Barbora Bobulova ospite a ShorTs: «A Trieste mi sento a casa»

L’attrice di origine slovacca è in città per il festival del cortometraggio
Barbora Bobulova a Trieste (foto Massimo Silvano)
Barbora Bobulova a Trieste (foto Massimo Silvano)

Che Barbora Bobulova sia di origine slovacca ormai in molti non se lo ricordano più, tanto che con una storpiatura italianeggiante la chiamano Barbara. Sarà che ormai è una cittadina italiana a tutti gli effetti, che hanno smesso di doppiarla nei film da molti anni, che la sua carriera si è giocata quasi interamente in Italia. Sarà che l'attrice nata a Martin (Slovacchia) è un'icona del cinema italiano contemporaneo: ha lavorato con Ferzan Ozpetek nel discusso “Cuore sacro”, che nel 2005 le ha fatto guadagnare un David di Donatello come miglior attrice protagonista, con Marco Bellocchio a inizio carriera, ne “Il principe di Homburg”, con Paolo Genovese in “Immaturi”, con Alex Infascelli, Sergio Castellitto, Michele Placido, Gabriele Muccino, Kim Rossi Stuart.

Non disdegna gli esordienti, ma li sceglie bene: ha recitato in “Il mondo fino in fondo”, coraggiosa opera prima di Alessandro Lunardelli uscita l'anno scorso. Ed è la protagonista del film rivelazione ai David di Donatello di quest'anno, ”Anime nere”, di Francesco Munzi, il primo girato nella Locride, una storia di 'ndrangheta che si è portato a casa nove statuette, tra cui quelle per miglior film, migliore regia, migliore sceneggiatura.

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Ieri l'attrice era a Trieste, dove, al Teatro Verdi, ha incontrato il pubblico del Festival ShorTS: Barbora è nella giuria della sezione “Nuove Impronte”, chiamata a valutare, insieme alla produttrice Francesca Cima e al regista Francesco Patierno, le 10 opere prime in concorso. Il pubblico la potrà vedere prima oggi pomeriggio, nell'incontro con le giurie e gli ospiti del festival, poi stasera, insieme alla giovane scommessa del festival Jacopo Olmo Antinori, per la proiezione de “I nostri ragazzi”, di Ivano De Matteo che li vede nel cast insieme ad Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno e Luigi Lo Cascio.

Seconda collaborazione di Bobulova con De Matteo, che l'aveva diretta anche in “Gli equilibristi”, nel film (sceneggiato dalla triestina Valentina Ferlan) si esplora la reazione di due famiglie, molto diverse tra loro, alla scoperta di un'aggressione violentissima perpetrata dai loro figli a un senzatetto. L'attrice affronta il suo ennesimo ruolo di madre e l'ennesimo dilemma, che è poi la domanda di fondo dell'opera, cioè questa:

Lei ha due figlie, Lea di 8 anni e Anita di 7, dall'ex compagno Alessandro Casale. Cosa farebbe se suo figlio adolescente si macchiasse di un crimine? Lo coprirebbe o lo denuncerebbe?

«È normale per un genitore - risponde Barbora Bobulova - porsi questa domanda e naturalmente me la sono posta anch'io, anche se le mie figlie sono ancora piccole. Se mi succedesse una cosa del genere sarei la prima a chiedermi dove ho fallito, dove ho sbagliato. Penso che il comportamento dei figli rifletta gli insegnamenti ricevuti in famiglia: mi metterei in discussione in prima persona».

Nel film “Gli equili. bristi” è una mamma che deve affrontare la separazione dal marito, in “Anche Libero va bene” è una donna incapace di fare la madre. Lei come affronta il suo ruolo di mamma?

«Sono una madre abbastanza severa. Visto il mestiere che faccio succede che mi possa assentare da casa per qualche settimana, ma cerco comunque di essere molto presente con le mie figlie. Nelle pause tra un film e l'altro passiamo dei mesi assieme. E anche se sono separata, con il padre c'è abbastanza sintonia sull'educazione che vogliamo dare loro. Ma i figli sono come uccellini nel nido, arriva il momento in cui devono spiccare il volo, meglio se con un ricco bagaglio a cui attingere».

Torna a Trieste dopo averci girato “Tartarughe sul dorso”, di Stefano Pasetto (2005), e qualche scena dell'opera prima di Paolo Franchi, “La spettatrice” (2004). Che ricordi ha della città?

«È una città che mi piace molto, che mi fa sentire a casa. È nordica, come i personaggi che, visti i miei lineamenti e colori, interpreto di solito al cinema o in tv».

Fa parte della giuria di Nuove Impronte insieme alla produttrice Francesca Cima e al regista Francesco Patierno. Come si è trovata a lavorare con loro?

«È stato semplice, ci siamo trovati subito d'accordo nella valutazione dei film in concorso. E per quanto riguarda la valutazione degli attori, visto il mestiere che faccio, ho cercato di far valere la mia esperienza, facendomi sentire un po' di più».

Lei ha partecipato anche di recente a un'opera prima, Il mondo fino in fondo, di Alessandro Lunardelli. C'è un ruolo femminile tra quelli delle opere che ha visionato che avrebbe voluto per lei?

«Mi è piaciuto molto il personaggio del film “Medea”, di Andrea Pallaoro: una madre con tre figli, un personaggio bellissimo interpretato dall'attrice sudamericana Catalina Sandino Moreno».

Nel film rivelazione di Francesco Muzi “Anime nere”, lei interpreta la moglie di uno dei tre protagonisti, convinta che il passato sia passato prima di venire catapultata di nuovo nel vecchio mondo. Come si è trovata a girare un film sulla 'ndrangheta e che rapporto ha lei con il suo passato?

«È stato un film dalla lavorazione difficile, ma sono rimasta piacevolmente sorpresa vedendo il risultato. Quando Francesco me l'ha proposto non capivo cosa potessi centrare io con una storia calabrese. Poi ho letto la sceneggiatura e mi sono resa conto che il mio personaggio era quello della straniera, che gli serviva un punto di vista esterno per raccontare la storia. Per quanto riguarda il mio passato penso che le radici siano qualcosa che non si dimentica. Quando avevo vent'anni tornavo poco volentieri nel mio Paese d'origine. Dopo essere diventata mamma è cambiato tutto, ho sentito il bisogno di tornarci, anche per le mie figlie. Credo sia un processo naturale: prima c'è una fase di rifiuto, come negli adolescenti, poi c'è la riscoperta, la riconciliazione. Ho ritrovato il mio passato e sono felice di trasmetterlo alle mie figlie: andrà ad arricchire il loro bagaglio».

Lei è slovacca, ma ha cittadinanza italiana e vive in Italia dal 1997. Si è sentita più italiana quando le hanno dato la cittadinanza o quando hanno smesso di doppiarla nei film?

«La cittadinanza l'ho chiesta molto tardi, quando sono rimasta incinta, perché non ero ancora convinta che la mia carriera si sarebbe svolta in Italia. All'inizio mi doppiavano, soprattutto per la tv, mentre al cinema mi lasciavano anche l'accento: penso al film “Ecco fatto”, in cui Gabriele Muccino mi ha voluto proprio per il mio forte accento di allora. Poi mi sono impegnata e ho studiato l'italiano, ma per me sarà sempre una seconda lingua: la lingua madre è qualcosa che ti rimane dentro. Più che italiana comunque mi sento europea. L'ho visto quando ho vissuto un anno in America: lì mi sentivo davvero fuori posto come mentalità. In Europa invece mi muovo volentieri e se mi capitasse un'occasione professionale in un altro Paese la coglierei».

Progetti per l'imminente futuro?

«Dalla prossima settimana sarò a Torino per un mese, per girare il tv movie “Il mio vicino di casa”, di Fabrizio Costa, con Sergio Rubini: la storia di due vicini di casa che si odiano, ma poi in fondo si amano».

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