Chiara Valerio: «Matematica è democrazia in un mondo fatto di conteggi e di errori»

La matematica è spesso accompagnata da una fama di sapere ostico, e se invece fosse un linguaggio conoscibile da chiunque, un campo aperto dove imparare, non tanto a fare di conto, ma a essere cittadini democratici? Chiara Valerio, nel suo “La matematica è politica” (Einaudi, pagg. 100, euro 12), ci spiazza e ci affascina con questo azzardo. Il libro si presenta oggi alle 21 allo Spazio Gabelli, e in differita giovedì 24 alle 18. Lo studio matematico appare sotto una nuova luce, quella di un esercizio spirituale. E forse è proprio da questa bellezza improduttiva che possiamo partire per costruire un’etica. «Viviamo in un mondo di conteggi. I sondaggi, i follower, i like. Tutti numeri assoluti a cui chiediamo di valutare la quantità del nostro stare nel mondo» spiega Valerio. «Ma la matematica è un’altra cosa. Ha a che fare con l’attesa, con la misurazione qualitativa della vita»
Da dove arriva allora la sua cattiva fama?
«A scuola è insegnata slegata dal tempo e dalla storia. Teoremi e concetti sembrano il prodotto di singolarità geniali, ma non è così. Dietro ci sono persone e processi. E poi c’è un problema di linguaggio. La matematica presuppone l’apprendimento di un linguaggio diverso da quello con cui parliamo ogni giorno. Questa difficoltà passa poi come difficoltà dei concetti».
Conoscere la matematica è conoscerne il linguaggio?
«Sì, ed è un grande insegnamento etico. Ci dice che non possiamo conoscere le cose senza parteciparvi. Funziona così anche con la democrazia. Non esiste democrazia senza comportamenti democratici».
Come può la matematica aiutare la democrazia?
«La matematica non è un sistema autoritario, le sue verità vengono condivise, dibattute, confutate, e sono garantite dalla coerenza e dal rispetto di un insieme di regole, che a sua volta è condiviso e dibattuto. Tra autorità e regole non c’è niente in comune. L’autorità è indiscutibile e fideistica, la regola si discute continuamente, evolve».
La matematica avanza per errori e dubbi, ma oggi cerchiamo certezze…
«La matematica e la scienza ti insegnano, come diceva il premio Nobel Carl Weiman, che “l’unica cosa di cui si può essere sicuri quando si fa un esperimento è l’errore”. Il dubbio è vitale perché sprona verso nuove scoperte e non chiude al confronto con l’altro».
Mette in gioco un’altra idea di verità…
«Io mi ricordo sempre dell’insegnamento di un professore all’università: ogni giorno a fine lezione puliva la lavagna. Perché le lavagne vanno cancellate anche quando sopra ci hai scritto grandi verità, perché gli altri possano scriverci le loro».
La matematica ci può aiutare a venire a patti con la paura?
«La matematica è una disciplina che accoglie l’incognita. Si fonda sulle incognite, sulla ricerca di una relazione con le incognite che non per forza è un inglobarle in un sistema di regole già dato, a volte l’incognita arriva e sovverte tutti gli schemi».
La matematica è spesso fatica dello studio…
«Per questo è politica. Chi studia matematica, e in generale chi studia, è capace di stare solo. Chi sta da solo è politicamente complesso perché non deve essere intrattenuto. Io non credo all’intrattenimento dei bambini, che spesso prende il posto della formazione. Non credo nell’intrattenimento in generale».
Come ci possiamo difendere dalla dittatura dell’intrattenimento?
«Leggendo». —
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