Beatrice Venezi: «Il Ratto dal Serraglio è un cristallo di Boemia con mille turcherie»
Debutta stasera al Verdi di Trieste il capolavoro di Mozart: «Il personaggio di Blonde è una femminista ante litteram»
Grande attesa per il debutto de “Die Entführung aus dem Serail” (“Il Ratto dal Serraglio”), il capolavoro di Wolfgang Amadeus Mozart che va in scena stasera - ore 20 - sul palcoscenico del Teatro Verdi di TGrieste nel nuovo allestimento della Fondazione Teatro Lirico G.Verdi per la regia/scene/costumi di Ivan Stefanutti e la direzione musicale del maestro Beatrice Venezi. «Sono davvero molto felice di essere ritornata a Trieste, città che mi piace in modo particolare tanto che mi fa sentire a casa. Qui mi sono trovata sempre molto bene anche a lavorare – dice Venezi -. Dopo il Flauto Magico dello scorso anno, sono davvero contenta di dirigere adesso un altro capolavoro mozartiano come Il Ratto dal Serraglio».
Maestro Venezi quali sorprese musicali ci riserva questo singspiel?
«È un’opera delicatissima come un cristallo di Boemia, molto difficile sotto il profilo musicale perché non c’è unità stilistica e presenta un linguaggio molto particolare, se vogliamo discontinuo rispetto, per esempio, a quello del Flauto Magico. La partitura è un intreccio magistrale tra le esigenze drammatiche e l’espressività musicale, perché ogni aria, duetto, intervento del coro, tutto è cesellato per definire i personaggi nella loro psicologia e peculiarità e, naturalmente, per dare linfa all’azione drammatica. E poi, non tanto sotto il profilo musicale ma soprattutto sotto la complessità delle emozioni, troviamo anche dei momenti che anticipano lo Sturm und Drang».
E poi ci sono le turcherie...
«Esattamente, Mozart è un vero maestro di turcherie, che sono presentate sempre con estrema eleganza e mai in senso caricaturale. E qui in modo particolare questa estetica viene utilizzata per esplorare quello che è il contrasto culturale tra mondo europeo e mondo mediorientale, che poi è il fulcro e il senso dell’intera opera. C’è sempre questo equilibrio sottile tra comicità e profondità drammatica, tra leggerezza e raffinatezza musicale, che si traducono in una riflessione ancora molto attuale su tante tematiche come l’amore, la libertà, il rispetto reciproco e il rispetto tra culture diverse».
Dei quattro protagonisti principali quale ritiene essere il più emblematico?
«La cosa che più mi colpisce è senz’altro la modernità del personaggio di Blonde, che ribalta totalmente il cliché della bionda stupida perché in realtà la ragazza furba, scaltra, intelligente è proprio lei. C’è qualcosa di veramente innovativo in questo personaggio, quasi una femminista ante litteram che afferma la propria identità con orgoglio e determinazione e che non teme di contrastare le usanze turche dicendo di essere una donna inglese nata per la libertà e rivendicando il rispetto che si deve alla donna europea. È lei che guida il dialogo e che manipola le situazioni a suo favore, per questo può essere vista in chiave molto contemporanea come un’anticipazione di tutte le discussioni sull’eguaglianza di genere, alla fine incarnando un simbolo piuttosto che una semplice spalla comica».
Se dovesse esprimere la preferenza per una pagina musicale in particolare cosa sceglierebbe?
«Sono indecisa tra la terza aria di Konstanze e il finale del secondo atto. La prima, che si trova a metà dell’opera, è un brano molto particolare nell’orchestrazione perché presenta quattro soli strumentali del primo violino, primo violoncello, primo oboe e primo flauto che sono piuttosto virtuosistici e fanno da contrappunto al canto della protagonista, modulato attraverso una scrittura ad alto tasso virtuosistico e di una difficoltà pazzesca per l’estensione, andando dal do centrale al re sovracuto. La seconda è il momento in cui si esplorano i vari stati emotivi ed umani dei quattro personaggi: qui vi troviamo l’amore, il rimprovero, l’imbroglio, la confusione, il non capirsi. Le due coppie si lasciano, si ritrovano, contrastano e fanno pace. In tutto questo si ritrova l’umanità ma anche una sorta di morale, come del resto in tutte le opere di Mozart, in cui la spinta del pensiero illuministico fa sì che, alla fine, il bene trionfi sul male».
E dopo il Mozart triestino cosa l’aspetta?
«Vado a Catania a prolungare la full immersion mozartiana con il Don Giovanni e poi ritornerò al Teatro Colon di Buenos Aires, dove sono direttore principale ospite e dove affronterò un titolo molto amato che è il Trittico di Puccini». —
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