Carlotta, l’imperatrice depressa
La mancata sovrana del Messico tornò in patria dopo la morte tragica del marito. Già a Miramare però aveva iniziato a dare i segni del suo squilibrio mentale
Cade oggi, domenica 19 gennaio, l’anniversario della morte di Carlotta del Belgio, moglie di Massimiliano imperatore del Messico e come al suo funerale, ghiaccio e neve infuriano sul castello di Bouchot, residenza dell’imperarice alle porte di Bruxelles. Anche qui, come a Miramare, da ogni finestra si vede l’acqua, ma non è mica il mare.
È un cupo stagno che tira giù tutto il grigio del cielo. Il castello di pietra bianca è immerso in un grande parco e nelle poche sale visitabili è allestita una piccola mostra che ne narra la storia, da fortezza medievale a residenza di Carlotta. È rimasta intatta la sala azzurra, sua preferita, dove la vedova di Massimiliano dipingeva e ricamava. Fra una crisi di pazzia e l’altra, nei lunghi anni che passò a rimuginare la tragica morte del marito e a ripercorrere i suoi inutili tentativi per salvarlo.
Tornata dal Messico, Carlotta vagò invano da una corte all’altra in cerca di sostegno per il vacillante impero transatlantico. Nessuno volle aiutarla ma il vero traditore, l’unico che avrebbe potuto salvare Massimiliano e invece lo abbandonò al suo destino, fu Napoleone III. Quello che aveva avuto l’idea di insediare in Messico un Asburgo per contrastare l’espansione britannica in Nordamerica e che poi aveva proditoriamente rimpatriato il corpo di spedizione che avrebbe dovuto proteggerlo per prepararsi alla guerra contro la Prussia.
Così nei suoi deliri l’infelice Carlotta si perdeva in discussioni incoerenti in francese, inglese, tedesco, italiano e spagnolo con interlocutori immaginari, fra cui sempre spuntava Napoleone III.
Sulla sua pazzia si è congetturato di tutto, perfino che fosse stata provocata da un lento avvelenamento tramato alla corte messicana. Ma l’ipotesi più probabile è una psicosi causata da diversi fattori: la prematura morte della madre, il rigore religioso, la mancanza di una vita coniugale, le grandi aspettative, le uguali delusioni e il culto fanatico della memoria di Massimiliano. Carlotta non fu mai solo moglie ma autentica imperatrice, con un ruolo attivo nel governo della colonia e sue proprie idee di riforme politiche.
Ma già a Miramare nel 1866 il medico di corte le aveva diagnosticato una mania di persecuzione e allora i suoi tutori austriaci non avevano esitato un attimo a sequestrarla nel suo castello fino a quando il fratello Leopoldo II non riuscì a rimpatriarla. Solo allora Carlotta seppe dell’esecuzione di Massimiliano e lì cominciò il suo lento declino mentale. Che però non le impedì una lunga vita durante la quale assistette, pur senza accorgersene, al tramonto di un’epoca, al crollo degli Asburgo e all’apogeo del suo piccolo Belgio che con la feroce conquista coloniale di suo fratello diventò una piccola superpotenza. Quando i tedeschi occuparono Bruxelles nel 1916, re Alberto I dovette fuggire ma Carlotta non ebbe alcun fastidio dall’esercito invasore. Perché il vecchio generale prussiano Moritz Ferdinand von Bissing si ricordava ancora dell’imperatrice del Messico e ordinò alle sue truppe di non varcare i cancelli del bianco castello su cui sventolava il vessillo della casa d’Austria. Ora Carlotta è sepolta a sette chilometri da Bouchot, nella cripta di Notre-Dame de Laeken, la cattedrale che Leopoldo II fece costruire per la dinastia belga. La sua sagoma svetta nera e lugubre sul quartiere un tempo elegante di cui il sovrano voleva fare la sua Versailles.
Il progetto si arenò e tutta l’area fu definitivamente snaturata dall’esposizione universale del 1958. Oggi Laeken è una periferia squallida, attraversata da un groviglio di svincoli autostradali che scavalcano il canale portuale con i suoi grigi capannoni e le sue case popolari di mattoni anneriti dallo smog e abitate da una popolazione di immigrati. Alla messa quasi tutti i fedeli sono africani, anche il sacerdote. Le coriste cantano in lingala e ancheggiano quasi ballando davanti alla statua di suor Teresa di Calcutta. La cripta è un antro glaciale, scolpito nella stessa pietra di Bouchot, con al centro l’imponente tomba del capostipite Leopoldo I e attorno i catafalchi degli altri sovrani. Carlotta è sepolta in una cappella laterale dentro un loculo qualunque. Lontano dalla cripta dei Cappuccini dove riposa Massimiliano, da Trieste e da tutto quel mare che l’aveva ubriacata con sogni di gloria. Qui giace come in castigo, una parente scomoda, appunto una matta, che nessuno in famiglia vuole ricordare. —
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