C’è il divino nel dna dell’ebraico

di AHARON APPELFELD
La letteratura ebraica è una letteratura antica, che affonda le sue radici nella Bibbia e nel lungo groviglio della storia ebraica. È scritta in lingua ebraica, in quelle righe soffia il vento della Creazione e ai miei occhi è quasi un miracolo che sia comprensibile in traduzione.
La letteratura ebraica moderna è in prevalenza secolare, ma una lingua estratta dalla Bibbia non può essere - neppure se lo volesse - completamente secolare. Le parole, le frasi, i silenzi fra le frasi evocano inevitabilmente i nomadi terrestri che erano in comunicazione con i cieli. Il divino calato nel terrestre è nascosto nella lingua ebraica.
Il dialogo fra l'uomo e Dio mormora in lingua ebraica. La vita e le ideologie moderne hanno contribuito molto a secolarizzare la lingua ebraica, ma la lingua antica non si arrende facilmente. La religiosità continua a scorrere nelle sue vene. Quel flusso nascosto non è percepibile dall'orecchio esterno, ma ci sono giorni in cui esce allo scoperto e mette a disagio i suoi parlanti.
La lotta della lingua ebraica è il destino dello scrittore ebraico. Naturalmente è possibile scrivere in ebraico e dimenticare da dove esso provenga e chi lo parlava, ignorare i contenuti che porta nelle sue cellule nascoste, ma il costo di quell'oblio a volte può essere fatale.
Ho parlato di religiosità, ma non intendevo con questo la religione organizzata, che è immobilizzata in strutture permanenti. La religiosità è un sentimento primordiale, che scaturisce dall'anima e provoca meraviglia, stupore, il mistero dell'esistenza e il dolore della nostra transitorietà. La Bibbia è capace di sfiorare questi sentimenti primordiali con ciascuna delle sue lettere.
Tuttavia, oltre e insieme a questi sentimenti primordiali, la religiosità biblica - e la successiva ebraica - ci dicono che l'uomo non è una bolla chiusa/cieca che appare per un istante e subito scompare, è invece un essere fondamentale in tutta la creazione, che ha il potere non solo di vivere e di sussistere, ma anche di collaborare con Dio per guarire il mondo.
Perfino nella Bibbia, intendo nel Vecchio testamento c'è una distinzione. Si dice che l'uomo è solo cenere, un'ombra passeggera. Questa è una visione molto pessimistica. L'uomo passa come un'ombra. Ma sempre nella Bibbia si dice anche che l'uomo è creato a immagine di Dio, che l'uomo è parte della divinità, non gli è estraneo. Dio non è solo. In seguito, nel misticismo ebraico, l'uomo diventa una parte di Dio. Perché? Perché il mondo non è perfetto, l'uomo non è perfetto. Forse neppure la divinità è perfetta. Dio ha bisogno dell'uomo per migliorare. Dio non è un estraneo.
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