C’è il genio di Gio Ponti nelle stanze “segrete” dell’antico palazzo del Bo

di Giovanna Pastega Il "bucranio" è il suo simbolo, un cranio di bue che ricorre scolpito, dipinto, inciso un po' ovunque: stiamo parlando del palazzo del Bo (bove), la sede storica dell'Università...
Di Giovanna Pastega

di Giovanna Pastega

Il "bucranio" è il suo simbolo, un cranio di bue che ricorre scolpito, dipinto, inciso un po' ovunque: stiamo parlando del palazzo del Bo (bove), la sede storica dell'Università di Padova, che lega le sue origini a questa singolare connessione con l'immagine bovina. L'edificio era anticamente un Hospitium bovis, una sorta di hotel denominato "del Bo" poiché in zona erano collocate le macellerie e i macelli della città di Padova. Fondata nel 1222 da alcuni studenti e docenti transfughi da Bologna (i cosiddetti “sbolognati”) che cercavano un luogo di studio più aperto e libero dai pesanti veti dell'autorità papale, l'università patavina nel corso dei suoi otto secoli di storia ha visto passare per le sue aule tantissimi personaggi illustri: tra gli studenti più celebri basti ricordare Guicciardini e Pico della Mirandola e tra i professori Galilei Galilei, Andrea Vesalio (fondatore dell'anatomia moderna), Giovanni Battista Morgagni (padre della patologia moderna) e William Harvey (scopritore della circolazione sanguigna).

L'ateneo di Padova raggiunse il massimo splendore sotto la dominazione della Serenissima, che riuscì a garantirgli libertà d'insegnamento rispetto alle pressioni ecclesiastiche, tanto che nel '600 non furono neppure più necessarie le fedi di professione cattolica per ottenere la laurea. Padova così già nel Rinascimento si attestò come uno degli atenei più prestigiosi a livello internazionale, conquistando dei primati assoluti: la costruzione del primo orto botanico universitario del mondo, l'edificazione del primo teatro anatomico stabile di cui si abbia notizia, l'allestimento della prima biblioteca universitaria d'Europa ed infine il conferimento della laurea per la prima volta al mondo ad una donna, Elena Lucrezia Cornaro Piscopia.

Da allora ad oggi l'università di Padova ha conosciuto una crescita esponenziale, con ben 170 corsi di laurea, 61.000 iscritti, 2054 docenti, 32 dipartimenti, 33 biblioteche,14 sedi staccate. Tra le varie iniziative promosse dall'ateneo ha preso il via l'apertura straordinaria delle stanze "segrete" del Bo, ovvero di quelle parti del palazzo finora fruibili solo dagli addetti ai lavori. Nei weekend, grazie all'ausilio di guide specializzate, sarà possibile accedere ad un percorso storico-artistico che attraversa ben otto secoli di vita universitaria. Dalla Sala dei Giganti al cortile cinquecentesco con gli stemmi delle antiche famiglie di studenti e professori, alla sontuosa Aula Magna passando per l'antico Teatro di Anatomia sino a raggiungere il nucleo nuovo, il Rettorato, costruito in epoca fascista dai maggiori architetti, designer e artisti dell'epoca.

È negli anni '30 infatti, in pieno regime, che il rettore Carlo Anti, uomo di grandi visioni, imprime una svolta determinante all'immagine dell'università. Tra il 1932 e il 1943 chiama importanti personalità dell'arte e della cultura, come l'architetto Ettore Fagiuoli, autore del Cortile Nuovo o Littorio, e il celebre designer Gio Ponti, deus ex machina della grande operazione di restyling del Bo. Anti inoltre farà costruire ex novo il Palazzo del Liviano, sede della facoltà di Lettere, coinvolgendo anche qui i maggiori artisti italiani dell'epoca. Sarà Gio Ponti a curare la progettazione del nuovo palazzo, occupandosi anche dell'arredo: panche, banchi, cattedre, appendiabiti, sedie, tavoli, porteranno tutti la sua firma, conferendo agli interni uno stile unico in sintonia con quello del rettorato di Palazzo Bo.

«Certo nell'operazione di Anti - spiega Elisabetta Saccomani del Dipartimento di Storia delle arti visive e della musica - pesa il marchio dell'epoca. Ma è fuor di dubbio che oggi, al di là del giudizio ideologico, non si può non ammirare ciò che la volontà del rettore Carlo Anti unita alla creatività di Gio Ponti ci ha lasciato. Al Bo e al Liviano si concentrano pagine fondamentali della storia dell'arte, del design e dell'architettura italiana della prima metà del '900, sconosciute ai più, che abbiamo ritenuto doveroso svelare al pubblico».

Il nuovo itinerario sarà fruibile solo il sabato e la domenica per non interferire con le attività didattiche e di direzione dell'ateneo: «I vari passaggi di questo percorso - sottolinea il rettore Giuseppe Zaccaria - raccontano la complessità di questo palazzo. Ci sono tre nuclei: quello più antico, trecentesco, di limitata estensione ma estremamente importante dal punto di vista storico e artistico, poi il nucleo cinquecentesco che si raccoglie intorno al cortile antico ed infine il nucleo novecentesco, la cui attenta cura nella costruzione è testimoniata da un fitto carteggio tra il rettore Anti e Gio Ponti». Tra i tesori del nuovo itinerario, la Sala dei Quaranta con i ritratti degli studenti stranieri illustri, la Cattedra di Galileo Galilei sulla quale il celebre scienziato saliva per le sue lezioni, l'Aula Magna - in origine sala da pranzo del grande albergo del Bo - in cui i maggiori scienziati tennero conferenze e lezioni (celebre nel 1921 quella tenuta da Albert Einstein), la Basilica con le alte colonne in cemento rivestite di stucco rosso chiave d'ingresso al Bo Novecentesco. Oltre all'Archivio Antico il pubblico potrà finalmente ammirare gli spazi del Rettorato mai prima d'ora aperti al pubblico, dove il genio creativo di Gio Ponti ha dato vita ad un'opera totale: dai disegni dei pavimenti ai colori delle pareti, dai mobili ai lampadari e ad ogni genere di arredo (posaceneri e maniglie comprese). Nel Circolo dei Professori la Sala di Lettura, la Sala da Pranzo, la Sala del Caminetto e persino la cucina, tutto porta la sua firma ideativa anche se accanto a lui lavorarono artisti del calibro di Gino Severini, Arturo Martini, Carlo Scarpa, Filippo De Pisis, Massimo Campigli. Tra le aule antiche rivisitate nel '900 spiccano la Sala di Giurisprudenza e la Sala di Medicina, nella quale sono esposti i crani dei docenti che hanno (si dice) offerto il loro corpo per le dissezioni anatomiche e dove campeggia l'affresco di Achille Funi con immagini dell'anatomia umana. Dall'Atrio degli Eroi invece si può ammirare la Scala del Sapere con l'immenso affresco di Gio Ponti che racconta i momenti dell'apprendimento umano. A suoi piedi il "Palinuro", la grande scultura che Arturo Martini realizzò nel 1947 dedicandola al comandante partigiano Primo Visentin, laureatosi a Padova e caduto durante la resistenza al fascismo. Perché se si deve ad un rettore fascista uno dei più grandi interventi architettonici e artistici mai realizzati all'interno di un ateneo, non bisogna dimenticare che gli studenti padovani furono tra i principali motori della lotta di liberazione, tanto che l'Università patavina ricevette nel '45 la medaglia d'oro al valor militare per i suoi caduti. Un’ enorme lapide al pianterreno ricorda i nomi di tutti i giovani che caddero nelle diverse guerre per gli ideali in cui credevano senza distinzioni di appartenenza. Tra questi campeggia il nome di una sola donna: Norma Cossetto, studentessa istriana uccisa dai titini nel 1943 nella foiba di Villa Surani.

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