Carrisi nel labirinto del coniglio Bunny

Scala le classifiche l’ultimo thriller per Longanesi
Donato Carrisi è uno scrittore che ama il rischio e l’azzardo. Non ha paura di ripartire ogni volta da zero, di rimettersi in discussione. E del resto un autore di oltre tre milioni di copie, tradotto in 28 paesi, può permettersi di non avere un personaggio fisso, un commissario o un detective a cui abbarbicarsi e capace di sedurre i lettori a ogni uscita. In verità s’era inventato Mila Vasquez e Marcus e Sandra, personaggi che funzionavano, ma Carrisi gradatamente si è liberato di loro. Pensa di non aver bisogno di rendite editoriali. La crime story deve restare il cuore dei suoi thriller, è una sorta di esploratore che si diverte ad avventurarsi su nuovi sentieri, quelli della criminalità più bacata e crudele.
Donato Carrisi
(che stasera sarà ospite in prima serata a Colorado, su Italia 1) maneggia bene la materia, è un profondo conoscitore degli abissi del Male, li ha studiati a fondo grazie anche a una specializzazione in criminologia e scienza del comportamento. Si è laurerato con una tesi su Luigi Chiatti, meglio conosciuto come il mostro di Foligno. Già questo dice molto.


Adesso rilancia con
“L’uomo del labirinto”, (Longanesi, pagg 400, euro 16,15)
, un thriller da urlo, metà d’azione e metà psicologico. Un bel mix. Aveva cominciato la sua scalata nel 2009 con il “Suggeritore”, ormai considerato un romanzo cult nel suo genere che gli ha dato fama e ricchezza. Una piccola curiosità, tutta triestina. Quel libro d’esordio era da poco uscito quando l’emergente Carrisi fu invitato dalla libreria “Minerva” per una presentazione al bagno Ausonia. Otto anni fa nessuno ancora se lo filava e a quell’incontro letterario nella zona piscina, sotto i trampolini, c’era una dozzina di persone, tra bagnanti in accappatoio che si stavano asciugando prima di prendere la strada verso casa e giovinastri che rubavano l’ultimo tuffo prima della chiusura. Ma tra schizzi d’acqua, vaghi odori di abbronzante al cocco, non fu difficile capire che quel ragazzo sarebbe arrivato lontano. Carrisi punta molto sulla storia, se ne frega del contesto sociale, i suoi personaggi sono funzionali a quello che deve raccontare e solo su quello si concentra per catturare il lettore. In quest’ultimo libro la città in cui è ambientato non ha neanche un nome. Non serve. Ed è sicuramente il più americano dei giallisti italiani, soprattuttto quanto a ritmo e suspence ma meno superficiale di tanti suoi colleghi statunitensi. Il Male, nelle sue varie forme, resta l’unico vero protagonista dei suoi libri. Ed è così anche in questo suo ultimo lavoro che si è già inerpicato in classifica “trainato” dal film “La ragazza nella nebbia” (tratto da un suo precedente romanzo) con Tony Servillo che ha riempito le sale cinematografiche.


La crime story ruota attorno a Samantha Andretti, la ragazzina viene rapita da un mostro con le sembianze di un coniglio gigante. Nel successivo capitolo la ritroviamo salva ma psicologicamente “infettata”. Il suo carceriere la sottoponeva a giochi, indovinelli e rompicapo e quando lei sbagliava risposta arrivava puntuale la punizione. Carrisi non ha proprio pietà per il lettore, gli sferra un primo durissimo colpo allo stomaco dopo poche pagine quando si scopre che quella che la polizia sta interrogando con l’ausilio di un profiler non è più una adolescente. È una donna, sono passati quindici anni dalla sua cattura. Il profiler è il dottor Green che va a caccia dei mostri non all’esterno ma nelle mente delle vittime, pescando indizi nei loro ricordi. Ma non è l’unico sulle tracce del mostro, c’è anche l’investigatore privato Bruno Genko, molto malato (il suo termpo è praticamente scaduto) ma deciso a riprendere in mano un caso che quindici anni prima si era rivelato un buco nell’acqua. È quello che per primo riesce a stanare il coniglio Bunny ma è un’indagine estremamente pericolosa. Carrisi ha l’abilità di trascinare il lettore nel suo labirinto e di liberarlo solo dopo avergli regalato un colpo di scena finale, l’ultimo pugno allo stomaco. Da vero signore del thriller, come hanno già sottolineato Ken Follett (con un tweet) e Michael Connelly (con una mail) dopo aver letto il “Suggeritore”.


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