Brunori, il concerto di Trieste slitta a giovedì. «Il mare? Mi attrae e mi spaventa»

Il cantautore doveva esibirsi oggi in Porto vecchio: l’incognita meteo. «Terribile non poter abbracciare i miei fan per le regole di distanziamento»
Brunori Sas
Brunori Sas

La prima volta a Trieste per Dario Brunori, in arte Brunori Sas, uno dei cantautori più interessanti di questi anni, era stata come ospite a “I nostri angeli” al Rossetti nel 2018; torna in concerto domani alle 18 in Porto vecchio accompagnato da «un trio energico, sulla scia del folk rock nord americano, batteria, pianoforte acustico e elettrico, chitarra acustica». Il concerto doveva svolgersi oggi, ma le previsioni meteo hanno consigliato il rinvio. 999 posti, sold out nel giro di pochi minuti per l’evento del Comune (con Vigna PR e Fvg Music Live): «C’è fame, bisogno di musica dal vivo – continua Brunori – e di un certo tipo di aggregazione, per quanto limitata. È un segnale per la cultura nel nostro paese perché vuol dire che le persone desiderano provare emozioni insieme».

Conosce la Barcolana?

«Con le barche non ho un gran rapporto, il mare da sempre mi attrae ma anche mi spaventa, nella mia scrittura c’è spesso il mare come idea di profondità, ma c’è qualcosa che m’inquieta; sono cresciuto in Calabria che dai forestieri viene vista come terra di mare, in realtà è una terra di montagna e io mi sento un montanaro».

A proposito di montagna: a luglio ha suonato ai Laghi di Fusine.

«Nei giorni successivi mi sono fatto anche una vacanzina a Trieste. Nel 2018 avevo suonato, sempre per il No Borders, a Sella Nevea: proprio quell’esperienza mi ha dato l’idea dei concertini acustici di quest’estate. Abbiamo dovuto fare di necessità virtù (il tour nei palazzetti slitta al 2021). Nonostante si tratti di eventi contingentati, dal retrogusto amaro, è stato bello riprendere a suonare in questi luoghi. Sapere che dopo uno stop saremmo ripartiti con un live in alta montagna ha avuto un significato, sono molto contento di averlo fatto, non potendo girare con una produzione completa ci siamo dovuti sforzare di rimodulare il live in chiave più acustica ed è stato bello».

Come gestisce il distanziamento con i fan?

«È molto difficile dire di no, io sono un abbracciatore compulsivo. Quando facevo i firmacopie abbracciavo tutti, un po’ per la mia indole meridionale un po’ per la mia ricerca di contatto con le persone che mi seguono. Sembrano sciocchezze ma anche vedere il pubblico che assiste ai concerti con le mascherine, con spazi vuoti necessari per il distanziamento non è proprio una bella sensazione, a volte mi sembra di vivere in una puntata di “Black Mirror”. Ci stiamo facendo l’abitudine ma mi auguro che sia solo una parentesi».

Il suo quinto album “Cip!”, uscito a gennaio, ha vinto la Targa Tenco.

«Non mi posso lamentare, considerando quello che è accaduto il disco è andato bene, certo pensando che eravamo lì lì per partire con il tour posso immaginare che ci sarebbero stati ulteriori risultati. È un disco sull’aggregazione, sulla necessità di tenere assieme le persone, dal punto di vista strutturale è il più semplice che ho scritto finora proprio perché volevo che fossero canzoni da cantare insieme in un contesto ampio, quindi mi sono trovato un po’ a perdere il senso del disco stesso».

Durante il lockdown si è battuto per i diritti dei lavoratori della musica.

«Si è creata una premessa: facciamo lavorare tante persone che magari non si vedono e non era scontato per l’opinione pubblica e i politici. E un precedente: si è riunito un gruppo che vuole dialogare affinché ci sia un riconoscimento della dignità della musica, dire a chiare lettere che è un settore che fa cultura, produce reddito e che in questo momento è tra i più colpiti e va aiutato». —


 

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