Che fascino gli animali metallici

“Animali metallici”, così il grande maestro futurista Fortunato Depero, denominava in un suo scritto degli anni Trenta le automobili, coinvolgendo in tale concetto anche le motociclette e i mezzi simili e invitando il pubblico a considerare l’importanza dell’estetica in tali veicoli. Lo stesso titolo indica anche la rassegna dedicata al culto dell’automobile nel XX secolo, allestita fino al 10 giugno alla Casa d’Arte Futurista di Rovereto, che porta il nome dell’artista trentino e che lui stesso creò nel ’57, poco prima di morire, unico museo in Italia fondato da un futurista. In mostra una sintesi, rara, divertente e variegata di grafiche, fotografie, illustrazioni, materiali pubblicitari e a stampa, come i manifesti e vari documenti e copertine di riviste inerenti l’automobile e tesi alla sua divulgazione. Provengono dalle collezioni del Mart e dal suo centro di ricerca, l’Archivio del ‘900, e finora sono stati poco studiati. Il museo per altro nel 2009, in occasione del centenario del Futurismo, conferì una seconda vita a Casa Depero attraverso un complesso restauro e il recupero delle zone originali progettate dall’artista, completandole con due nuovi livelli ispirati direttamente al suo gusto.
In questo spazio fascinoso ed emblematico di una corrente e di un gusto animati da una concezione vitalistica e dinamica della vita, che mitizzava appunto la velocità e l’automobile, la mostra propone diverse opere in tema dello stesso Depero. Maestro antesignano del design e della grafica pubblicitaria, aderì giovanissimo e con grande entusiasmo al movimento, configurandosi nel dopoguerra come una voce fondamentale del secondo Futurismo. Attivo tra il 1928 e il 1930 a New York come grafico e designer di scene e costumi ma anche quale autore d’importanti tavole di soggetto urbano-industriale, nel contesto di quest’ultime collocava l’automobile: ed ecco la celebre copertina di “News Auto Atlas” e poi fotocollage, tecniche miste con collage, tempere e immagini di motori.
Ma se il segno geometrico dell’innovatore Depero guizza come un sibilo a supporto di un cromatismo brillante e al tempo stesso discreto, il tocco espresso da Sironi in alcuni oli dal tono cupo, tratteggia la solitudine dell’uomo moderno nel paesaggio urbano, in una pittura di adesione al Novecento di Margherita Sarfatti. Alla quale, più avanti in mostra, un Mussolini rampante dedica una foto che lo ritrae su un’auto da corsa. E lei - l’elegante signora bruttina che con il libro “Dux” “creò” il personaggio del duce e, assieme al gallerista Lino Pesaro e ad alcuni pittori, ideò il Gruppo del Novecento - è ancora presente in mostra, fotografata accanto a un’automobile, come molti altri intellettuali e artisti. Tra questi Le Corbusier, Agenore Fabbri, Aligi Sassu, Lucio Fontana, ma soprattutto il bellissimo e raffinato Thayaht (al secolo Ernesto Michahelles), scultore, pittore, fotografo, disegnatore, architetto, inventore, orafo, designer di moda, così valente e antesignano che Madame Vionnet, creatrice di una delle più prestigiose maison d’alta moda francese, non volle mai lasciarselo sfuggire. Thayaht, inventore della tuta, era di famiglia agiata e adorava le automobili, come la ricca sequenza di foto in mostra testimonia. Emergono poi, sulle copertine di molte riviste d’epoca esposte, le silhouette femminili, di inconfondibile eleganza, del triestino Marcello Dudovich, che insiste su un altro codice di lettura dell’automobile attraverso il binomio della donna raffigurata accanto a una splendida autovettura. Ma oltre al coinvolgente racconto di sapore retrò espresso dalla pubblicità - protagonisti, tra gli altri, gli illustratori Weiluc, Mario Duse, Mario Radice, Sepo, Plinio Codognato, Erberto Carboni, Filippo Romoli e persino Boccioni e de Chirico - la mostra prosegue attraverso la pittura un interessante e qualificato itinerario che documenta fino a oggi l’evoluzione dell’immaginario sull’auto, codificandone il passaggio da sogno elitario a prodotto di massa.
Mentre il futurista Tullio Crali rappresenta il concetto di velocità in un volteggio aerodinamico espresso attraverso un olio di eccezionale fascino, Anselmo Bucci, amico di Sironi, fornisce dell’auto un’immagine classica e delicata. Un olio di Vedova del ’49 sintetizza invece dinamicità e cubismo, fino ad arrivare al gesto istintivo del writer d’eccellenza Jean-Michel Basquiat e alla mail art di Andrea Facco del 2007, passando per le anticipazioni pop di Gianni Bertini, il raffinato linguaggio fotografico di Gabriele Basilico, le atmosfere sospese di Andrea Crosa, gli interventi su foto di Lamberto Pignotti e le rielaborazioni di Matthew Antezzo e del sodalizio svizzero Fischli & Weiss.
Grazie a un compendio di visioni e informazioni che attraversano arte, grafica, pubblicità, storia e costume, l’esposizione rappresenta un amarcord elegante, supportato e completato da un catalogo vivace e dinamico come lo fu il Futurismo.
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