Alberto Gasparini: «Gorizia-Nova Gorica un esempio virtuoso per tutta l’Europa»

Il sociologo che ha diretto l’Isig compie oggi 81 anni  «Ma il confine esiste ancora come dimostra la pandemia»



Compie oggi 81 anni Alberto Gasparini, sociologo noto e apprezzato anche al di fuori dei confini regionali. A lungo docente all’università di Trieste, Gasparini è stato dall’89 al 2011 al vertice dell’Istituto di Sociologia internazionale di Gorizia (Isig) che, ora diretto da Daniele Del Bianco, ha svolto un ruolo assai importante per l’ottenimento del titolo di Nova Gorica-Gorizia a Capitale Europea della Cultura 2025, curando la parte italiana della candidatura.

Gasparini, come è giunto in Friuli Venezia Giulia?

«Mi sono laureato a Trento, con relatore Franco Demarchi, un sociologo che era anche un sacerdote. Demarchi venne chiamato dall’Università di Trieste per insegnare e fondò allora l’Istituto di sociologia internazionale, a Gorizia. Quando giunse in regione, mi chiamò per dargli una mano specie a Isig».

Cominciò in quegli anni anche la sua carriera universitaria?

«No, in un secondo tempo: all’ateneo di Bologna e, dopo qualche esperienza in altre università, vinsi la cattedra a Trieste di sociologia urbana e rurale, comunemente chiamata sociologia del territorio. Per Isig, nel frattempo, avevo continuato a compiere ricerche, fino a diventarne direttore, nell’89, l’anno della caduta del Muro di Berlino: la fine del comunismo».

Cosa rappresenta per Nova Gorica-Gorizia il titolo di Capitale Europea della Cultura 2025?

«Un grande riconoscimento. Credo che la commissione abbia voluto premiare l’aspetto di due città di confine, a tutti gli effetti gemelle. Non a caso, per quell’anno, la giuria ha scelto anche Chemnitz, città tedesca piuttosto vicina alla frontiera con la Repubblica Ceca. Quando sono venuto in Friuli Venezia Giulia, di Gorizia mi affascinava proprio la sua posizione di confine».

Quando lei è stato nominato direttore di Isig, un processo di integrazione simile era prevedibile?

«Certamente no, ma si faceva il possibile per andare d’accordo: c’era un impegno notevole affinché le relazioni tra Italia e Jugoslavia, e quindi tra Gorizia e Nova Gorica, fossero buone. Peraltro, già nell’88 con Isig avevo curato alcune pubblicazioni che indicavano una via per l’integrazione tra i due Paesi. L’idea di una città unica era comunque molto lontana. In ogni caso, per la politica, il confine esiste ancora e le differenti normative anti Covid lo testimoniano».

Da sociologo, come valuta l’impatto del Covid nella quotidianità e nel futuro?

«La pandemia impone un distanziamento e certe abitudini che in questo periodo abbiamo preso (come il non stringersi la mano) resteranno, almeno per un po’ di tempo. Credo però che una volta vaccinati potremo tornare alla situazione precedente».

L’Unione Europea giornalmente incassa critiche feroci. Ha rispettato le attese?

«Nel complesso direi di sì, a partire dal versante economico, ma non dimentichiamo che l’Unione Europea, con la Dichiarazione Schuman, con la Ceca prima e con la Cee poi, nasce proprio su basi economiche. Peraltro, anche con la pandemia vediamo che l’Ue si è presa molti impegni per pagare i vaccini e per distribuirli agli Stati membri. Poi, certo, rimangono due vulnus, che saranno difficili da sanare: la politica militare e quella estera. Del resto, un Paese come la Francia non accetterà mai leggi a livello europeo sulla difesa e la politica estera. Basti ricordare come, nel 2011, non abbia accettato alcun suggerimento, scegliendo autonomamente di bombardare la Libia di Gheddafi, a differenza della Germania, che non ha voluto prender parte all’operazione».

Quali sono stati i suoi impegni più recenti?

«Ho scritto un intervento per un volume collettaneo dell’Accademia Europeista e continuo a curare la rivista “Futuribili” oltre che a pubblicare articoli e libri. —

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