Alla ricerca della bora perduta dentro un televisore o su un ledwall

la mostra aprirà al pubblico domenica al Magazzino 27: duecento metri quadri per lo sbarco in Porto Vecchio di uno dei musei più curiosi e originali sul territorio nazionale.

TRIESTE Un percorso espositivo fatto di grandi scatole ribaltate dalla bora. «Era tutto in ordine prima di inaugurare. Ma poi è arrivato un refolo e ha rovesciato tutto». Così spiegano la scelta d'allestimento, senza dubbio fantasiosa, gli organizzatori della mostra che aprirà al pubblico domenica al Magazzino 27: duecento metri quadri per lo sbarco in Porto Vecchio di uno dei musei più curiosi e originali sul territorio nazionale.

Grazie a Science in the city Festival di Esof 2020 infatti, il Museo della Bora che da 16 anni ha casa in appena 50 mq (il Magazzino dei Venti di via Belpoggio 9, aperto su appuntamento, 1500 visitatori nel 2019) si espanderà sprigionandosi proprio come il vento che da anni amorevolmente racconta, moltiplicando i suoi spazi in un'esposizione temporanea “pop up” visitabile fino al 6 settembre: tante le sorprese e i contenuti inediti, tutti con protagonista incontrastato l'iconico vento della nostra città.

Dalla bora della Val Rosandra imprigionata in una tv di design a un grande ledwall dove seguire spettacolari immagini, incontri scientifici sui cambiamenti climatici e video a 360° “alla ricerca della bora perduta”, l’esposizione esplorerà i tanti aspetti di questo vento, spaziando tra scienza, cultura popolare, arte e memoria. «L’allestimento proporrà una quindicina di focus - racconta Rino Lombardi, deus ex machina del museo eolico triestino - esponendo molti oggetti diversi che testimoniano ancora una volta la vastità e il grande potenziale di questo tema: dal meteo alla letteratura, dai mulini ai "iazini", dagli spaventapasseri eolici agli aquiloni di design, dalle cronache del giornale ai ricordi di ognuno». Le "memorie di bora" dei triestini, ad esempio, saranno le benvenute alla reception. «Ognuno di noi ha sicuramente un ricordo legato al nostro amato-odiato vento: questa sarà una nuova occasione per raccogliere nuovi racconti, rendendo il museo sempre più coinvolgente e partecipativo».

«Se il progetto Bora Museum - continua Lombardi - è nato da un souvenir, la “bora in scatola”, perché una lattina era troppo piccola per contenere tutto questo vento e il suo mondo, qui avremo tante scatole, tante stanze diverse: spazi vivaci come il vento che conterranno ognuna una “pillola” di bora o di vento. E ciascuno di questi box sarà un invito alla curiosità».

Mostra nella mostra, un’area ospiterà le opere di Noa Pane, «strutture gonfie d’aria e creatività opera di una giovane artista italiana» e frutto della collaborazione con il Luftmuseum: dedicato all’aria nella bavarese città di Amberg, è quasi un “cugino” del museo triestino. Arte che sarà rappresentata anche da un altro nome italiano, videoartista passato anche per il MoMa e il Guggenheim di New York: sempre a caccia di cose stimolanti e mai banali da mostrare in tema eolico, il Museo della Bora proporrà “Bora”, opera d’arte contemporanea di Yuri Ancarani, «una scatola magica piena di vento, con la bora selvaggia della val Rosandra da ammirare in uno straordinario oggetto di design, il televisore Algol Brionvega». Non mancherà, sia pure virtualmente, un amico del Museo come lo scrittore di Bristol Nick Hunt né il cinema: è già sold out sabato 5 settembre al Teatrino Basaglia del Parco di San Giovanni la proiezione in prima assoluta italiana del film “Bora-Geschichten eines Windes” (Bora-Storie di un vento) di Bernhard Pötscher, girato in Croazia e a Trieste e presentato all’ultima Viennale.

Il tutto con un'ovvia attenzione alle disposizioni anti covid. «Seguendo un percorso fisso e regolare, proprio come la bora - invita Lombardi - ci terremo tutti a un soffio di distanza, per una mostra temporanea come un refolo». Con il sogno, per questo piccolo grande Museo, di trovare finalmente uno spazio definitivo. —


 

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