Antonella Boralevi ci porta su un red carpet di frustrazioni e fragilità dove niente è glamour

Venerdì la scrittrice alla Lovat con il suo ultimo romanzo “Chiedi alla notte”, ambientato alla Mostra del cinema
29/08/2018 Venezia, 75 Mostra Internazionale d' Arte Cinematografica. Cerimonia di apertura Red carpet del film First Man, nella foto Rita Boralevi
29/08/2018 Venezia, 75 Mostra Internazionale d' Arte Cinematografica. Cerimonia di apertura Red carpet del film First Man, nella foto Rita Boralevi



Una trama piena di sorprese e indicibili misteri. È l’ultimo romanzo di Antonella Boralevi, “Chiedi alla notte” (Baldini Castoldi, pag. 550, euro 21), la scrittrice e giornalista che sarà alla Libreria Lovat venerdì, alle 18, per presentarlo in dialogo con Rossana Bettini. Ama Trieste, dice: «Perché Trieste è intelligenza pura – non a caso avete la più alta letteratura – ma è anche quello che era Zeno, il coraggio di prendere atto delle proprie debolezze. Adoro Trieste. E anche i triestini». Nel suo romanzo tutto parte dai red carpet dell’ultima Mostra del Cinema di Venezia, l’autrice ci trascina in un mondo che crediamo perfetto, ogni profilo ci restituisce lusso e bellezza. Un quadro che ben presto ci rimanda anche i suoi lati oscuri.

I personaggi di “Chiedi alla notte” sono pieni di pathos, molto emotivi, pieni di amore, rabbia, frustrazione. Come se li è pensati?

«I personaggi un po’ nascono per i fatti loro, tuttavia è vero che scrivo una sorta di “biografia” per ognuno, anche per i minori. Questo perché prendo il lettore e lo porto dentro la storia. Succede lo stesso nella vita, quando conosciamo qualcuno, in genere lo giudichiamo in base a quello che sappiamo di lui. Cerco di dare ai miei lettori dei personaggi vivi»

L’ambiente che esamina, quello dell’alta borghesia, riesce a comunicare come ci sia del tragico anche nei giri alti. È così?

«Racconto il lato oscuro che ciascuno di noi si porta dentro. A volte viviamo dei sentimenti violenti che ci vergogniamo a confessare. A me interessa il contrasto tra ciò che sembra perfetto, queste vite apparentemente splendenti sotto le quali dorme un insieme di segreti indicibili».

Un altro tema è quello dell’identità e di quanto possiamo essere anche qualcosa di inaspettato…

«Infatti il tema della mia quarta di copertina è proprio la domanda: tu sai che puoi diventare un’altra? E aggiungerei: un’altra che fa paura. Più cresci nella scala sociale, più sei costretto a portare una maschera. Ci vuole anche un certo grado di abilità, per portare una maschera, bisogna insomma recitare un ruolo. Mi interessa il doppio, ciò che facciamo finta di essere. Ciò che è importante in questo romanzo è questo mondo che splende, i red carpet, gli abiti da sera, i camerieri in guanti bianchi e l’improvvisa crepa che, sotto lo sfavillio, ci mostra una nota d’angoscia».

È anche un romanzo che fa emergere un affresco epocale su uomini e donne molto inseriti socialmente, ma più spaesati emotivamente.

«È molto vero. Quello che io racconto è un mistero e c’è chi cerca di decifrare questo mistero. Chi lo fa è il commissario Alfio, siciliano sciupafemmine, spaesato pure lui, ha 40 anni e non vuole una relazione seria, dall’altro lato c’è Emma. Emma appartiene al cuore di molte donne, non solo giovani. Ha 33 anni, è già avvocato di Netflix, ha ricche radici, quindi potrebbe essere molto sicura di sé, e invece no. Pensa sempre di non essere all’altezza. Però Emma “sente”, questo è il suo codice e la sua forza: il sentire. Mentre Alfio usa la testa per indagare, è razionale, questa è la biforcazione che secondo me separa tanti uomini da tante donne».

Lei in passato ha scritto quanto gli uomini, sentimentalmente, stiano diventando fragili, simili alle donne per certi aspetti. Certo la sua vittima ha atteggiamenti che ci spiegano anche il perché…

«Gli uomini sono anche fin troppo bravi. Hanno vissuto per migliaia di anni in un ruolo di comando. Ora devono affrontare una rivoluzione che tocca profondamente quello che sono e che dura da 40 anni, forse 50, ma devono reinventarsi un’identità che hanno costruito in 3000 anni. In questo senso io sto dalla parte degli uomini, non bisogna fare loro paura. C’è nel mio libro una dedica che ho fatto a tutte le donne dove scrivo, più o meno: alla forza gentile delle donne e agli uomini che sanno tenerle per mano. Ciò che volevo comunicare è che bisogna essere autonomi, ma ricordarsi sempre di tenersi per mano». —



Riproduzione riservata © Il Piccolo