Carlo Verdone all'Amidei di Gorizia: «Racconto l’uomo fragile» VIDEO

Sabato alle 21 al parco Coronini Cronberg l’attore e regista ritira nel capoluogo isontino il riconoscimento Opera d’Autore: «Nel 2017 un nuovo film che vi stupirà». Alle 18 tavola rotonda al Kinemax di piazza Vittoria
Carlo Verdone
Carlo Verdone

GORIZIA. In questa edizione tutta italiana, il 35.o Premio Internazionale di Sceneggiatura Sergio Amidei assegna il Premio Opera d'Autore a Carlo Verdone. Il regista, anche attore e sceneggiatore, torna a Gorizia, dov'era già stato ospite nel 2005, per ritirare il riconoscimento dalle mani degli organizzatori, sabato sera, alle 21, al parco Coronini Cronberg.

Sarà inoltre protagonista della tavola rotonda "In un tic: l'arte comica in sintesi", che si terrà alle 18 al Kinemax di piazza Vittoria, a cui interverranno anche il direttore artistico Mariapia Comand ed Enrico Magrelli (Hollywood Party).

Cinema, Carlo Verdone all'Amidei di Gorizia

Non è difficile intuire le ragioni dell'omaggio a Verdone, erede della tradizione della commedia sociale, genere che ha saputo rinnovare fin dagli esordi arricchendolo di riferimenti culturali e cinefili, pur conservando sempre intatta la sua impronta popolare. Attento a osservare la gente comune e le trasformazioni della società, Verdone, nei suoi tanti alter ego, goffi, impacciati, perennemente inadeguati, ha fatto da ponte tra la generazione dei grandi "colonnelli della risata" e una nuova stagione di comicità. Anche rivolgendosi al grande pubblico, la matrice culturale dell'autore resta comunque in primo piano. Figlio dello storico del cinema Mario Verdone, la sua casa era abitualmente frequentata da attori, registi e intellettuali. Inevitabile, quindi, subire il fascino della settima arte fin dalla giovanissima età. Il legame con il cinema dei "giganti" Totò, Fellini, Sordi, Germi, è evidente.

Cinema, Silvia Scola all'Amidei: «Devo tutto a mio padre Ettore»
Silvia Scola

«Guardo ai maestri e al grande cinema italiano degli anni '50 e '60 con la massima devozione - racconta -. Per loro e soprattutto per i grandi sceneggiatori che ne scrivevano le storie». «Ma io - continua - ho vissuto un'epoca profondamente diversa dalla loro. Non ho dovuto affrontare traumatici cambiamenti storici, ed era anche finita la stagione di ottimismo che regnava negli anni '60, prima che cominciassero le tensioni sociali».

«Negli anni '80 ci chiamavano "i nuovi comici" - prosegue l’attore e regista - perché guardavamo a una diversa realtà. Abbiamo raccontato uomini messi all'angolo dalle donne, figure femminili che erano diventate più forti. Io e Troisi, in parte anche Nuti, abbiamo vissuto la stagione del post-femminismo interpretando maschi fragili, che dovevano rapportarsi con donne determinate e un po' lunatiche. Abbiamo descritto un mondo in trasformazione e personalmente mi sono concentrato soprattutto sugli scontri generazionali, sui cambiamenti della famiglia: figli, padri, madri, amanti. È ciò che faccio ancora».

Alla soglia dei 40 anni di carriera, Verdone è impegnato in un nuovo progetto che vedrà la luce nel 2017, un racconto stavolta più corale, «ancora sul tema della fragilità relazionale, ma raccontata in una chiave inconsueta e in cui, spero, molti si riconosceranno».

L'omaggio dell'Amidei prevede anche una rassegna che comprende sia alcuni film "chiave" della filmografia di Verdone ("Bianco, rosso e Verdone", "Borotalco", "Compagni di scuola", "Maledetto il giorno che ti ho incontrato", "Gallo cedrone"), che altri scelti da lui personalmente. Film ("Lo sceicco bianco", "Signore e Signori", "Io la conoscevo bene", "Una vita difficile", "Divorzio all'italiana") cui si sente particolarmente legato perché, ricorda, «da ragazzo, al Film Studio o al cineclub Tevere, dove si facevano le rassegne di cinema, li guardavo e riguardavo».

Così come non ama eccessivamente essere definito l'"erede" di Sordi, alla domanda su un suo possibile successore non accenna, come ci si potrebbe invece aspettare, a Checco Zalone, nuova "maschera" del cinema italiano. Riconosce invece il talento di molti emergenti, in primis i pluripremiati Gabriele Mainetti, di cui ha apprezzato il recente esordio "Lo chiamavano Jeeg Robot" e il Paolo Genovese di "Perfetti sconosciuti". Con un solo piccolo rammarico: che a scrivere per il cinema non ci sia più, come accadeva una volta, una squadra di narratori prestati al cinema dalla letteratura.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo