Chi è Elena Ferrante? Accademici in campo per svelarne l’identità

Arjuna Tuzzi, statistica dell’Università di Padova presenta i risultati di uno studio su cento romanzi

di MICHELE A. CORTELAZZO

I giornalisti tedeschi che alla fine di agosto, al momento dell'uscita in Germania della traduzione di "L'amica geniale", si interrogavano su "Wer ist Elena Ferrante?" ("Chi è Elena Ferrante?") non potevano sapere che in quegli stessi giorni, il 27 agosto, un gruppo di ricerca italiano stava presentando qualche ipotesi sull'identità dell'autrice napoletana; e lo stava facendo proprio in un'università tedesca, quella di Treviri, al congresso dell'Iqla, l'associazione internazionale di linguistica quantitativa.

"Nessuno sa chi sia Elena Ferrante. Potrebbe essere un uomo" ricorda Hannah Lühmann sulla "Frankfurter Allgemeine" del 28 agosto; mentre il 16 maggio Ursula Scheer, in un lungo articolo sullo stesso quotidiano, aveva presentato la lista dei sospettati, da Domenico Starnone a Michele Prisco, Erri De Luca, Goffredo Fofi; e anche Anita Raja, moglie di Starnone o la storica Marcella Marmo, tirata in ballo dall'italianista pisano Marco Santagata. Sempre che non si tratti di un collettivo (il che giustificherebbe la caparbietà con cui viene preservato l'anonimato) o di uno sconosciuto, senza altre esperienze di scrittura. Già nel 2005 Luigi Galella, sulla "Stampa", aveva cercato di provare, sulla base di strette affinità tematiche, che dietro Elena Ferrante si nascondesse Domenico Starnone. L'anno successivo una conferma è venuta da un'analisi della similarità tra testi, condotta con mezzi matematici dal fisico romano Vittorio Loreto.

L'ipotesi non è piaciuta per nulla al presunto identificato, che sui giornali, ma anche nel suo libro “Autobiografia erotica” di Aristide Gambìa, ha ripetutamente proclamato, a volte con tono stizzito, "non sono la Ferrante". Ha anche escluso categoricamente un'ipotesi di riserva, che spiegherebbe il punto di vista femminile che caratterizza la narrazione della saga dell'"amica geniale", e cioè che si tratti di una scrittura a quattro mani, le sue e quelle di Anita Raja.

«Un gioco di società dei giornalisti culturali italiani» ha definito Ursula Scheer la ricerca dell'identità dell'anonima autrice. Con questo, la giornalista tedesca ha messo il dito nella piaga: anche quando a occuparsi del problema sono stati degli studiosi, l'hanno fatto dalle pagine dei giornali, come gioco intellettuale; nessuno, che io sappia, se l'è finora sentita di affrontare la questione all'interno della comunità scientifica, nel contraddittorio dei congressi o nella pubblicazione in riviste sottoposte alla revisione tra pari.

Per questo segnalo l'intervento al congresso dell'IQLA di Arjuna Tuzzi, statistica dell'Università di Padova e presidente dell'associazione, presentato a nome anche di Stefano Ondelli, professore di linguistica italiana all'Università di Trieste, dello statistico friulano Paolo Nadalutti e mio. Il focus del nostro contributo non era l'identità di Elena Ferrante, ma alcuni problemi metodologici dell'attribuzione d'autore con mezzi quantitativi, testata su un corpus di cento romanzi italiani degli ultimi trent'anni. Tra questi, tutte le opere narrative di Elena Ferrante e alcune di Domenico Starnone. Però, senza che li cercassimo, sono affiorati alcuni dati interessanti sul caso Ferrante.

Il metodo utilizzato riesce a dare una chiara rappresentazione grafica delle similarità tra testi. Così è emerso che le opere di Elena Ferrante si collocano in una posizione autonoma e isolata se vengono comparate con quelle di altre autrici; si mescolano, invece, alle altre opere se nella comparazione ci sono romanzi scritti da uomini.

Inoltre, le opere di uno stesso autore appaiono vicine tra di loro, e più o meno lontane da quelle degli altri. I romanzi di Elena Ferrante e quelli di Starnone, invece, si mescolano tra di loro, quasi fossero frutto della stessa mano (un risultato molto simile a quello ottenuto a suo tempo, con altri metodi, da Vittorio Loreto). Infine, l'opera di Ferrante mostra le maggiori similarità con quelle di Starnone; seguono altri autori di origine meridionale, tra i quali spicca Gianrico Carofiglio.

Possiamo, dunque, identificare Elena Ferrante con Domenico Starnone? Possiamo smentire le dichiarazioni sdegnate dello scrittore napoletano, considerandole solo come delle abili e pervicaci azioni di depistaggio? No, almeno per ora no, per diversi motivi.

Intanto, l'obiettivo della ricerca non era l'identificazione di Elena Ferrante. Per questo, il corpus non comprendeva tutti gli autori sospettati di nascondersi dietro quel nome. Non c'era nemmeno un numero sufficiente di scrittori napoletani. Questo è un bel limite: come ha più volte notato lo stesso Starnone, è ovvio che ci possano essere similarità lessicali e tematiche tra autori della stessa provenienza, senza che si debba pensare a un rapporto di dipendenza. Il quadro cambierebbe se arrivassimo a individuare delle somiglianze solo con un autore della stessa area, e non con altri. Ancora: tra le persone che si possono celare dietro lo pseudonimo, ce ne sono molte che non hanno alle spalle una produzione letteraria (storici, saggisti, traduttori); nessuno di questi era nel corpus analizzato, che abbracciava solo la narrativa. Infine: lavorare con metodi quantitativi, capaci di analizzare senza discrezionalità soggettiva decine e decine di testi, è utilissimo, ma non basta: serve anche un'analisi stilistica tradizionale, per vedere se si ritrovano consonanze linguistiche tra le opere di Elena Ferrante e quelle dell'autore sotto osservazione (spesso le somiglianze si annidano dove uno meno se l'aspetta, nelle scelte lessicali più semplici, apparentemente poco significative).

La ricerca del team statistico-linguistico può, ora, concentrarsi sull'identificazione di Elena Ferrante. Una spinta viene dall'interesse che le prime suggestioni hanno suscitato tra i maggiori specialisti di attribuzione d'autore: basti dire che la sessione in cui è stato discusso il caso era presieduta da Patrick Joula, lo studioso americano al quale si devono prove indubitabili che il giallista inglese Robert Galbraith non sia altri che Joanne K. Rowling, la creatrice di Harry Potter.

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