Cartoline di mare di Serse Roma fatte in punta di grafite

“Il mare è il tuo specchio; contempli la tua anima nello svolgersi infinito della sua onda...”. Questi versi di Charles Baudelaire racchiudono dolcemente l’essenza della personale “Cartoline di mare” di Serse Roma presentata da Riccardo Caldura ed esposta nell’atrio monumentale dell’Asp-Itis a Trieste fino al 12 gennaio.
C’è un sentire romantico nelle opere che ritraggono la trasparenza del mare e che a prima vista ingannano l’occhio mostrandosi quasi delle fotografie. L’artista invece si esprime dettagliatamente attraverso il disegno e il movimento controllato della mano; la grafite è per Serse un elemento affascinante, pregno di racconti e sfaccettature.
«Nella scala di durezza dei materiali - dichiara l’artista - alla grafite viene conferito un valore tra i più bassi. La sua composizione è il carbonio che per le sue proprietà allotropiche trasforma le sue caratteristiche fisiche nel più alto grado di durezza, nella più preziosa e nobile forma: il diamante».
Proprio la possibilità di mutamento, di composizione, di trasformazione è il terreno fertile per la creatività di Serse che con meticolosità e costanza realizza paesaggi marini emozionanti. Vi è descritta una dimensione interiore in quelle opere, sia di colui che le ha eseguite sia di coloro che le osservano. «Dare visibilità - scrive Riccardo Caldura - alla condizione fluida per eccellenza, in costante mutamento, è stata da sempre una sfida per le arti. Se potessimo immaginare due estremi nella scala di rappresentazione dell’acqua, questi potrebbero essere la goccia e il mare, il dettaglio e lo sconfinato».
Cartoline di mare è una nuova produzione di Serse Roma costituita da opere di piccole dimensioni che si ispirano alla poetica di Nico Orengo. La personale è stata organizzata in concomitanza e in collaborazione con Barcolana 51 e grazie al supporto di Galleria Continua (San Gimignano, Beijing, Le Moulin, Habana).
Nelle opere di Serse la natura è vicina eppure ancora incomprensibile, indecifrabile nella propria esaltante alchimia. L’estraneità non è elargita dall’assenza di colore o dai riflessi cangianti della materia liquida, piuttosto dall’assoluta mancanza della presenza umana.
Nella scala cromatica il nero profondo della grafite e il suo punto più intenso di durezza del diamante rappresentano una contrapposizione nelle cui pieghe si possono introdurre infinite varianti. L’artista si muove mediante il linguaggio veritiero del disegno e la sua rappresentazione passa attraverso l’indagine ammaliante di luce ed ombra. —
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