’idea di una guida a un viaggio impossibile. È “Andorra - Una guida turistica”, di Peter Cameron: ricordate i suoi longseller, veri passaparola emozionali, a partire da “Quella sera dorata” (più di dieci ristampe), o “Un giorno questo dolore ti sarà utile”? Questa piccola guida impossibile è invece uno dei nuovi Microgrammi di Adelphi, collana lanciata durante il lockdown: libri brevi, racconti, solo in digitale (l’e-book costa 1,99).
Andorra esiste davvero (è un minuscolo stato nei Pirenei orientali), ma non “questa” Andorra. Che lo scrittore americano ha inventato, con tanto di piazza sul mare, e dove ha ambientato il suo romanzo con il passo di un misterioso thriller (intitolato, semplicemente, “Andorra”, è uscito per Adelphi nel 2014). Con un incipit indimenticabile: “Partii, lasciandomi alle spalle quel che mi era necessario lasciare – cioè tutto”.
Questo il romanzo. La guida invece è un divertissement, con disegni e foto d’epoca “fake”, come se in quel paese inventato potessimo andarci davvero. E quindi, prima cosa, dove andare a dormire? All’Hotel Excelsior, come il protagonista del libro: fondato nel 1872, vanta addirittura sette stelle, e dalle foto sembra perfetto per un film di Wes Anderson. Dentro l’albergo, spiega la guida, a parte la fastosa sala da pranzo c’è una biblioteca. Perché i libri qui sono molto importanti, e infatti c’è la Biblioteca di Andorra, che è in realtà un centro di scambio. “Il sistema è semplice: la gente vi porta i libri che non vuole più e bibliofili qualificati li valutano attribuendo loro un valore (espresso in un certo numero di punti) in base alla rarità, alla qualità e alle condizioni generali”.
E poi, come in ogni guida che si rispetti, ecco i consigli shopping: “La página pasada”, al “numero 12 del porticato”, è il negozio giusto per comprare carta artigianale, inchiostri, diari e agende fatte a mano, e ci va infatti il protagonista del romanzo. Cibo? Niente di memorabile, in un paese dove sono tutti magri, anzi “snelli”, e l’obesità non esiste. E dove non c’è una lingua ufficiale, perché gli abitanti sono poliglotti.
Il surreale continua: in piazza c’è una fontana in memoria dei quattro pescatori scomparsi in mare durante la tempesta del 1819: “rappresentavano l’intero settore ittico andorrano, l’industria ha ricevuto un colpo mortale dal quale non si è più ripresa”. E da allora il pesce arriva dall’estero. Già, a proposito, come si arriva ad Andorra? A parte a bordo della fantasia, niente aerei, solo treni: “Ci sono due corse giornaliere: una al mattino e una alla sera. Il treno del mattino proviene da Parigi, quello della sera da Barcellona”.
Grazie allora a Peter Cameron che ci porta ad Andorra. Però una curiosità ci è rimasta, e abbiamo intervistato lo scrittore che è dall’altra parte dell’oceano, nel suo personale lockdown. La nostra è una domanda di fuga: quando finirà la pandemia, dove le piacerebbe andare? «Per il momento sono felice di essere esattamente dove sono - risponde -. Sto aspettando la fine della quarantena a Sandgate, un minuscolo villaggio nel Vermont. La primavera è arrivata molto tardi quest’anno, ha nevicato appena una settimana fa. Ma ora è tutto uno sbocciare: qui ci sono piante “perenni”, che tornano a fiorire anno dopo anno. E, in questo momento difficile e cupo, vedere foglie e petali che riappaiono mi dà speranza e fiducia».
Dunque Cameron non ha in mente un viaggio segreto? «Sì, ma è un viaggio nel tempo: mi piacerebbe vedere l’isola di Manhattan com’era cinque secoli fa, abitata solo dai Nativi Americani, prima che arrivassero i colonizzatori europei. È difficile anche solo immaginarla, quand’era solo boschi e foreste. La terra di New York, ora ricoperta da marciapiedi e grattacieli, chissà quale bellezza e mistero ricorda… Ma in fondo, il mio modo preferito di viaggiare è leggere un libro. E in questi giorni di quarantena, siamo fortunati, perché possiamo fuggire aprendo le pagine di un romanzo».
Cameron è venuto a Trieste per un reading qualche anno fa. Che ricordo ha portato con sé? «Difficile scegliere, tra i momenti che mi ha regalato la vostra bella città», risponde. «Ma forse direi: piazza Unità. C’è qualcosa di esaltante nelle dimensioni, e nella vicinanza all’acqua: la piazza sembra essere in parti uguali cielo, città e mare. Un giorno sono partito da lì, e sono arrivato, a piedi, al Castello di Miramare: una delle passeggiate più piacevoli della mia vita». —
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