Carla Fracci torna alla Scala Accompagna Giselle on line con una masterclass

Manuel Legris, il nuovo direttore del ballo del teatro milanese le ha chiesto di collaborare Sabato 30 gennaio su Rai 5 primo balletto della rassegna
15/10/2017 Roma. Rai trasmissione tv, nuova edizione di Domenica In. Nella foto Carla Fracci
15/10/2017 Roma. Rai trasmissione tv, nuova edizione di Domenica In. Nella foto Carla Fracci



La Eleonora Duse della danza. Così l’hanno definita per le sue doti drammatiche. Ma è solo un aspetto della personalità artistica di Carla Fracci, icona della danza italiana, spirito battagliero, origini proletarie: il padre era tramviere. Una grande Giulietta, una grande Giselle, insieme a tutte le principali eroine che ha interpretato nella sua lunga carriera. Ha ballato con i più grandi, da Nureyev a Baryshnikov. Moderna incarnazione della ballerina romantica è stata anche una coinvolgente tragédienne. Duse, appunto: fu anche chiamata a interpretare Giuseppina Strepponi, moglie di Verdi in una fiction tv.

Oggi, a 85 anni, li compie il 20 agosto, Carlina, come la chiamano nell’ambiente, dopo molto tempo di assenza torna alla Scala, il teatro dove è nata e a lungo ha raccolto allori, compresa una nomina alla direzione del ballo, subito lasciata con polemiche. Da allora non è praticamente più comparsa sulla scena scaligera, in una lunga carriera in cui è stata anche direttrice del ballo all’Opera di Roma. Ora il francese Manuel Legris, nuovo direttore del ballo del teatro milanese, già étoile dell’Opéra di Parigi, ha richiamato la Fracci. La danzatrice è infatti coinvolta in alcune iniziative intorno a Giselle, il balletto che andrà in onda sabato 30 gennaio alle 20 su Rai5, primo di una stagione tutta on line.

Cosa pensa di questo ritorno?

«È una grande occasione, una bella gratificazione. Mi ha fatto molto piacere l’invito di Manuel Legris. È una personalità davvero notevole».

Alla Scala ha iniziato, perché qualcuno la vide ballare con suo papà...

«È andata proprio così. Ho frequentato la scuola della Scala su consiglio di una signora che mi vide ballare al dopolavoro tramviario con mio padre. “Questa bambina ha molta musicalità” disse. Allora la scuola era gratuita, altrimenti i miei non avrebbero potuto permetterselo. Così mi presentai. Mi misero fra le candidate da rivedere perché avevo un “bel faccino” dissero. Poi fui accettata. E pensare che papà mi chiamava “gambe di sedano”».

Duse della danza: a chi deve questa definizione?

«Fu Clive Barnes, il critico del New York Times, a titolare così una recensione dopo una mia Giselle a New York».

Giselle fa parte del suo bagaglio più intimo.

«L’ho danzata credo in tutte le parti del mondo, dal Giappone al Sudafrica e anche nel cortile del castello del Valentino a Torino. Questa produzione della Scala è un allestimento dall’originale di Coralli e Perrot realizzato dall’étoile francese Yvette Chauviré, indimenticabile in questo ruolo».

Ha potuto conoscerla?

«La Chauviré è stata il mio punto di riferimento per tutta la carriera. Ho avuto l’onore di danzare con lei davvero molti anni fa al Festival di Nervi».

Con quanti danzatori ha fatto coppia in Giselle?

«I miei Albrecht sono stati Erik Bruhn, Rudolf Nureyev, Vladimir Vasiliev, Gheorghe Ianku, e molti altri».

Ha ballato anche con Baryshnikov. Due russi, Rudy e Misha, così diversi.

«Entrambi infinitamente innamorati della danza. Potevano sembrare stravaganti, soprattutto Nureyev, invece due esempi di dedizione di altissimo livello. Si dice che Nureyev non avesse un bel carattere. Che fosse irascibile. Era molto competitivo e metteva a dura prova la ballerina. La sua energia era pazzesca, ma anche la sua generosità. Anche con Baryshnikov abbiamo fatto coppia spesso, dal festival di Spoleto all’American Ballet Theatre, quando fu direttore».

Su cosa si concentrerà la sua masterclass?

«Ci sono due Giselle, Martina Arduino e Nicoletta Manni, protagoniste una del primo, l’altra del secondo atto. Lavoriamo sulla scena della pazzia per il primo, per il secondo su diversi momenti solistici».

È importante portare la danza in tv come fa Roberto Bolle?

«Tv e internet sono mezzi che non si possono ignorare. Anzi. M perché la danza continui a vivere e non sia solo memoria lo Stato deve sostenere iniziative legate alla danza professionale». —

Riproduzione riservata © Il Piccolo