Benni: «Preferisco lavorare con le attrici sono più versatili»

CIVIDALE. «È vero, preferisco lavorare con le attrici. Sono più versatili. Hanno la capacità di passare dal registro comico al drammatico. E sono vanitose. Gli attori maschi lo sono molto di più».
La sa lunga Stefano Benni, narratore prolifico, fantasista della letteratura, scrittore a 360 gradi. È naturale che una parte del suo lunghissimo elenco di titoli sia dedicata anche al teatro. E che nella sua testa, dove si affollano decine e decine di personaggi possibili, ipotetici, immaginari, le preferenze vadano a quelli femminili. «Dico sul serio: le attrici sono più versatili».
“Pecore nere” è il suo nuovo lavoro per la scena. Ha appena finito di scriverlo e, con lui stesso regista, fresco ancora di stampante, il copione va questa sera in scena a Mittelfest (Teatro Ristori alle 20). Per non smentirsi, Benni lo ha pensato per quattro attrici. “Pecore nere” racconta la notte in cui tre amiche, turbolente, squinternate, decidono di salvarne una quarta, finita in un ospizio, dimenticata da tutti. E lo faranno. Con l'aiuto della musica. Valentina Chico, Gisella Szaniszlò, Federica Del Col e Elisa Benedetta Marinoni - una bella promessa di teatro, diplomata qualche anno fa alla Accademia Nico Pepe di Udine - sono le quattro interpreti.
A differenza di tanto teatro, che oggi si fonda su indagini e su documenti, e porta in scena testimoni più che personaggi, quello di Stefano Benni è un teatro-ventaglio, di storie e figure fuori dell'ordinario. Come se il loro autore preferisse ogni volta seguire la direzione che va controcorrente.
«Non so se vado controcorrente. Mi sembra di essere un autore abbastanza tradizionale. Forse oggi cercare di raccontare è più nuovo rispetto a certe avanguardie che raccontano solo se stesse». Elegante colpo di baionetta a spettacoli (e se ne vedranno anche qui a Mittelfest, in questi giorni) dove realtà e fiction si confondono. Nel teatro di Benni sono invece le storie a prendere il sopravvento, ineguagliabili storie messe in bocca a potenti attrici. Come Lucia Poli, che del “fantastico bolognese” ha interpretato “Sorelle d'Italia”, “Lezioni di cattiveria” e un’ineffabile “Topastra”. Oppure Angela Finocchiaro, indimenticabile protagonista di “La misteriosa scomparsa di W”. O ancora attori a se stanti, come Antonio Albanese (“Concerto apocalittico per grilli, margherite, blatta e orchestra”) o Paolo Rossi (“Pop e rebelot”).
Proviamo a raccontarli, questi attori affezionati a Benni e da lui ricambiati, con due aggettivi, con un avverbio, quelle cose che solo scrittori bravi sanno fare bene. «Lucia Poli? Bella, dolce, diabolica. Come il suo grandissimo fratello. Angela Finocchiaro? Talento puro. Deve fare Shakespeare, o Beckett. Sarebbe la migliore anche lì. Paolo Rossi? Imprevedibile. Il fool del teatro italiano».
Per loro, Benni ha scritto soprattutto monologhi: «Il talento di un attore spesso ti spinge a modificare la tua scrittura. E anche se si tratta monologhi, genere per il quale mi considero più portato, il teatro è comunque un lavoro che si fa in due: chi scrive e chi interpreta». E allora ci dica, drammaturgo Benni, quale attore o quale attrice vorrebbe vedere interprete di un suo lavoro, magari già scritto, oppure nuovo, da poter scriverglielo addosso. «Ian mc Kellen, ma lo ammetto, è impossibile. E Anita Caprioli: ci siamo sempre detti di lavorare insieme, ma non ci siamo mai riusciti».
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