Asterios Delithanassis, dalla Grecia dei colonnelli fino a Trieste per pubblicare i testi del futuro prossimo

TRIESTE Anche lui è rimasto chiuso in una giara per una notte intera, come nel celebre, omonimo racconto di Pirandello accadde a Zi’ Dima, l’artigiano che la doveva saldare con il suo mastice miracoloso. Solo che nel 1949, Asterios Delithanassis ha appena quattro anni e nella giara destinata all’olio della nuova raccolta ci viene infilato dalla saggia nonna, nel paesino greco di Nikiti, situato a sud-est di Salonicco, all’apice della guerra civile che terminerà l’anno seguente. «Mi ricordo tutto come fosse ieri - racconta -. La chiesa è data alle fiamme; partigiani, ovvero comunisti, contro ‘difensori’ della monarchia». Sorride: «Il che vuol dire in sostanza che miei parenti, schierati dall’una o dall’altra parte, se le suonano di santa ragione».
Fa un effetto straniante ascoltare gli aspri racconti di vita di Asterios, - che ha dato il proprio nome di battesimo alla casa editrice dai titoli più ambiziosi di Trieste - stemperati dall’atmosfera scintillante del Caffé San Marco che con la gestione della famiglia Delithanassis è assurta a nuova, più gaia presenza. Dall’ottobre del 2013 il locale storico di via Battisti, guidato dal figlio Aléksandros, ha perso in corruccio pensoso per guadagnare in scioltezza: non si limita a essere frequentato da celebri avventori, ma è centro culturale e libreria, ospita presentazioni di libri e di variegate iniziative, purché calde, generose, purché sociali. Poco oltre l’ingresso trova posto su un tavolino alto, quasi uno sgabello, un quaderno di cortesia: un tocco di classe che fa sentire benvenuto colui che altrove è trattato come cliente, e infatti raccoglie ringraziamenti, encomi e osservazioni spesso estatiche nelle lingue più disparate.
Del resto il senso dell’ospitalità verso il forestiero costituisce tratto distintivo che, reso universale attraverso la rappresentazione letteraria, è una costante del sentire ellenico. Asterios intreccia assieme alla sua storia personale un po’ anche quella della Grecia, il cui lascito del mondo antico in Europa è sempre stato considerato con un rispetto tale da agire sperabilmente per la sua gente come una sorta di sostegno morale in molti frangenti. Calibra le parole, riferisce con pacatezza, senza acredine, come chi ha molto visto, molto vissuto, molto combattuto - e non accenna ad arrendersi - ma può concedersi di gettare uno sguardo mite sull’avventura umana, benché venato di scetticismo. «No, non torno più a Salonicco da un pezzo. Sono stufo di litigare per la politica con gli amici» è l’unico accenno di stanchezza.
Da Salonicco, sotto il controllo dell’impero ottomano fino al 1912, intricata babele di civiltà composta da greci, turchi ed ebrei sefarditi espulsi da Spagna e Portogallo nel 1492, pochi mesi prima della scoperta dell’America - Asterisos era partito a metà degli anni ’60, passando per Trieste in treno, alla volta di Palermo dove avrebbe studiato arenandosi a una manciata di esami dalla laurea. Il colpo di Stato dei colonnelli in Grecia del 1967 azzera l’idea di fare di se stesso un ingegnere e dà invece corpo al destino di editore. Comincia a stampare giornalini e manifesti a sostegno del suo Paese contro la dittatura che cadrà nel 1974, e la Sicilia, non per nulla porzione della Magna Grecia, diventa base di raccordo della Resistenza, specie con i compatrioti che dall’estero mandano le rimesse in patria: almeno 500 mila solo gli emigrati greci che hanno ricostruito la Germania postbellica, osserva: «Ora lì ce ne sono altrettanti, giovani e preparati, in fuga da un Paese povero, senza industria, senza futuro, visitato ogni anno da 35 milioni di turisti, che mangiano carne tedesca, francese e pomodori olandesi. La Grecia ora più che mai è un vaso di coccio in mezzo a tanti vasi di ferro europei».
Asterios di ferro ha la volontà. Riguadagnata nel ’67 quella Trieste appena lambita, i cui occhi di ragazzo erano rimasti stupiti dal tram, il primo in assoluto che vedeva - diventa l’uomo-editore che imparerà a resistere ai titani della carta stampata, case editrici che come le sequoie non consentono ad alcuna specie di allignare sotto la loro chioma piramidale. Temerario e incompreso. O più probabilmente troppo in anticipo sui tempi, sospetta, dato che all’inizio degli anni ’90 spende una fortuna per allacciarsi alla flemmatica rete internet di Milano della cui esistenza ha saputo attraverso un articolo del settimanale “Internazionale”. Lo fa per passione dell’avventura, sia pure intellettuale, lo fa per quell’insopprimibile curiosità che evidentemente costituisce un legame atavico con il compatriota Ulisse.
Asterios ascolta il canto delle sirene e ricorda ancora la bolletta: 990 mila lire più Iva, pagate grazie al fiorente commercio di olive del suo Paese dove comunque continua a gestire una piccola casa editrice; e proprio in Grecia alla fine degli anni ’70, gli anni della rinascita che dopo tanto patire la collocano tra i 28 Paesi più sviluppati, aveva fatto conoscere le favole per bambini e i personaggi di Altan. Il metalmeccanico Cipputi e la cagnolina Pimpa erano ancora di là a venire, ma il disegnatore trevigiano si era creato una certa fama a Rio de Janeiro come vignettista in un giornale brasiliano e il quasi coetaneo Asterios ne fiuta il talento prima degli italiani stessi. Ecco, il problema si concentra proprio su quel dannato “prima”, che spesso si rivelerà un costo imprevedibile, talvolta una catastrofe economica, piuttosto che un vantaggio. Di “New Scientist” celeberrimo settimanale inglese di divulgazione scientifica che Delithanassis con l’aiuto dell’amico Piero Budinich dell’editrice Beit farà uscire come mensile nel 1998, basteranno per il tracollo nove numeri (il primo dedicato alla cannabis medicale, ci tiene a sottolineare), stroncati, boicottati e osteggiati dalla stampa concorrente, tanto per mettere in pratica il proverbio greco che recita “Gli uomini fanno progetti e gli dei sorridono”.
«Mia moglie è seria da allora: appena adesso stiamo ripianando i debiti e ricomperando la casa in cui abitiamo». E non era il primo buco nell’acqua, dato che a inizio anni ’90 aveva fatto tradurre dall’inglese alcuni pionieristici saggi sulla globalizzazione: «Restarono sugli scaffali perché l’argomento era ancora ignoto». Tanto per non smentirsi era arrivato troppo in anticipo anche con la pubblicazione, nel 2012, del “Minotauro globale” dell’economista Yanis Varoufakis, il ministro delle finanze dal mandato lampo, che accanto al primo ministro del partito di sinistra Syriza, Alexis Tsipras nel 2015 ingaggia un logorante negoziato con i creditori europei.
Finiscono stritolati dalla Troika senza neanche l’onore delle armi. Attualmente da pochi mesi capo del governo è Kyriakos Mitsotakis, per quella coazione a ripetere che sembra destino dello sventurato popolo che si è tornato a gettare a destra, tra le braccia di una delle trecento famiglie che da alcuni secoli tengono in pugno la Grecia. «Tranne il Partenone che è sito del patrimonio universale Unesco - spiega Asterios - quasi tutti i beni della Grecia sono vincolati a garanzia del debito. Mitsotakis ha promesso ciò che non potrà mai mantenere: soldi e occupazione. La Grecia, al di là delle pietose dichiarazioni, è fallita. Questa in atto è la prosecuzione della guerra civile che conobbi da bambino con altri mezzi». —
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © Il Piccolo