Antonio Damasio l’uomo che scava nella coscienza

Il neurobiologo portoghese riceverà domani il dottorato honoris causa alla Sissa
Di Fabio Pagan

di FABIO PAGAN

«C'è meraviglia e mistero intorno alla nostra mente cosciente. La meraviglia che dovremmo provare al mattino quando ci svegliamo, con l'incredibile ritorno della coscienza che ci fa ricuperare il senso completo dell'esistenza. Eppure ci soffermiamo a malapena su questa meraviglia. Se così non avvenisse, non avremmo alcuna consapevolezza della nostra umanità, non proveremmo né gioia né dolore, né amore né capacità di creare. Ma c'è anche un lato misterioso. Fin dagli albori della filosofia, attraverso la storia delle neuroscienze, il mistero della coscienza è apparso un tema che secondo alcuni non dovremmo nemmeno toccare, che dovremmo lasciare irrisolto. Io non sono d'accordo».

Così Antonio Damasio, neurobiologo tra i massimi studiosi contemporanei del cervello, ha avuto il coraggio (o magari l'incoscienza?) di affrontare di petto il tema della coscienza, cercando di capire da dove nasce e come emerge nel corso dell'evoluzione. In particolare nel suo ultimo saggio, "Il sé viene alla mente", pubblicato in Italia da Adelphi nel 2012. E lo racconterà domani nella sua lectio magistralis alla Sissa, ricevendo il dottorato honoris causa in una cerimonia che inizierà alle 10 con l'introduzione del direttore Stefano Ruffo e con la laudatio di Raffaella Rumiati, responsabile del Laboratorio di neuroscienze e società. Infine sarà la volta di Damasio, il cui intervento s'intitola "Body and mind: homeostasis, feeling, and cultures".

Nato in Portogallo, 73 anni fra un mese, laurea in medicina e dottorato a Lisbona, Damasio è emigrato ben presto negli Stati Uniti, dapprima all'Università dell'Iowa e poi a Los Angeles, dove dal 2005 dirige il Brain and Creativity Institute della University of Southern California. Tra i molti riconoscimenti ottenuti, citiamo (nel 2003) il premio Nonino, di cui fa attualmente parte della giuria e che lo ha visto sabato a Percoto tra i protagonisti dell'annuale prestigioso appuntamento. La notorietà di Damasio è legata anche ai suoi saggi, tutti apparsi da noi per i tipi di Adelphi: a cominciare da "L'errore di Cartesio" (1995), diventato un classico tradotto in una trentina di lingue, per proseguire con "Emozione e coscienza", "Alla ricerca di Spinoza" fino appunto a "Il sé viene alla mente", in cui tira le fila di una lunga riflessione che trascende l'aspetto scientifico.

Un riflessione nata con la dura confutazione di Cartesio. Al filosofo francese - cui è soprattutto dedicato il suo primo libro - Damasio imputa in particolare la colpa di aver tenuto separate e distanti la "res cogitans" (ovvero la mente) e la "res extensa" (il corpo). Una separazione artificiosa che ha segnato pesantemente la filosofia e la culturale dell'Occidente. In realtà, sostiene Damasio, non c'è alcun dualismo tra mente e corpo. E le emozioni e i sentimenti, lungi dal distoglierci nell'uso della razionalità - cosa di cui lo stesso Damasio confessa di essere stato convinto in gioventù - rivestono al contrario un ruolo fondamentale per la nostra sopravvivenza, entrando nei processi decisionali e nella cognizione sociale.

Il sé, come la mente, non è separato dal corpo. Ma fa parte del corpo, è un carattere che emerge attraverso un percorso evolutivo che inizia con l'organizzazione della materia in cellule capaci di metabolizzare e di riprodursi, e che - attraverso cellule specializzate dette neuroni - costruisce le strutture del cervello e da questo la mente. Dove, infine, ha origine la coscienza del sé.

Sono tre le strutture cerebrali in cui "il sé viene alla mente", come recita il titolo del libro di Damasio. E precisamente: il tronco encefalico, sede delle emozioni istintive, primarie, che mette in connessione il cervello con il midollo spinale e quindi con il resto del corpo; la corteccia, sede dei processi cerebrali più raffinati; il talamo, che collega la corteccia con il tronco encefalico. Tre strutture integrate tra loro, frutto dell'evoluzione biologica.

Qui s'inserisce un elemento perturbante nel ragionamento di Damasio. Il tronco encefalico è l'architettura cerebrale più antica. E il tronco encefalico dell'uomo - dove ha origine la coscienza di sé - ha una configurazione simile a quella che troviamo nei vertebrati: dalle grandi scimmie antropomorfe ai mammiferi marini, dai rettili agli uccelli. «Per questo - sostiene Damasio - io ritengo che anche queste specie abbiano una mente cosciente simile alla nostra. Solo che non è così ricca, in quanto non hanno una corteccia cerebrale altrettanto complessa».

Ma Damasio va oltre. Ci sono tre livelli del sé da considerare: il proto-sé, che produce i sentimenti primordiali; il sé nucleare, che mette in relazione l'organismo con l'esterno; e infine il sé autobiografico, che si forma sulla base di ricordi del passato e di progetti per il futuro. «I primi due livelli li condividiamo con moltissime altre specie e hanno origine nel tronco encefalico e nella corteccia. Il sé autobiografico io credo che sia proprio, oltre che dell'uomo, di alcune specie dotate di particolare complessità cerebrale. Ad esempio il cane».

«Questo sé autobiografico - sostiene ancora Damasio - è responsabile della memoria a lungo termine, del ragionamento, dell'immaginazione, della creatività, del linguaggio. È da qui che sono nati gli strumenti della cultura, la religione, la giustizia, il commercio, le arti, le scienze, la tecnologia. È grazie al sé autobiografico che siamo in grado di realizzare qualcosa che non appartiene alla nostra evoluzione biologica ma che ci consente un'evoluzione culturale». Il quadro concettuale delineato da Antonio Damasio per comprendere la coscienza è affascinante, frutto di speculazione intellettuale e dei riscontri che vengono dalle nuove tecniche di "imaging" che ci consentono di entrare nel cervello e di vederne il funzionamento in vivo e non sul tavolo anatomico. Tecniche di cui è maestra la moglie Hanna, sua collaboratrice e docente anche lei nello stesso ateneo californiano. Così Damasio non manca mai di ricordare che queste ricerche non hanno solo il fine di soddisfare la nostra curiosità, ma che solo penetrando a fondo nelle strutture del cervello potremo trattare problemi quali la depressione, l'Alzheimer, la dipendenza dalle droghe, l'ictus cerebrale che può devastare la mente e privarci della coscienza.

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