Basaglia, il re dei matti la sua rivoluzione spiegata ai bambini

l’intervista
«Quando mi è stato proposto di scrivere un libro per ragazzi sull’esperienza basagliana ho pensato che sarebbe stato molto difficile, perché la follia continua a incutere paura. Ma proprio per questo ho accettato la sfida: sono convinto che ai ragazzi si possa raccontare qualsiasi storia, l’importante è come la si racconta». A parlare è Davide Morosinotto, traduttore, giornalista e iper-prolifico autore per ragazzi: a 38 anni ha già scritto, da solo o in collaborazione con altri, più di una trentina di romanzi pubblicati dai principali editori italiani, di cui molti tradotti per il mercato estero, ricevendo riconoscimenti prestigiosi come il Premio Andersen nel 2017. La sua ultima fatica è il romanzo, in libreria da oggi, “Franco Basaglia, il re dei matti” (Einaudi Ragazzi, pagg. 125, euro 10), con una nota di Peppe dell’Acqua e pubblicato nella collana “Semplicemente eroi”, pensata per ragazzi dai 9 anni in su. Per la stessa collana Morosinotto ha scritto anche “Peppino Impastato, una voce libera”.
Impastato e Basaglia. Qualcosa li accomuna?
«Tutti e due - dice Morosinotto - hanno avuto il coraggio di seguire ciò che per loro era giusto, anche a costo di mettersi contro il resto della società. Impastato decise di combattere la mafia prendendola in giro e Basaglia volle liberare i matti, anche se sia a Gorizia che a Trieste vi furono parecchie resistenze all’interno dell’ospedale e in ambito cittadino. Sono eroi perché non si comportarono come tutti gli altri, non se ne stettero buoni e tranquilli come la società li incoraggiava a fare, ma furono capaci di agire per ciò che ritenevano giusto.
Com’è avvenuta la scelta dei soggetti?
«In questa collana si lavora in collaborazione con l’editore: mi sono stati proposti diversi personaggi eroici, tra cui ho scelto quelli che mi hanno fatto scattare qualcosa dentro. Nel caso di Basaglia, la cui vicenda mi era ben nota, mi ha affascinato la grossa sfida di riuscire a raccontare a dei ragazzi una storia di matti, visto che la pazzia continua a fare una certa paura».
Per raccontare la storia di Basaglia si è affidato a una piccola protagonista, Lisa. Ci sono altri artifici narrativi che favoriscono l’immedesimazione dei piccoli lettori?
«Tutta la collana di “Semplicemente eroi” è stata pensata così. Per raccontare storie “adulte” e molto complicate c’è bisogno di una porta d’accesso a questa dimensione e mi è stato immediatamente chiaro che avrei avuto bisogno di un punto di vista di questo tipo. In questo romanzo inoltre mi sono affidato alla poesia, alla pancia, all’empatia, tentando di raccontare i sentimenti più che la parte scientifica e razionale, visto che non ho le competenze mediche e psichiatriche per farlo».
Lei spazia dal fantasy alle rivisitazioni. In questa collana si addentra in fatti storici. Quali le sue fonti?
«Innanzitutto i libri: dalle biografie su Basaglia ai saggi che ha scritto con la moglie, fino al libro della figlia Alberta, “Le nuvole di Picasso”, che narra gli aspetti personali dietro la figura dello psichiatra veneziano. Ma mi sono avvalso anche di due preziosi consulenti, Peppe dell’Acqua e Maurizio Costantino, che avendo lavorato nell’ex Opp mi hanno aiutato a ricostruire la geografia di quel luogo che oggi non c’è più».
Trieste è raccontata con dovizia di particolari. Come si è mosso per raccogliere queste informazioni?
«In questo caso non mi è servito fare ricerche, perché Trieste la conosco molto bene. Essendo la sede dell’editrice Einaudi Ragazzi a Trieste ho amici e amiche che vengo a trovare con piacere quando ne ho l’occasione».
L’incontro tra Basaglia e Lisa ribalta la prospettiva: all’inizio lei lo scambia per un pazzo...
«Non è un’idea completamente inventata e per questo mi è venuta in maniera quasi automatica. Basaglia fu il primo ad abolire il camice in psichiatria, distruggendo la barriera tra medico e paziente e mettendo tutti sullo stesso livello. Fu un aspetto della sua storia che mi colpì subito tantissimo, perché era come togliersi uno scudo: c’era la possibilità di venire scambiati per matti».
Ci sono storie che non vanno assolutamente trattate nei libri per ragazzi?
«Ai ragazzi si può raccontare qualsiasi storia, l’importante è come la si racconta. A contare sono la prospettiva e il lessico utilizzato, che va calibrato attentamente soprattutto quando si scrive per i bambini. Nel caso di questo romanzo, che è pensato invece per i ragazzi, ho cercato soprattutto una scrittura che non fosse fredda e oggettiva, ma coinvolgente. L’incipit, per esempio, cita due favole prima di ritornare alla realtà. Mi serve per stabilire un patto narrativo con il mio lettore, in cui dico: “Prendila come una favola, ma sappi che favola non è”». —
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