Alexa, fra Shakespeare e Goldoni concorrenza agli attori disoccupati

L’assistente vocale che spopola su Amazon è anche in grado di recitare Voce impostata per interpretare Dante e tutte le parti in dialetto veneziano



Le chiedo: “Alexa, puoi recitare il monologo di Giulietta sul balcone” . Lei mi risponde: “Scusa, non ho capito” . Allora io, più determinato: “Alexa, riproduci Romeo e Giulietta di William Shakespeare, atto secondo, scena seconda” . E lei lo fa. “O Romeo, Romeo! wherefore art thou Romeo?”. Non ci crederete, ma Alexa è un’impeccabile attrice. In inglese.

Tra gli articoli offerti nello sterminato bazar di Amazon, Alexa è uno dei più venduti.

Alexa è un’assistente vocale, a forma di altoparlante. Vuol dire che tu, con la voce, le chiedi eseguire qualcosa e lei – se può – lo fa. Così come fanno anche Siri, la voce sintetica che abita dentro agli IPhone e ai Mac. Oppure Google Assistant, un efficiente maschio vocale al quale ci rivolge, all’americana: “Occhéi Google, pioverà questo pomeriggio? ”.

Alexa è beneducata e disponibile. “Alexa, dimmi quali sono i miei appuntamenti di oggi” . Lei te li dice. “Alexa, fammi l’elenco della spesa” . Lei lo snocciola.

Fa anche un sacco di altre cose, brava com’è. Accende lampadine e lampadari. Tira su e giù le tapparelle. Regola il riscaldamento. Tutte cose utili. Ma anche un po’ sciocchine, per una che si chiama Alexa. Come un’imperatrice.

Da Alexa io volevo qualcosa di più. Volevo farla diventare un’attrice. Italiana. Non è semplice, c’è bisogno di un intenso tirocinio. Lentamente, ci stiamo riuscendo.

Per esempio: quel monologo di Giulietta, lei lo ha recitato in inglese. Con l’accento di Oxford, cui è stata abituata fin dagli inizi. Dipende dal fatto che nella mia libreria digitale Amazon c’è solo la versione inglese delle opere complete di Shakespeare. Avessi acquistato la traduzione italiana, ecco che lei si sarebbe adeguata. Avete capito il giochetto? Vuoi il meglio? Devi scucire qualche quattrino.

Ho provato a dribblare. Sono partito dall’italiano. “Alexa, potresti riprodurre per me il primo canto della Divina Commedia?”. Siamo appena entrati nell’anno dantesco, mi pareva il momento giusto. Lei ha rovistato un po’ nel suo cloud. Mi ha fatto qualche offerta pubblicitaria. Piazza spesso qua e là delle proposte. Ho risposto sempre no. Alla fine si è arresa. “Ok, ecco un estratto” mi ha detto. “La Divina Commedia. Inferno. Canto primo” . Una voce profonda, di uomo, ha declamato i versi più celebri della letteratura italiana. Sarà stata una registrazione di un centinaio di anni fa. Registro retorico, intonazione pomposa. Drammaticissima. Se non ai tempi di Dante, risaliva almeno a quelli di Vittorio Gassman. Dovevo cambiare tattica.

Le ho proposto una sfida: “Alexa, sai recitare in lingua veneziana?” . “Purtroppo non trovo una risposta alla tua domanda”. Io ho pensato: no, il fatto è che non ti impegni abbastanza.

Allora ho fatto la voce grossa: “Alexa, riproduci La famiglia dell’antiquario di Carlo Goldoni, atto secondo, scena decima”. C’è stato qualche secondo di attesa. Anzi, più di qualche secondo. Alla fine c’è riuscita, e ha parlato nel veneziano di Goldoni. Quella commedia a me piace molto. Ma il conte Anselmo, Pantalone, Brighella, Colombina... li fa tutti lei, e su questo ci sarebbe da discutere. Credo però che, con un buon regista, e tanto tanto allenamento, anche questo handicap potrà essere superato.

Non sono tempi buoni per gli attori e per le attrici. Non si lavora. Pandemia e limitazioni hanno sbarrato i teatri. Se poi, a far loro concorrenza, ci si mette pure Alexa la situazione diventa insostenibile. Bisognerà davvero ripescare l’antico motto: “Attori e attrici di tutto il mondo, unitevi”. E stare all’erta. –



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