Alla fine la radiosa sposina si vendica del tradimento durante il pranzo di nozze

Un film grottesco e surreale prodotto da Pedro Almodovar sul labile confine fra civiltà, barbarie e ribellione
Di Elisa Grando

C’è tutto il gusto di Pedro Almodovar per il lato grottesco e surreale della vita in questo film indipendente a episodi che è diventato, in poche settimane, il film più visto dell’anno in Argentina, battendo anche colossi dell’intrattenimento come “Hercules” con Dwayne Johnson. Almodovar non dirige, si limita a produrre con la sua società El Deseo e di certo il suo nome ha fatto da traino alla circolazione internazionale di un titolo che altrimenti difficilmente sarebbe arrivato anche sui nostri schermi.

Ma in “Storie pazzesche” c’è molto di più (non a caso è stato accolto in trionfo anche allo scorso Festival di Cannes). A rendere questo piccolo film tanto speciale è prima di tutto il fatto di ruotare su un tema mai tanto sentito quanto oggi: il confine a volte labile tra civiltà e barbarie, fra razionalità e ribellione, soprattutto quando le nostre nevrosi quotidiane esplodono di fronte alla sfacciataggine delle piccole ingiustizie, la multa che non meritavamo, il tradimento che non meritavamo, le corse nel traffico, i figli delusi, i rancori fra coniugi, la burocrazia soffocante, la mazzetta che risolve i problemi (solo a chi può permettersela). Insomma, “Storie pazzesche” è una sorta di breviario crudele, violento e intriso di ironia nera, di frustrazioni e lotte quotidiane della gente comune che, evidentemente, non conoscono latitudini.

E così, nell’episodio interpretato dal bravo Ricardo Darín (già protagonista di “Il ricordo dei suoi occhi”, Premio Oscar nel 2010), seguiamo le disavventure di un ingegnere esperto di demolizioni che ingaggia una lotta senza speranza contro l’ingiusta rimozione dalla sua auto da parte del Comune. A partire da questa sacrosanta battaglia da cittadino che difende i suoi diritti (ma poi perde la pazienza e passa dalla parte del torto) la sua vita, anche famigliare, precipita. C’è poi il ricco imprenditore che, per coprire il figlio che ha investito una donna incinta e s’è dato alla fuga, architetta un piano per far cadere la colpa sul suo giardiniere. E, nell’episodio finale, una radiosa sposina che scopre proprio nel mezzo del pranzo di nozze che il fresco sposo l’ha tradita, e ingaggia una vendetta da antologia. Insomma, sembra suggerire il film, ribellarsi nei confronti dei soprusi fa bene, a costo di “farsi venire un infarto per lo stress”. L’indignazione immobile non basta, anche se poi non riusciremo a cambiare il mondo. E, come dichiarato fin dai titoli di testa che scorrono su immagini di animali nella foresta, in fin dei conti, siamo anche noi animali che seguono i propri isinti, anche quelli della paura e della rivalsa. Quindi, tanto vale fare i conti anche con il lato più bestiale di noi. Il film alterna temi e toni, in un crescendo che non smette di agganciare lo spettatore. E il mix è interessante anche dal punto di vista produttivo: siamo in pieno cinema indipendente ma il cast è costellato di divi, da Ricardo Darín a Oscar Martinez. La formula a episodi non deve spaventare: il cinema italiano, del resto, ha una lunga tradizione di film a episodi correlati a un unico tema, legata soprattutto agli anni ’70 e ’80. Si usavano per ridere, ma anche per concedere declinazioni diverse alla satira: pensiamo a “I mostri” di Dino Risi, o anche al super-autoriale “Boccaccio 70” di De Sica, Monicelli, Fellini e Visconti. La “raccolta di racconti brevi” per immagini ha sempre attratto il grande cinema: Damian Szifron dichiara di essersi ispirato a “Storie incredibili”, la serie tv prodotta da Steven Spielberg, ma anche a “New York Stories”, il film a episodi diretto da Scorsese, Coppola e Allen. Chi ama il tocco grottesco di tanto cinema iberico e latinoamericano (a partire da “La comunidad” di Alex De La Iglesia, che invece esplicitava la violenza repressa nei confini di un normale condominio), chi apprezza quella capacità di mostrarci con schiettezza la realtà proprio attraverso il gusto dell’assurdo (esemplare, in “Storie pazzesche”, l’episodio di vendetta reciproca fra due automobilisti, fino alle estreme conseguenze) non perda questo gioiellino cattivo, che arriva come una pillola amara ma terapeutica prima delle dolcezze programmatiche del Natale cinematografico.

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