“Come cadono le cose”, primo ciak a Trieste
TRIESTE. Qualcuno, forse, passando ieri mattina dalle parti di via Diaz, in pieno centro cittadino, potrebbe aver riconosciuto da lontano l’attrice triestina Anita Kravos vestita di bianco, bella e sorridente come al suo solito, all’interno di un negozio di abiti da sposa. Prove generali per il gran giorno? In realtà si tratta di un set cinematografico, una delle prime location visitate dal film “Come cadono le cose”, opera prima della sceneggiatrice carsolina Katja Colja esordiente alla regia.
Si è battuto quindi sotto qualche goccia di pioggia il primo ciak per la coproduzione italo-slovena che si fermerà per le prossime 5 settimane a Trieste, impiegando una quindicina di maestranze locali su una troupe formata da circa trenta persone, oltre a generici e attori per ruoli secondari.
Il film, prodotto da Minimum Fax assieme alla Casablanca Film Production con il sostegno del Mibact, della Film Commission e del Fondo per l’Audiovisivo Fvg, di RaiCinema ed Eurimage, è una commedia romantica che ha per protagonisti due coniugi maturi, lei triestina e lui della minoranza slovena, giocata sugli equivoci e sulle differenze culturali e linguistiche tra i due. Non c’è Rade Šerbedžija, come ci si aspettava in un primo momento, a far parte del cast. Al suo posto l’attore settantanovenne milanese Boris Cavazza, affiancato da Lunetta Savino e da Anita Kravos – appunto – figlia della coppia presumibilmente in procinto di convolare a nozze, vista l’ambientazione in cui si sono svolte le riprese nella prima giornata di lavorazione. Ma è una supposizione. Perché a parte la breve sinossi ufficiale che circola in rete, non è possibile riceve alcuna notizia di prima mano dal set più blindato della storia dai tempi di 007 Spectre. Al silenzio impenetrabile della regista, nata a Trieste ma trapiantata a Roma dopo gli studi universitari compiuti nella sua città natale e una formazione artistica presso l’Accademia delle Scienze e delle Arti a Lubiana, che “non può” rilasciare dichiarazioni, sopperisce la responsabile della produzione Marica Stocchi, «molto felice – afferma – di realizzare un film in cui la storia è fortemente connessa al territorio».
«Non è un caso se siamo in questa città. La storia è ambientata a Trieste e ha molto a che fare con il confine e con le caratteristiche uniche del capoluogo giuliano. Katja, la regista, è italo-slovena, nata a Opicina e cresciuta nella minoranza slovena in Italia. Ha voluto portare nel film entrambe queste culture che fanno parte del suo vissuto personale».
Durante le prossime settimane la produzione si sposterà in diverse altre zone della città e delle località limitrofe. Si girerà molto sul mare: a Barcola, nel porticciolo del Cedas, al Circolo Nautico Triestino Sirena, in viale Miramare, all’Ausonia. E poi in interni. Nella casa dei due coniugi (nella finzione), una villa a Muggia. Infine una chiesetta: il santuario di Monrupino. Segno forse che un matrimonio, allora, se davvero è previsto che ci sia, alla fine ci sarà.
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