Claudio Amendola a ShorTS «Da regista scopro il curling»

TRIESTE. Claudio Amendola aveva ventitré anni quando, nel 1986, ha girato nell’ex Centro Raccolta Profughi di Padriciano “Soldati – 365 giorni all’alba” di Marco Risi, il suo primo indimenticabile ruolo drammatico. Oggi torna a Trieste, ospite dell’International ShorTS Film Festival, per presentare personalmente al pubblico un’altra tappa fondamentale della sua carriera: il debutto alla regia col film “La mossa del pinguino”, in programma alle 22 al Teatro Miela. «A Trieste ci sono stato più di una volta, soprattutto a vedere l’Operetta d’estate», specifica l’attore. Ovviamente, è qui anche per accompagnare la moglie Francesca Neri, protagonista della retrospettiva: anche lei oggi incontrerà il pubblico, prima alle 18 al Punto Enel di Galleria Tergesteo con l’attrice della “Prospettiva” Elena Radonicich, poi alle 21 al Teatro Miela.
Amendola invece questa sera racconterà com’è nata l’idea della sua prima, strepitosa regia, che ha avuto come ispirazione naturale «le commedie di tradizione italiana degli anni ’60 e ’70, alla Risi e Monicelli: divertenti ma anche amare e ciniche». “La mossa del pinguino” racconta di due amici (Edoardo Leo e il sempre più bravo Ricky Memphis) che, per sbarcare il lunario, hanno un’idea folle e geniale: mettere su una squadra di curling, lo sport su ghiaccio con “pietre e scopette”, e provare ad andare alle Olimpiadi. Così ingaggiano un ex asso del biliardo (Antonello Fassari) e un vigile bocciofilo in pensione (Ennio Fantastichini): allenandosi con scopettoni e pentole a pressione, tentano l’impresa.
Amendola, com’è stato passare dietro la macchina da presa?
«Meraviglioso. Per me era una necessità professionale: il mestiere del regista mi ha sempre affascinato, se ami il cinema è un punto d’arrivo».
Quindi sta già pensando di dirigere altri film?
«Certo: mentre le parlo al telefono ho il computer acceso davanti, sto già scrivendo un paio di idee».
Lei è un appassionato di calcio, ma in “La mossa del pinguino” racconta uno sport davvero misconosciuto, il curling…
«Mi ci sono avvicinato con curiosità e divertimento: quando uno sport è così poco famoso fa già commedia da sé. Cercavo una storia che parlasse di tre cose: amicizia, sport e i valori che mi emozionano. Lo sport mi emoziona certo, ma ormai in Italia non è più quello che era qualche decina d’anni fa».
Cos’è cambiato?
«Non ritrovo più la lealtà, il sano spirito di competizione, soprattutto nel calcio. Avevo bisogno di uno sport pulito: il curling è l’esempio di tutte quelle discipline minori che rappresentano ancora le pecultiarità migliori dello sport».
Da attore ha lavorato con tanti grandi registi dalla sensibilità comica diversa. Si è ispirato a qualcuno di loro?
«Ho assorbito molto da tutti. Ma ricordo sempre un episodio: nel 1986 ebbi la fortuna di lavorare con Stefano Vanzina, Steno, nella miniserie per la tv “L’ombra nera del Vesuvio”. Steno è il grande regista di “Un americano a Roma”, “Guardie e ladri” e mi raccontò come aveva girato la mitica scena con Alberto Sordi, “Maccarone, m’hai provocato… e io ti distruggo”: macchina da presa ferma, facendo uscire tutti dal set sennò ridevano troppo. Mi disse: “Quando i pupazzi funzionano, il regista non deve fare nulla”. I pupazzi ovviamente siamo noi, gli attori».
E i “pupazzi”, nel suo film, funzionano alla perferzione: è perché, oltre che colleghi, sono anche tutti suoi amici nella vita?
«Sì, ho scritto pensando a loro: con Antonello Fassari lavoro da sempre, Edoardo Leo ha scritto il film con me, a Ricky Memphis sono legato da un’amicizia viscerale. Ennio Fantastichini al momento è forse il nostro migliore attore. Non conoscevo solo Francesca Inaudi, che poi ha creato un personaggio femminile bellissimo».
C’è invece un’interpretazione di sua moglie Francesca Neri che ama particolarmente?
«“Carne Trémula”: quando l’ha girato c’ero e so quanto ha faticato, quanto ha dato in quel film. Però anche “Pensavo fosse amore… invece era un calesse” di Troisi, “Al lupo, al lupo” di Verdone e la trilogia di Pupi Avati: in “Il papà di Giovanna” Francesca è bravissima in un ruolo difficile».
Interpretando Giulio nella serie tv “I Cesaroni” è diventato un vero eroe popolare. Cos’è cambiato da allora?
«Ho sempre fatto ruoli duri, a volte in film vietati ai minori di 14 anni, quindi mi mancava la fascia di pubblico più attenta: i bambini. Mi creda, un bambino ti riconosce ovunque».
A settembre arriverà la sesta serie. Quali novità troveremo?
«Giulio rimane solo: la moglie parte e arriverà qualcuna tra capo e collo… è una vecchia conoscenza con cui Giulio aveva avuto una storia molti anni prima, intepretata da Christiane Filangieri. I fratelli Cesaroni invece, insieme al personaggio di Maurizio Mattioli che si trasferisce a casa loro, dovranno trovare un altro fratello che non sapevano di avere, interpretato da Edoardo Pesce».
A cosa sta lavorando adesso?
«Sto girando a Matera il film di Edoardo Leo “Noi e la Giulia” con Luca Argentero, Carlo Buccirosso e Anna Foglietta. Interpreto un nostalgico comunista che incontra tre uomini alle prese con l’apertura di un agriturismo, ma nel posto sbagliato al momento sbagliato. Basti dire che sequestreranno il primo camorrista che gli viene a chiedere il pizzo…»
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo