Caterina da Siena la giovane vergine che diventò una madre per tutti
Domani, domenica 19 gennaio 2020, alle 11, al teatro Verdi di Trieste, riprendono gli appuntamenti con il ciclo delle Lezioni di Storia, promosse dal Comune di Trieste, ideate dagli Editori Laterza con il contributo della Fondazione CRTrieste, la sponsorizzazione di Trieste Trasporti e la media partnership de “Il Piccolo”.
La quarta lezione del ciclo dedicato quest’anno a “I volti del potere” vedrà protagonista la professoressa Maria Giuseppina Muzzarelli, che tratterà il tema “Caterina da Siena. Il potere di una madre non madre”, introdotta dalla giornalista Arianna Boria.
Tutte le lezioni saranno registrate e messe a disposizione dei lettori sul sito de “Il Piccolo”. Venti posti nelle prime file sono stati riservati alla community Noi Il Piccolo.
MARIA GIUSEPPINA
MUZZARELLI
Caterina di Iacopo di Benincasa (Caterina da Siena) è caso di donna che ha travalicato i limiti imposti al suo genere. In un tempo in cui alle donne era precluso far sentire la loro voce ha indirizzato parole di fuoco ai potenti, in un tempo in cui le donne erano ristrette in casa si è incamminata per le strade d’Europa, in un tempo in cui il destino di madre era inevitabile, Caterina non è mai stata tale pur essendo chiamata madre e pur agendo da madre. La sua figura e la sua storia sono piene di contraddizioni a partire dal fatto che si colloca al tempo stesso dentro e fuori dal recinto della Chiesa in quanto terziaria domenicana. Fra un’aporia e l’altra ha dimostrato determinazione e coraggio, quel coraggio che incitava papi e potenti ma anche uomini e donne semplici ad avere per affrontare “virilmente” le sfide.
Per riuscire ad affermare la sua volontà, che era quella di sottrarsi al destino matrimoniale per farsi sposa di Cristo, si sfinì di digiuni e penitenze facendo della debolezza del suo corpo un’arma potente. Si sono fatte molte letture della sua vita piena di eccessi: troppi digiuni, troppi pericoli forse anche troppo coraggio ma anche troppa ingenuità. Ora è stata considerata campione della spiritualità femminile, ora “vero politico”, ora prima anoressica (lettura proposta dalla storiografia americana).
Qui si vorrebbe insistere su un elemento che segna fortemente la sua azione e ricorre nelle sue Lettere, un elemento che mette in luce il potere di una donna che si definisce ultima, “serva e schiava de’servi di Gesù”. Il suo potere è quello di una madre che partecipa alla vita dei figli per indirizzarli, esortarli, condizionarli indicando preferenze che sono autentici precetti. Le 383 Lettere di Caterina recano tracce di questa impronta a partire dalla formula con la quale tutte cominciano: “ Io Caterina …scrivo a voi con desiderio di” espressione apparentemente flebile ma di imperiosa potenza. Segue la specificazione dei desiderata: fate virilmente, oppure portate vera pazienza ma anche sappiate conoscere il tempo mentre voi l’avete e così via. Ciò consente di far rientrare il suo modo d’agire nell’ambito del profilo di quella che Ernst Bernhard, psicanalista tedesco vissuto in Italia dal 1938 fino alla morte nel 1965, ha definito la Grande Madre Mediterranea, figura chiave che permette di schiudere l’enigma dell’anima italiana.
Grande e Italiana non c’è dubbio in quanto figura singolare ed altissima canonizzata nel 1461 nonché patrona d’Italia dal 1939 (data significativa), dottore della chiesa, lei che sapeva appena scrivere, e patrona d’Europa dal 1999.
Verso il 1370 cominciò ad occuparsi di politica in modo appassionato ed ingenuo, con quel coraggio virile che sollecitava nei suoi “figli” arrivando a minacciarli di far sapere a Dio le loro manchevolezze:” Fate sì che io non mi richiami a Cristo crocifisso di voi; chè ad altro non mi posso richiamare, che non ci è maggiore in terra” (lett. CCLV).
Ha raggiunto Gregorio XI ad Avignone spronandolo a tornare, ha apostrofato con durezza quanti non riconobbero in Urbano VI il successore di Gregorio XI, ha esortato instancabilmente, lei donna provata da digiuni estenuanti, ad avere coraggio, a combattere “senza veruno timore”. Raccomanda e dispone fino all’ultimo come si ricava dalla lettera-testamento indirizzata a Raimondo di Capua, suo padre spirituale ma quasi figlio.
Muore di stenti a 33 anni offrendo la sua vita per le cause in cui ha inossidabilmente creduto. Non ha ottenuto praticamente nulla di quanto bramato, ha suscitato dubbi ma anche forti consensi ed ha lasciato un segno indelebile, un’orma lieve e profonda insieme, segno di forza e debolezza, di eminenza e di umiltà, tutti ossimori che culminano nel suo essere non madre ma Grande Madre Italiana. La sua figura di madre energica e dominativa, esigente e capace di sacrifici, piacque molto in epoca fascista quando si è enfatizzato un supposto comportamento patriottico di Caterina.
Ha scritto di lei papa Urbano VI “questa piccola donna ci confonde…lei rimane impavida noi no”: ha perso, è vero, le cause per cui ha combattuto ma ne ha guadagnata una formidabile, l’ avere offerto un modello di potente partecipazione virile e insieme femminile, fuori dai generi, fuori dagli schemi ma dentro la storia.
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