Claudio Lippi: «Divento attore dopo 50 anni di televisione»

GRADO. Si è sempre distinto per il suo fare garbato, intelligente, mai urlato, merce rara oggigiorno, diventando per questo uno dei protagonisti più amati della televisione italiana. Se poi oggi lo ritroviamo attore è per una causa più che giusta e meritoria. Claudio Lippi, conduttore, autore, cantante, produttore discografico e chi più ne ha più ne metta in questa sua carriera multiforme che ha da poco superato il traguardo dei 50 anni, è uno degli interpreti di “Il Bacio Azzurro”, il film che verrà presentato stasera alle 21 alla diga Nazario Sauro a Grado nell'ambito di Lagunafest. Una riflessione legata ai temi dell'acqua, bene fondamentale di tutti ed essenziale per la sopravvivenza di ogni forma di vita e del pianeta, realizzata con il patrocinio dell’Onu all'interno del progetto “Water for Life”, con musiche di Giovanni Lodigiani e voce di Amii Stewart. Stasera a Grado a fianco di Lippi ci sarà anche un altro degli interpreti del film, Sebastiano Somma, e il regista Pino Tordiglione, insieme per una chiacchierata condotta dal giornalista Gian Paolo Polesini, per sensibilizzare con leggerezza com'è nello spirito semiserio dello showman.
Lippi, come è nato il suo coinvolgimento in “Il bacio azzurro”?
«Confesso che ha avuto origine da una convinzione di Pino Tordiglione, sceneggiatore e regista, che mi ha chiamato dicendo che sarei stato perfetto in quella parte. Ero un po' interdetto: in 51 anni di lavoro ho cercato di avere l'onestà intellettuale di sapere e ribadire che non nasco interprete. In un mondo dove tutti recitano, io sono fermo a Mastroianni, Sordi, Verdone e Troisi! E non è strategia, per finta umiltà o per creare aloni di attesa o preziosismi: nel lontano '72 o '73 Garinei mi chiamò al bar Vanni a Roma, dove convergeva tutto il mondo televisivo, proponendomi di entrare a sostituire Johnny Dorelli in “Aggiungi un posto a tavola”. Reazione: emozione totale, tanto che chiesi una notte per pensarci. Il non aver nessun tipo di convinzione di poter sostituire Dorelli, soprattutto nella parte musicale, mi fece rifiutare: credo che nella vita conti sì il voler crescere ma anche l'aver coscienza dei propri limiti e saper dire “non sono capace”. Ritornando alla chiamata di Tordiglione, è stata davvero convinta e appassionata...»
… che alla fine ha detto sì.
«Mi ha preso per sfinimento! Va detto che non si richiedeva una recitazione da Oscar: se sei ben diretto e mandi a memoria la tua parte già un pezzo del gioco è fatto. È stata un'operazione intelligente: il messaggio che l'acqua sia una ricchezza senza la quale il mondo muore e per questo non vada sprecata è stato efficacemente unito ad una storia di fiction con cui ci si distrae: quando si dicono cose molto serie è meglio partire con leggerezza. Così ho interpretato questo insegnante delle elementari, circondato da troupe e cast molto bravi, in special modo i bambini, straordinari nel loro non essere condizionati dal mondo esterno. Abbiamo girato le parti separatamente, perciò non ci siamo incrociati con Remo Girone, vero grande attore, né con Sebastiano Somma, un altro che ha dimostrato grandi doti sulla scena».
Aveva mai toccato temi come questi o comunque di impegno sociale?
«Non pubblicamente, ma sto portando avanti da anni un progetto no profit sulle disabilità motorie. All'inizio ho avuto qualche titubanza, considerando le speculazioni che molto spesso vi fioriscono intorno, ma poi ho scoperto un mondo affascinante, spesso e a torto guardato in maniera pietistica: per moltissime di queste persone la nuova situazione ha creato stimoli incredibili solo da pensare: in questo limite mentale siamo noi normodotati ad essere disabili».
Crede che l'opera di sensibilizzazione possa servire in un momento storico difficile come questo?
«Specialmente in questo momento, direi, che è totale distrazione e tende solo alla notizia. Credo non sia corretto, e ogni frammento che possa contribuire a sensibilizzare il pubblico è il benvenuto. A volte si ha la sensazione che iniziative come queste cadano nel nulla, ma qui con contributi di scienziati e voci autorevoli si è stati incisivi. Personalmente è un dovere civile che sento intenso e sono determinato ad andare avanti “armato” in queste battaglie: perciò non finisce qui».
So che non ama le celebrazioni ma 50 anni di carriera non sono cosa di tutti i giorni.
«Se celebro qualcosa, è il fatto che sono ancora vivo e pensante. Certo è che quando la strada che hai davanti si riduce, si fortifica il pensiero che ogni giorno andrebbe vissuto nella maniera più piena possibile. Oggi provo una gran rabbia, ad avere tanto entusiasmo e di essere molto più concreto. Forse il fatto di lavorare così tanto fin da molto giovane mi ha tolto il tempo per fermarmi e riflettere. Nei miei progetti c'è la data del 18 settembre, quando ricomincerò “Tale e Quale”, perchè mi diverte e perchè sono amico di Carlo Conti. È vero comunque che, riducendosi il tempo, ho ancor più voglia di pormi dei traguardi».
Lagunafest prosegue domani alle 21 alla diga Nazario Sauro con la visione de “La frontiera sommersa, un ponte con la storia”, documentario della sede regionale Rai firmato da Pietro Spirito e Luigi Zannini, seguito da un incontro con gli autori e Cristiano Degano condotto da Marinella Chirico, letture di Elke Burul.
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