Auguste Rodin l’ultimo dei classici che scolpì l’amore

Al Museo di Santa Caterina di Treviso cinquanta opere tra cui il gesso del “Pensatore”, “Il Bacio” e il “San Giovanni”

Il suo Pensatore è tra le opere più note di tutta la storia dell’arte: ha affascinato e continua ad affascinare tuttora la figura di quell’uomo nudo, alla maniera dei classici, alla maniera di Michelangelo, seduto sulla roccia con una mano appoggiata su una gamba e l’altra a sorreggere il mento di un volto pensoso, un volto capace di sottendere ogni pensiero del mondo. Il suo autore, lo scultore Auguste Rodin, impiegò più di vent’anni per realizzarla: la prima versione in gesso è datata al 1880 mentre il primo bronzo, di grandi dimensioni, venne fuso soltanto nel 1902, per essere presentato al pubblico due anni dopo. Inizialmente era stato concepito per la “Porta dell’Inferno” destinata al Museo di Arti decorative di Parigi e avrebbe dovuto raffigurare in un primo tempo Minosse, quindi il Poeta, ovvero Dante che riflette sulla propria opera letteraria.

Il gesso del Pensatore è tra i grandi capolavori presenti nella mostra appena inaugurata al Museo di Santa Caterina a Treviso intitolata “Rodin. Un grande scultore al tempo di Monet”, prodotta e organizzata da Linea d’ombra, per la cura di Marco Goldin.

La città di Treviso è stata infatti scelta dal Musée Rodin di Parigi per ospitare la mostra conclusiva delle celebrazioni per il centenario della scomparsa di Auguste Rodin (Parigi 1840–Meudon 1917), completando così il programma di importanti esposizioni che ha già coinvolto il Grand Palais a Parigi e il Metropolitan a New York.

Vengono presentate 50 sculture tra gessi, bronzi, marmi, e 23 opere su carta a rappresentare le principali tappe del percorso artistico dello scultore dall’ “Età del bronzo” al “Pensatore”, al “Bacio”, all’“Uomo dal naso rotto”, al “Monumento di Balzac” sino alle maquettes delle opere monumentali come “I Borghesi di Calais” e la stessa “Porta dell’Inferno”.

Tre diversi ampi spazi ospitano le opere in un allestimento fortemente suggestivo che colpisce lo spettatore sin dall’inizio nell’incontro con le figure di Adamo ed Eva, e fino alla fine segnata dal bronzo del Balzac, di straordinaria modernità.

Dopo aver studiato disegno alla Petit École, tentata invano l’ammissione all’École des beaux-arts, François Auguste René Rodin trovò impiego in qualità di decoratore realizzando oggetti ed elementi architettonici ornamentali. Nel 1864 entrò a far parte dello studio di Albert Ernest Carrier-Belleuse, scultore e decoratore con cui collaborerà diversi anni, raggiungendolo anche in Belgio per lavorare alla decorazione della Borsa di Bruxelles.

Nel 1875 compie un viaggio in Italia visitando Roma e Firenze. L’incontro con l’opera di Donatello e Michelangelo risultò fondamentale: dal primo trasse ispirazione per alcune sue figure dolenti come ad esempio “Colei che fu la Belle Heaulmiére” (presente in mostra), mentre dal secondo apprese l’insegnamento che riguardava il trattare la scultura come fosse materia viva, vibrante, espressione dell’interiorità e del carattere dell’essere.

Nel 1877 presentò al Salon di Parigi “L’Età del Bronzo” opera che ritrae un nudo maschile di ispirazione classica, michelangiolesca, ma dall’eccezionale realismo, tanto che ci fu chi lo accusò di aver tratto il calco dal vero. Due anni dopo, sempre al Salon, si guadagnò una menzione d’onore con il suo “San Giovanni Battista”, realizzato in uno stile ancora più realista.

Entrambe le sculture sono presenti in mostra, l’una in bronzo l’altra in gesso, posta accanto all’“Uomo che cammina”, opera ricca di suggerimenti per gli artisti a venire nella sua ricerca dell’essenzialità.

Avviato al successo, nel 1880 ottenne la sua prima importante commissione: il portale in bronzo per il Musée des arts décoratifs. Per quest’opera, ispirata al soggetto dantesco, a lungo elaborata e mai compiuta, Rodin ideò e modellò per tutta la vita un gran numero di soggetti che poi diventarono sculture autonome, i suoi principali capolavori: “Il bacio”, “Adamo”, “Le tre ombre”, “Eva”, “Il pensatore”.

“Il bacio”, in particolare, scelto a immagine della mostra, è ispirato alla vicenda di Paolo e Francesca del V canto dell’Inferno, ma nella visione di Rodin i due amanti che si abbracciano divengono espressione di una passione assoluta, universale.

Gli ultimi capolavori dello scultore sono “I Borghesi di Calais” e il “Monumento a Balzac”.

Il primo è un gruppo scultoreo di intensa drammaticità, commissionato dalla città di Calais nel 1885 per celebrare un episodio della guerra dei cent’anni, quando un gruppo di sei borghesi, con il cappio al collo, offrirono le chiavi della città e le proprie vite all’esercito degli assedianti, in cambio della salvezza dei loro concittadini. La moglie del Re d’Inghilterra, impressionata dal gesto eroico, decise di risparmiare loro la vita. In mostra la maquette e i singoli personaggi in bronzo si fronteggiano accanto alla grande, tragica testa in gesso patinato di Pierre de Wissant.

Presentato per la prima volta a Parigi, in occasione della mostra Monet/Rodin nel giugno 1889, il monumento fu poi sistemato davanti al Municipio di Calais. Lo scultore aveva creato un’opera corale dove ogni gesto, ogni espressione dicono il tormento, il dissidio interiore provato dai sei uomini tra la devozione verso la propria città e la paura della morte. È così che Rodin ancora una volta “trasforma il transitorio in eterno” secondo le parole di Rainer Maria Rilke, rompendo lo schema compositivo tradizionalmente presente nei monumenti celebrativi, ponendo i protagonisti tutti sullo stesso livello.

Il monumento a Balzac gli fu invece commissionato nel 1891 da Emile Zola, eletto presidente della Société des gens de lettres (Società dei letterati francesi), per celebrare il cinquantenario della scomparsa dello scrittore. Rodin iniziò a studiare e lavorare con passione, cercando la forma, l’espressione, la veste da far indossare alla sua statua. Giunse a immergere la propria vestaglia in un grande catino di gesso e in questo modo trovò il suo modello. Alla fine ne derivò una figura che dal “corpo eretto, fremente tra le pieghe delle vesti dalle maniche vuote, gettando indietro l’ampio capo di leone in agguato beveva dagli occhi, dalle narici, dalle labbra, inspirando il volteggiare rumoroso, l’odore, la febbre della commedia umana”: così la descrisse lo scrittore André Fontainas.

Il gesso, esposto al Salon del 1898, fu aspramente criticato se non addirittura sbeffeggiato, paragonato a un rospo in un sacco, a un blocco di sale rimasto sotto un temporale. Rodin lo ritirò e se lo portò via, nella sua residenza di Meudon. Soltanto nel 1939 il monumento fuso in bronzo verrà sistemato a Parigi lungo il boulevard Raspail. A fare da prezioso corollario alla mostra oltre ai disegni per lo più a matita o matita e acquerello, di soggetto prevalentemente femminile, ci sono una grande tela di Edvard Munch del 1907, che ritrae la statua del Pensatore nel giardino del dottor Linde a Lubecca con la famiglia dell’importante collezionista sia di Rodin che di Munch, e il quadro di Monet “Reti da pesca a Pourville”, presente nella celeberrima mostra Monet/Rodin dell’estate del 1889 alla galleria Georges Petit.

C’è inoltre il ritratto di Auguste realizzato da Camille Claudel, sua allieva, musa, amante, così descritta dallo stesso maestro: «Ha una natura profondamente personale, che attira per la grazia ma respinge per il temperamento selvaggio». Lui la ritrarrà nella scultura intitolata “Il pensiero”, lasciata volutamente incompiuta, tra gli ultimi capolavori dell’esposizione.

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