Circe, ninfa smaliziata, non si dispera per Ulisse e gli uomini

Circe non è stata soltanto un’amante di Ulisse. Nel senso che non è nata dalla fantasia narrativa di Omero, eppure noi la conosciamo grazie a lui, all’Odissea. Madeline Miller fa raccontare a “Circe” (Sonzogno, pagg. 411, 19 euro) le origini del mito greco, quando ancora sulla terra greca regnava suo padre Elios dal cielo assieme al fratello Oceano sul mare, dove lo stato più potente allora era Creta e Atene una sua semplice vassalla. Solo dopo 200 pagine fa capolino Ulisse e vi rimarrà lo spazio di una ventina di fogli. Poca cosa per un eroe come Odisseo, che appare come uno degli amanti di Circe.
Ma chi era davvero Circe? All’inizio della sua narrazione, si dichiara una ninfa. Ninfe erano tutte le donne in età da matrimonio, ma lei, essendo semidivina, lo rimarrà per sempre. E non si sposerà mai. Era figlia del dio del Sole, che dava la luce e la vita, e forse non c’era uomo che potesse prenderne il posto nel suo cuore. Non era bella, tanto che il padre aveva dato in sposa piuttosto sua sorella, l’avvenente Pasifae, al re di Creta, Minosse. Circe amò il pescatore Glauco, che le preferì Scilla; amò Dedalo, l’architetto del labirinto, che era già sposato. Poi venne esiliata dalla sorella Pasifae e iniziò una seconda vita, lontano dalla sua complicata famiglia, nell’isola di Eea, al largo del Lazio. Dicevano fosse una maga perché conosceva il potere delle erbe e creava farmaci per trasformare gli uomini. Ma in verità Circe imparò a bastare a se stessa, perché era intelligente.
Quando alla sua isola arriva Ulisse ha ormai capito come funzionano gli uomini. E tratta i compagni dell’eroe come loro pensavano di trattare lei. Chissà dunque se avesse avuto bisogno di trasformarli in porci o se fu una metamorfosi naturale a loro capitata, abbagliati dal fulgore della ninfa alla quale avevano tentato di saltare addosso?
Finalmente sentiamo l’altra versione dell’accaduto, attraverso la voce di una donna che tuttavia ha amato Odisseo, l’odioso, tanto da accettare di restituirgli i suoi compagni maiali.
La storia di Circe non finisce con la partenza di Ulisse e la maga non si dispera poi tanto. Ma perché raccontarvi tutto? I libri vanno letti. Certo il mito è conosciuto, ma Madeline Muller, che è una grecista bostoniana, lo modifica in parte per raccontare la sua percezione della storia di Circe. Non sarà la nostra, ma è scritta divinamente. Il bello del mito è che, nelle pieghe del racconto, ognuno può interpretarlo come se lo immagina, per questo la sua narrazione non finirà mai.
L’autrice, che ha esordito nel 2012 con “La canzone di Achille” rinarrando l’Iliade, ha il merito di aver dato vita propria alla figura femminile di Circe, a prescindere da Ulisse, e di averla resa molto più importante di lui. Noi siamo culturalmente figli degli dei greci: ne abbiamo ereditato i difetti e le virtù. I loro miti dovrebbe metterci in guardia e insegnarci a diventare esseri umani migliori. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo