“America Latina” dei D’Innocenzo è il viaggio al termine di un uomo

venezia
Dove può arrivare la perdita d’identità successiva alla ricerca di un modello vincente lo spiega bene “America Latina”, quinto e ultimo film italiano in Concorso alla Mostra, che i fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo firmano dopo il successo di “Favolacce”. È la loro prima volta a Venezia: «Ci sentiamo due ladri che hanno scassato il database di Barbera per essere qui» dicono. E aggiungono: «Noi cerchiamo di comunicare con il cinema, speriamo di riuscirci ma intanto proseguiamo come il personaggio di America Latina nella ricerca della sincerità». Per loro, ancora una famiglia sullo sfondo, ma questa volta il protagonista è un uomo: Elio Germano veste i panni di Massimo Sisti, titolare di uno studio dentistico a Latina.
Gentile e pacato, ha tutto ciò che desidera, da una villa molto kitsch alla sua bella famiglia, la moglie Alessandra e le figlie Laura e Ilenia. Un giorno scende in cantina e accade l’imprevedibile: da questo momento parte una ricerca di identità che implode progressivamente nonostante l’amore della moglie. «Quando si nasconde troppo a lungo la polvere sotto il tappeto, prima o poi viene fuori» spiegano i registi. «E se qualcuno, che non ha i requisiti del maschio alfa, ci inciampa, emergono tutte le debolezze, tutte le distanze tra la sincerità e il dover essere quel modello atteso» aggiunge Elio Germano. Ancora: «America Latina - dice - è un luogo immaginario, un contrasto tra America che è il sogno, l'ideale, come vogliamo apparire e Latina, un terra che rappresenta la nostra palude». Siamodunque a Latina, terra di bonifiche e di acque nascoste sotto il terreno – chiave di lettura del film – ma forte è il richiamo del mito, quell’America egualmente evocata dal titolo. Se “Favolacce” era una sorta di puzzle a una dimensione, frammentario nel disegnare tante storie parallele, “America Latina” (in uscita il 25 novembre) ne è il contrappunto con il dramma di un unico personaggio. La musica dei Verdena contribuisce ad amplificare lo straniamento del protagonista, che i rossi delle pareti e la scenografia di Roberto De Angelis rendono più soffocante. I fratelli D’Innocenzo inquadrano Elio Germano e le sue donne (Astrid Casali, Carlotta Gamba, Federica Pala e la tredicenne Sara Ciocca, tanto muta nel film quanto spigliata nelle interviste) in primissimi piani che scavano negli occhi, nel viso, nella bocca, come il trapano del dentista. Ma questa esistenza che Massimo si è costruito, lascia un vuoto affettivo enorme, impossibile da colmare.
I D’Innocenzo destrutturano i generi, passano dal romanzo interiore al thriller, ma prediligono troppo la forma sulla sostanza e alla fine il film resta sospeso in un dualismo tra realtà e mito, come il suo protagonista.
Sul red carpet del film il primo ciak del nuovo film di Gabriele Salvatores, “Il ritorno di Casanova”, storia di un regista (Toni Servillo) che deve portare sullo schermo il racconto di Artur Schnitzler. —
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