Trieste piange Cesare Piccotti, tra i fondatori de La Cappella Underground e il Teatro Miela
Con la sua scomparsa, a 84 anni da poco compiuti, viene oramai a dissolversi del tutto l'eco di una generazione formidabile, che diede l'impulso maggiore alla trasformazione culturale di questa città, a cominciare dal 1968
I suoi neon, il suo Satie, le sedie, i film introvabili, i meme di auguri di Capodanno, la sua vita con Rosella. È mancato nella scorsa notte Cesare Piccotti, artista schivo e al tempo stesso di esorbitante spicco, nella Trieste delle buone pratiche di cultura e d'arte. Con la sua scomparsa, a 84 anni da poco compiuti, viene oramai a dissolversi del tutto l'eco di una generazione formidabile, che diede l'impulso maggiore alla trasformazione di questa città, a cominciare dal 1968.
Grazie al pensare e all'agire di una manciata di donne e di uomini attivi, forti, progressisti come Piccotti - quelle e quelli che in quell'anno fondarono La Cappella Underground nel mitico sotterrano di via Franca, da Rosella Pisciotta a Annamaria e Piero Percavassi, a Mario De Luyk - Trieste finalmente usciva dalle caverne dell'irredentismo, dalle secche polemiche del bilinguismo, per diventare di nuovo un polo cosmopolita, avanzato.
Una città da “trovare”, in quello spirito d'avanguardia che caratterizzò le attività de La Cappella e poi del Teatro Miela del quale Piccotti fu tra gli edificatori. Fu sua l'invenzione antesignana di un fundrising (allora non si chiamava mica così) che attraverso le donazioni di centinaia di signori Bonawentura, permise di inaugurare nel marzo del 1990, quello spazio oggi ancora attivissimo.
Ed è stato proprio là sulle Rive, al Miela - in cui Piccotti e Pisciotta, coppia vulcanica e amorevole, hanno operato per almeno due decenni - che si sono materializzate le loro invenzioni più clamorose, prima fra tutte l'annuale appuntamento dedicato al loro idolo, Erik Satie.
Dal 1992 “SatieMania” ha portato in quello spazio le più stravaganti performance musicali, e non solo, che la città possa ricordare.
Chi ha conosciuto da vicino Piccotti – e sono in molti – lo ricorda per la sua manualità e la sua progettualità ardenti, ma anche per il carattere mite, la timidezza appartata, la predilezione per le cozze alla “scotadeo”. E i capelli ancora miracolosamente scuri.
Riproduzione riservata © Il Piccolo