Bubola: «Le mie canzoni sulla Grande guerra»

Stasera a Trieste il cantautore che ha legato il proprio nome a tanta parte della produzione di Fabrizio De Andrè
Di Gianfranco Terzoli
Poesiafestival '13 Massimo Bubola a Marano S.P ph© BARACCHI-CAMPANINI
Poesiafestival '13 Massimo Bubola a Marano S.P ph© BARACCHI-CAMPANINI

TRIESTE. Un poeta rock. Stasera alle 21 al Naima di Viale XX Settembre (ex Macaki) arriva Massimo Bubola, cantautore di culto che in quarant'anni di carriera vissuta con coerenza ha scritto pagine importanti della letteratura rock italiana, firmando brani per Fiorella Mannoia, Roberto Vecchioni, Pfm e, naturalmente, Fabrizio De Andrè. L'evento, benefico e a ingresso libero, è promosso da Trieste is Rock in collaborazione con il gruppo facebook Nimdvm, impegnato nel sociale raccogliendo fondi destinati ad associazioni o singoli cittadini in stato di necessità. Bubola sarà accompagnato dalla Eccher Band (Enrico Mantovani, chitarre, Alessandro Formenti, basso e Virginio Bellingardo, batteria). La prima parte del concerto sarà dedicata alla Grande Guerra, tema del suo ultimo album e già oggetto di un cd del 2005, “Quel Lungo Treno” e prima ancora di “Andrea”, capolavoro scritto a 4 mani con De André, mentre nella seconda ci sarà spazio per brani immortali come “Don Raffaè” o “Fiume Sand Creek”. “Il Testamento del Capitano” rielabora alcune vecchie canzoni unendole ad altre scritte appositamente.

«Si potrebbe dire – rivela Bubola - che quella è la nostra musica folk, perlomeno quella delle Tre Venezie: canzoni che i nostri nonni ci cantavano quando eravamo bambini. Grandi melodie e grandi testi che rappresentano un patrimonio popolare. Ho svolto un lavoro su due binari: il primo di tipo filologico, cioè riportandole in vita come sono state composte in origine per poi inserirle in un filone folk europeo. Il cognome Bubola viene da Buie. Ho origini istriane, madre padovana e padre veronese. Ho scritto anche in dialetto napoletano e pure in sardo e in siciliano. Le canzoni popolari sono la nostra identità».

Imprescindibile la collaborazione con De Andrè.

«Sia pur giovanissimo avevo due dischi alle spalle e sono state credenziali sufficienti perché si interessasse a me. Oggi ci sono tantissimi vecchi e nuovi estimatori di De Andrè e della musica d’autore italiana, ma, pur vantando una buona cultura, non esercitano un po’ di curiosità in più, come faceva lui, per scoprire altri autori. Ho letto che Faber ha scritto circa 90 canzoni assieme ad altri e 96 da solo. Io ne ho scritte 320. Non entro nel merito della qualità, ma 21 dischi sono comunque tanti. Per farmi conoscere ai più non è bastato scrivere una canzone che ha venduto un milione di copie come “Il cielo d’Irlanda”. Ma non sono mai sceso a compromessi per raggiungere un successo maggiore. Penso che di me si possa dire che sono corretto e coerente: ci tengo molto».

Musicalmente Bubola si definisce onnivoro.

«Ascolto molta musica italiana, classica e opere, ma anche indiana, cinese, americana, blues quando sono giù e rock in generale. Sono nato come chitarrista elettrico. Da giovane ho amato i Rolling Stones. Scrivo il testo assieme alla musica - continua - e quando scrivo le parole ho già il suono in mente. È un po’ come fare il pittore: ho eseguito molti ritratti come quelli di Garibaldi in “Camicie rosse” o di Tina Modotti in “Tina”. Sono abituato a scrivere di getto, come i giornalisti, anche un pezzo al giorno. Non amo chi scrive 3 pezzi in 16 anni e ha ripensamenti continui».

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