Bertolino: «I politici fanno ridere più dei comici»

Stasera al Teatro Bobbio l’attore milanese va in scena con “Casta-Away - La tempesta #cambiaverso”

TRIESTE. A Enrico Bertolino spetta il compito di chiudere stasera alle 20.30 al Teatro Bobbio di Trieste il Circuito Comici della Contrada. In scena con il suo ultimo lavoro "Casta Away- La tempesta #cambiaverso", l'attore milanese questa volta si immagina su un'isola deserta.... «Casta-away è uno spettacolo nato più di due anni fa - racconta Bertolino - nel post-berlusconismo e si è ritrovato nel pre-renzismo: due fenomeni simili accomunati dallo stesso ottimismo. In questo tipo di scenario ho scelto di rappresentare un naufragio e l'incontro tra due personaggi: il mio pianista (Teo Ciavarella) naufragato anni prima sotto il governo Monti, e il mio personaggio, naufrago con una crociera sotto il governo Renzi. Così mi trovo a raccontargli che cosa è successo nei quattro anni in cui è mancato, rendendoci conto che nulla è cambiato. Insieme ci interroghiamo se è il caso di tornare indietro, non trovandoci sull'Isola dei famosi».

Incalza Bertolino: «L'Italia è l'unico paese in cui la politica fa ridere più della comicità. Forse questo accade involontariamente, ma dovrebbe essere un'ingerenza reciproca che invece ai comici viene spesso negata. Se non fossero tragici, tutti questi personaggi coinvolti negli appalti, che promettono e non mantengono, tipiche figure goldoniane che starebbero benissimo nelle "Baruffe chiozzotte", risulterebbero comiche: d'altronde nell'antica Grecia comico e tragico erano le due facce della stessa medaglia».

Crede nel ruolo sociale della satira? «Credo sia una valvola di sfogo. E chi fa questo mestiere ha due strade: o si limita a fare il barzellettiere, il narratore di storie comuni - cosa che faccio anch'io quando vado a Zelig - oppure teatralmente si prende delle responsabilità».

Laureato alla Bocconi, Bertolino ha lavorato per più di dieci anni in banca e si è occupato di consulenze finanziarie. Cosa le ha lasciato quella esperienza? «Quello che mi ha insegnato di più è stato il lavoro quotidiano con le aziende. Il marketing e la finanza sono sempre legate meno alle tecnologie e più alle persone. Dopo la grande illusione degli anni 70 e 80, si sta tornando all'idea che le persone contano. Bisognerebbe tornare all'epoca rinascimentale, nella quale i talenti hanno fatto rinascere l'Italia: non avevamo niente allora come non abbiamo niente adesso, ma c'era Firenze cosmopolita che accoglieva una società multiculturale, mentre ora è indagata per l'Alta Velocità». Ma alla fine la sua visione è ottimista? «Faccio molto affidamento su di noi italiani, e spero che le persone che vengono a teatro possano sorridere con un retrogusto amaro che le faccia riflettere».

Giorgia Gelsi

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