Chi era Enzo Bettiza nel privato lo racconta la figlia Michela

Oggi da GlamArt a Trieste un ricordo del giornalista scrittore e intellettuale di Spalato personaggio di spicco  della cultura del secondo ’900
20050809 - CORTINA D'AMPEZZO (BELLUNO) - CRO - enzo bettiza RCS:oggi a Cortina D'Ampezzo. MARTINA CRISTOFANI/ANSA/
20050809 - CORTINA D'AMPEZZO (BELLUNO) - CRO - enzo bettiza RCS:oggi a Cortina D'Ampezzo. MARTINA CRISTOFANI/ANSA/

TRIESTE. Di Enzo Bettiza come uomo pubblico, giornalista, scrittore, personaggio di spicco della cultura italiana della seconda metà del ’900 molto è noto. Così anche del suo pensiero politico: senatore ed eurodeputato per più anni. Altro è indagare la sua vita privata, quella familiare, e come coniugasse la sua attività così frenetica e intensa con il ruolo di marito, di padre che portava la figlia dal dentista e poi andava con lei a comprare giocattoli per risollevarla dal suo timore. Un’immagine inedita che sarà raccontata da Michela Bettiza in un incontro con il pubblico promosso da GlamArt a Trieste, oggi alle 18, nello spazio di Capo di Piazza Bartoli 1, al primo piano, sotto il patrocinio del Circolo della Stampa. A parlarne con Michela e con il giornalista e scrittore Fabio Favretto, ci saranno altri ospiti.

Enzo Bettiza ha avuto con Trieste un rapporto antico che risale ai tempi in cui la sua famiglia, a Spalato, possedeva una fabbrica cementifera con i Gilardi e un’impresa secolare di costruzioni, con conseguenti frequenti contatti con il capoluogo giuliano. La sua nascita e formazione erano multietniche e multiculturali. Una madre, Maria, molto bella, di origine montenegrina o forse più lontana, che veniva dall’isola di Brazza; una famiglia di antica discendenza veneta, una nutrice, baba Mare, serba, lo zio Giani, soldato austriaco ferito nella Grande Guerra sul Carso dagli italiani e sposato con una Guina, appartenente a una famiglia di ricchi commercianti di tessuti.

Un crogiuolo di vita familiare e di formazione scolastica, un naturale esprimersi in più lingue. «Stavamo a Mosca negli anni Sessanta - ricorda Michela - dove papà era corrispondente della Stampa. Vivevamo in un isolato frequentato da famiglie di ogni provenienza e tra noi ragazzini si parlava in russo. A chi mi chiedeva di quali origini fossi, rispondevo italiana. Mio padre mi rimproverò seriamente dicendo che non dovevo dire italiana, ma europea». Gli aneddoti sono tantissimi: dai viaggi in tutto il mondo agli incontri con personaggi che ormai appartengono alla storia, mondanità, curiosità, aneddoti legati al ritorno a Milano e alle frequentazioni con Montanelli, Piovene, Montale. E ancora la nascita quasi clandestina de Il Giornale, nel 1972, all’interno delle mura domestiche. Non è stato un padre facile, Enzo Bettiza, uomo coltissimo e inquieto. La figlia Michela ha memoria di quanto gli pesasse essere sotto scorta, dopo la gambizzazione di Montanelli del 1977: «Gli era impedito di uscire, e gli costava molto rinunciare a certi piccoli riti cui era abituato, come l’andare alla mattina a prendere i giornali». Bettiza è scomparso un anno fa, il 26 luglio 2017, senza un lamento per il male che lo aveva colpito, lavorando ancora, coerente con se stesso. —

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