“American Animals” i veri studenti rapinatori compaiono nel film

ROMA. American Animals, scritto e diretto da Bart Layton e con protagonisti Evan Peters (X-Men, American Horror Story), Barry Keoghan (Il sacrificio del cervo sacro, Dunkirk), Blake Jenner e Jared Abrahamson, racconta una storia vera: quella della rapina avvenuta alla Transylvania University di Lexington nel 2004. Fin qui niente di strano. A fare la differenza in questo film - già al Sundance, poi alla Festa di Roma e ora in sala dal 6 giugno con Teodora - è il fatto che i veri autori della rapina (Warren Lipka, Spencer Reinhard, Chas Allen, Eric Borsuk e Betty Jean Gooch), ingenui studenti pieni di immaginario cinematografico, che si sono fatti ben sette anni di galera, compaiono nel film a commentare la loro storia.

Costato tre milioni di dollari, il film, ben accolto dalla critica negli States, racconta come Spencer (Keoghan) e Warren (Peters), due amici di Lexington (Kentucky) che frequentano la stessa università, si ritrovino disposti a tutto pur di cambiare vita e diventare famosi. L’obiettivo è rubare dei rarissimi libri antichi custoditi, senza grandi misure di sicurezza, nella biblioteca universitaria. Reclutati altri due compagni, il contabile Eric (Abrahmson) e lo sportivo Chas (Jenner), iniziano a programmare in ogni particolare la rapina, ma dovranno ben presto fare i conti con gli imprevisti e, soprattutto, con la loro ingenuità.

«Volevo trovare un modo nuovo di raccontare una storia vera. Vengo dal documentario e ho usato le tecniche del cinema del reale per suscitare le reazioni dello spettatore, perché se uno tira fuori una pistola vera ti si ferma il cuore, mentre se sai che è finta la cosa non ti tocca più di tanto», dice Bart Layton, regista britannico autore nel 2011 del docu L'impostore, qui al suo debutto nella fiction. E ancora il regista: «Volevo scoprire come fosse possibile che un gruppo di studenti benestanti potesse commettere un tale crimine. Così ho cominciato a scrivere ai quattro che erano in prigione. All'inizio erano contenti di condividere le proprie emozioni con qualcuno, perché le loro famiglie non volevano saperne più di loro. Erano restii a entrare in un film, ma alla fine hanno capito che raccontare la propria storia poteva aiutare qualcuno».

Le motivazioni degli studenti? «Vivevano come in una bolla - spiega Layton - cercavano esperienze che li facessero sentire vivi, unici. Così si sono messi a studiare i film del genere, tipo Ocean's Eleven, e sono diventati sempre più riluttanti ad abbandonare la loro fantasia. Tutti oggi vogliono essere speciali, nessuno vuole essere un loser, una parola oggi spesso usata da Donald Trump». —



Riproduzione riservata © Il Piccolo