Boncompagni, intelligente leggerezza

Ha firmato “Alto gradimento” e “Bandiera gialla” e inventato format che guardavano al futuro
Di Gabriele Sala
Gianni Boncompagni ritratto a Sanremo il 25 febbraio 1998 in occasione del 48/o Festival della canzone italiana. ANSA/CLAUDIO ONORATI
Gianni Boncompagni ritratto a Sanremo il 25 febbraio 1998 in occasione del 48/o Festival della canzone italiana. ANSA/CLAUDIO ONORATI

«A tutti i maggiori degli anni 18, a tutti i maggiori degli anni 18, questo programma è rigorosamente riservato ai giovanissimi», annuncia lo speaker. Poi la sigla, affidata a Rocky Roberts. È il 1965 quando Gianni Boncompagni e Renzo Arbore aprono così Bandiera gialla, primo programma nella storia della radio italiana a spalancare le porte alla Swingin' London come a Battisti e a Patty Pravo, rileggendo la cultura Beat e portando scompiglio nella Rai di Ettore Bernabei. Un titolo diventato un manifesto del divertimento, dell'umorismo goliardico con cui Boncompagni e Arbore rompono tutti i codici della comunicazione, prima di diventare inventori e mattatori di “Alto gradimento”, che ribalta l'ufficialità della radio sull'altare dell'improvvisazione e del nonsense. Quell'ironia, cifra tipica delle sue origini aretine, è stata l'anima di tutta la lunga carriera di Boncompagni, morto il giorno di Pasqua a 84 anni nella sua casa romana, assistito dalle figlie Claudia, Paola e Barbara, che piangono l'«uomo dai molti talenti» e il «padre indimenticabile». Oggi, dalle 12, la camera ardente nella sede Rai di via Asiago 10.

È del 1977 il debutto in tv, con Discoring, poi è la volta di Pronto, Raffaella, condotto da Raffaella Carrà, di cui è pigmalione e fidanzato decennale. Poi Pronto chi gioca? (1985), con Enrica Bonaccorti. Dall'87, per tre anni, crea e realizza Domenica in. Nel 1991 il passaggio a Mediaset, dove lascia subito il segno con Primadonna, condotto da Eva Robin's, e soprattutto con “Non è la Rai”, programma che lancia Ambra Angiolini - complici i suggerimenti di Boncompagni via auricolare - come reginetta dei teenager. Tornato alla Rai, nel 1996-97 firma due edizioni di Macao (la prima con Alba Parietti, poi esclusa), la cui seconda stagione chiude per ascolti deludenti. Stop anticipato anche per “Crociera”, che finisce al centro delle polemiche sulla tv trash. Nel 2002 il rilancio con il “Chiambretti c'è” tra informazione e varietà, poi tra il 2007 e il 2008 dirige e conduce Bombay su La7. Nel 2008 è di nuovo complice della Carrà nell'esperienza di Carramba che fortuna su Rai1.

Padre della tv leggera, intelligente e imprevedibile, Boncompagni firma anche celebri hit musicali come “Ragazzo triste” di Patty Pravo e “Il mondo”, successo mondiale lanciato nel 1965 da Jimmy Fontana, nonché tutte le hit della Carrà, da “Tuca tuca” a “Tanti auguri” a “A far l'amore comincia tu”. Allergico ai format, negli ultimi tempi si allontana dal mondo della tv: «Oggi guardo molto Sky, Maurizio Crozza su La7, History Channel o i film. Sulla Rai solo L'eredità, forse perché mi sento molto bravo nel dare le risposte. Ma la tv in generale verrà vista sempre meno, anzi nei prossimi dieci anni scadrà. A guardarla ormai sono solo donne anziane semianalfabete, quelle che votano Berlusconi. I ragazzi non sanno neanche cosa sia. La tv di oggi è Internet, con tutto quello che comporta». E non nasconde i giudizi critici anche nei confronti della Rai: «A Viale Mazzini - diceva in occasione degli 80 anni - non ci sono più i direttori, i funzionari: sono tutti extracomunitari, che accendono fuochi, mangiano salsicce. Non fanno più niente, non ci sono interlocutori. Molti non sanno leggere. Non puoi portare una proposta scritta, ma solo orale».

«Io e Gianni eravamo una vera coppia, ci compensavamo, come succede per le coppie vere. È stata una magia». Trattiene a stento le lacrime Renzo Arbore. «Una magia nata tra i banchi di scuola - racconta - al corso per maestri programmatori di musica leggera. Ci vantavamo di essere gli ultimi entrati alla Rai per concorso, nel 1964. La nostra è stata una vita di amicizia artistica e umana straordinaria». Una volta Arbore ha definito Boncompagni uno dei 'maledetti toscani’ che ha conosciuto, «dopo Curzio Malaparte, Indro Montanelli, Giotto e Michelangelo»: «Eh sì - sospira - con quel maledetto toscano ho rinnovato la radio: negli anni '60 sembrava la sorella vecchia della tv, destinata a essere completamente soppiantata come strumento residuale, anziano. E invece con Bandiera gialla c'è stata la rivoluzione: la radio è diventata la beniamina dei giovani e ancora oggi è uno strumento che li appassiona. Con Gianni abbiamo inventato i teenager e la cultura Beat. Tutto questo con la caparbietà, lo sguardo verso il futuro, la voglia di non fare mai cose già viste e già sentite che lui aveva».

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